Il problema di “Emilia Pérez”
Sta diventando uno dei film più premiati dell'anno, ma sono arrivate molte critiche sul fatto che racconti il Messico da un punto di vista non messicano
Domenica Emilia Pérez, del regista francese Jacques Audiard, è stato il film più premiato ai Golden Globe, i premi americani che spesso anticipano quello che succederà ai più famosi Oscar. A maggio aveva già vinto il premio della Giuria a Cannes e da allora aveva ricevuto recensioni molto positive dalla critica, creando una certa aspettativa prima di uscire al cinema: ad agosto in Francia, poi a novembre nei cinema statunitensi e su Netflix, e questa settimana anche in Italia.
In Messico, il paese in cui è ambientato, Emilia Pérez non è ancora uscito ma alcune scene che hanno cominciato a circolare su internet hanno causato diverse polemiche nelle scorse settimane. Il film, che è un musical tratto da un romanzo del 2018 dello scrittore francese Boris Razon, racconta la storia fittizia di Manitas Del Monte, boss dei cartelli della droga e persona trans, che a un certo punto della propria vita decide di fare la transizione e cominciare a vivere come una donna: Emilia Pérez, appunto. Nel cast ci sono, oltre a Karla Sofía Gascón, che interpreta Emilia Pérez, anche le più famose Zoe Saldana e Selena Gomez.
Le critiche che sono montate nel corso dei mesi riguardano principalmente l’incoerenza del fatto che Audiard – che nel 2015 aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes per Dheepan – Una nuova vita – e la produzione del film sono francesi, mentre la storia è ambientata in Messico e il film è girato in lingua inglese e spagnola (due lingue che il regista non parla). Il film è stato anche girato per la gran parte in Francia, con riproduzioni in studio, e per solo cinque giorni in Messico, ed è diventato il candidato della Francia come miglior film internazionale agli Oscar. Secondo le critiche, tutti questi elementi avrebbero contribuito a dare una rappresentazione stereotipata, superficiale e posticcia del paese, e il successo che sta avendo sarebbe fortemente condizionato dal fatto che le giurie dei premi internazionali hanno al loro interno poche persone messicane o di lingua spagnola che possano davvero farci caso.
Delle attrici principali solo una è messicana, Adriana Paz, che interpreta il personaggio secondario di Epifania Flores. Gascón infatti è spagnola, Saldana è statunitense di origini dominicane e portoricane, e Gomez è statunitense con padre messicano. La direttrice del casting, Carla Hool, è messicana e impegnata da anni nel tentativo di dare più spazio ad attrici e attori latini nei film di Hollywood, ma ha suscitato ulteriore malcontento quando, per motivare le proprie scelte, ha detto di non essere riuscita a trovare le attrici giuste in Messico, e per questo di aver fatto provini anche in altri paesi dell’America Latina, negli Stati Uniti e in Spagna. Ha spiegato poi che i personaggi di Saldana e Gomez sono stati adattati in modo che avessero origini non messicane, per motivare i loro accenti.
Gomez in particolare è stata criticata per il suo pessimo spagnolo, anche tenendo conto che il personaggio che interpreta (la moglie di Emilia Pérez) è di origini statunitensi. A dicembre era scoppiato un piccolo caso attorno a un podcast di cinema in spagnolo, dove il regista e produttore messicano Eugenio Derbez aveva definito l’interpretazione di Gomez «indifendibile» e il conduttore Gaby Meza aveva confermato che sembrava che Gomez non avesse idea di cosa diceva quando recitava in spagnolo. La vicenda era andata avanti con Gomez che aveva risposto di aver fatto il meglio che poteva «nel tempo che le era stato dato», e Derbez si era scusato.
Lo scrittore Jorge Volpi ha commentato la questione sul País, scrivendo che «un tale disprezzo verso la lingua sarebbe inaccettabile se un regista messicano – Iñárritu, Cuarón o del Toro, per esempio – avesse girato un film sui gilet gialli, sul caos politico scatenato da Macron o sulla vita di Marine Le Pen e avesse scelto un’attrice latina, con un evidente accento colombiano o argentino, per incarnare una giovane donna parigina».
Le critiche più pesanti sono probabilmente quelle che riguardano l’evoluzione del personaggio di Emilia Pérez e quello che succede dopo la sua transizione (che non approfondiremo per evitare spoiler). Il giornalista messicano Luis Pablo Beauregard, che lavora negli Stati Uniti, ha scritto sul País che «ciò che è veramente imperdonabile a un regista come Audiard è la frivolezza con cui ritrae la crisi legata alla violenza e alle persone scomparse in Messico», e che «in Emilia Pérez tutto è superficiale». Lo stesso scrive anche Volpi: «alla fine, la redenzione di Emilia Pérez si rivela falsa – e irrispettosa nei confronti dello spettatore – quanto l’accento di Selena Gomez o la falsa determinazione di Audiard nell’affrontare, senza la minima conoscenza o empatia, la dolorosa questione degli scomparsi in Messico».
Negli Stati Uniti il film è stato anche criticato per la rappresentazione della protagonista trans, che pure è interpretata da una attrice trans (cosa che fino a poco tempo fa era molto rara, e che è considerata un passo avanti sia per quanto riguarda l’impatto della rappresentazione sulla percezione comune, che per quanto riguarda una maggiore varietà e inclusione dei cast cinematografici). La Gay & Lesbian Alliance Against Defamation (GLAAD), potente associazione che si occupa di rappresentazione di persone LGBTQ nel cinema, l’ha definito «un ritratto profondamente retrogrado di una donna trans».
Il film ha comunque ricevuto anche critiche positive da esperti di cinema e conoscitori del Messico. La regista e sceneggiatrice messicana Issa Lopez (True Detective: Night Country) ha commentato entusiasticamente il film, dicendo che Audiard ha fatto un lavoro «migliore di qualsiasi messicano nell’affrontare questo tema in questo momento». E anche il regista messicano Guillermo Del Toro l’ha definito un bel film.