I posti più sicuri su un aereo sono quelli posteriori?
Se ne è tornati a parlare dopo i due recenti incidenti in Corea del Sud e in Kazakistan, ma la risposta è sempre la solita: dipende
Lo scorso 29 dicembre un aereo della Jeju Air si è schiantato al momento dell’atterraggio nell’aeroporto internazionale di Muan, nella zona sudoccidentale della Corea del Sud. A bordo c’erano 181 passeggeri, e ne sono sopravvissuti soltanto due. Quattro giorni prima vicino ad Aktau, in Kazakistan, un aereo di linea gestito dall’Azerbaijan Airlines si era schiantato a terra provocando la morte di 38 persone: sull’aereo ce n’erano in tutto 67, e ne sono sopravvissute 29.
Nei giorni successivi agli incidenti alcune analisi hanno provato a comprendere come queste persone siano riuscite a sopravvivere, e più in generale quali condizioni possano permettere di salvarsi da un evento spesso fatale come un incidente aereo. Tutte hanno dato risalto a una coincidenza: sia i due sopravvissuti del volo della Jeju Air che i 29 di quello dell’Azerbaijan Airlines erano seduti nella parte posteriore dell’aereo.
Negli ultimi anni, la tesi secondo cui i posti posteriori sarebbero più sicuri rispetto a quelli anteriori è stata oggetto di rilevazioni statistiche e approfondimenti, senza che però siano emerse sufficienti evidenze scientifiche per arrivare a conclusioni sufficientemente attendibili.
Una analisi pubblicata nel 2015 dalla rivista Time e basata sugli incidenti aerei che si erano verificati negli Stati Uniti tra il 1985 e il 2000, aveva segnalato che i passeggeri che erano seduti nella parte posteriore dell’aereo avevano un tasso di mortalità complessivo del 32 per cento, inferiore rispetto a quello di chi era seduto nella parte anteriore (38 per cento) e in quella centrale (39 per cento).
In realtà però, come ha spiegato il presidente della Flight Safety Foundation – un’associazione non profit che si occupa di sicurezza aerea – Hassan Shahidi in un’intervista alla CNN, è piuttosto difficile dimostrare «una correlazione tra i posti a sedere e le possibilità di sopravvivere in caso di schianto».
Su questo punto concorda anche Ed Galea, professore di ingegneria della sicurezza antincendio presso l’Università di Greenwich e autore di diversi studi sulle procedure di evacuazione da seguire in caso di incidenti aerei, secondo cui «non esiste un posto magico, considerabile più sicuro rispetto ad altri». Questo perché «dipende tutto dalla dinamica dell’incidente: a volte è meglio stare seduti davanti, altre dietro».
Secondo Galea, la possibilità di salvarsi dipende soprattutto dalla velocità con cui viene evacuato l’aereo, e dalla possibilità di raggiungere le uscite di sicurezza senza incontrare ostacoli.
Oggi, per poter ottenere la certificazione per l’aviazione civile, gli aerei devono dimostrare di poter essere evacuati entro 90 secondi; tuttavia, le prove che vengono effettuate a questo scopo vengono sostenute da volontari e sono svolte in condizioni di sicurezza, e sono quindi molto diverse da una reale situazione di pericolo.
Nei primi anni Duemila, Galea ha condotto una serie di ricerche per la Civil Aviation Authority (CAA) del Regno Unito, basate su un campione complessivo di 1.917 passeggeri e 155 membri dell’equipaggio coinvolti in 105 incidenti aerei dal 1977 al 1999. Secondo le rilevazioni di Galea, i passeggeri seduti a un massimo di cinque file da qualsiasi uscita di emergenza, a prescindere dalla sezione dell’aereo in cui si trovano, hanno maggiori possibilità di sopravvivere. Inoltre, chi occupa un posto vicino al corridoio ha maggiori probabilità di evacuare in sicurezza rispetto a chi occupa un posto centrale o uno vicino al finestrino, dato che deve superare meno persone per uscire.
Altri esperti ritengono invece che la tesi della maggiore sicurezza dei posti posteriori abbia un qualche fondamento, dato che la sezione anteriore degli aerei è anche quella che subisce il primo impatto dello schianto. Daniel Kwasi Adjekum, ricercatore dell’Università del North Dakota che si occupa di sicurezza aerea, ha detto a Wired che la sezione anteriore «di solito è il primo punto di impatto» e che quindi è da considerarsi «un’area ad alta vulnerabilità», mentre «il retro ha maggiori probabilità di rimanere intatto rispetto alla aree anteriori e a quelle centrali».