Il sud degli Stati Uniti contro Pornhub
Il più grande sito porno al mondo non è raggiungibile in 16 stati, per reazione alle nuove leggi che impongono di verificare l'età degli utenti
Dal primo giorno dell’anno in tre stati americani (Florida, Tennessee e South Carolina) le persone che vogliono visitare siti porno come Pornhub, YouPorn e Brazzers (appartenenti tutti alla stessa azienda, Aylo) non potranno farlo. Al posto della classica homepage, chi prova a visitare Pornhub si trova davanti un video in cui la pornoattrice e attivista Cherie DeVille spiega che Aylo «ha preso la decisione difficile di disabilitare completamente l’accesso a questo sito web nel vostro stato» per adeguarsi alle leggi che obbligano i siti porno a verificare scrupolosamente l’età degli utenti prima di farli accedere ai contenuti.
Succedeva già in altri tredici stati, soprattutto del sud e governati dal Partito repubblicano, che hanno approvato leggi rivolte a tutte le aziende che «pubblicano o distribuiscono consapevolmente e intenzionalmente materiale dannoso per i minori su internet». A seconda dello stato, stabiliscono che ogni sito che contiene tra un quarto e un terzo di contenuti ritenuti «dannosi per i minori» debba assicurarsi che le persone sotto i 18 anni non possano vederli. Il primo stato ad approvare una legge simile era stata la Louisiana, nel gennaio del 2023, e da allora ne sono seguite molte altre pressoché identiche, con l’obiettivo dichiarato di tenere bambini e adolescenti lontani dalla pornografia.
Sono leggi che si inseriscono all’interno di una più ampia battaglia culturale contro la pornografia combattuta da anni da gruppi religiosi e politici conservatori negli Stati Uniti. Il prossimo vicepresidente del paese, J.D. Vance, in passato ha sostenuto che la pornografia dovrebbe essere abolita del tutto, e proposte altrettanto radicali si trovavano nel testo del Project 2025, il discusso programma di governo per un’ipotetica amministrazione di destra negli Stati Uniti curato dal centro studi conservatore Heritage Foundation. E, meno a destra, del tema si era dibattuto molto anche nel 2020, dopo che il New York Times aveva pubblicato un lungo articolo che denunciava la presenza di video pedopornografici e non consensuali su Pornhub, usando tra le fonti principali l’attivista Laila Mickelwait, all’epoca responsabile del lobbying per l’abolizione della pornografia di Exodus Cry, un gruppo ultrareligioso contrario tra le altre cose all’aborto e ai diritti delle persone LGBTQ+.
Da allora le grandi piattaforme dedicate al porno hanno introdotto molti nuovi strumenti e regole per proteggere gli utenti e le persone che appaiono nei video. Ma, al contempo, sia i Repubblicani che i Democratici hanno cominciato a parlare sempre più frequentemente della necessità di regolamentare le piattaforme web per «proteggere i bambini» da molte minacce reali o percepite, dall’adescamento da parte di sconosciuti in chat all’esposizione a contenuti non adatti alla loro età, come appunto i video a sfondo sessuale.
Da queste discussioni sono uscite proposte di legge anche piuttosto estreme: in Texas, per esempio, nel 2023 un giudice bloccò temporaneamente l’entrata in vigore di una legge che avrebbe costretto tutti i siti porno a mostrare, prima dell’homepage, una serie di avvisi, simili a quelli che si vedono sui pacchetti di sigarette ma infondati, come «la pornografia porta a un aumento della prostituzione, dello sfruttamento minorile e della pedopornografia» e «la pornografia indebolisce le funzioni cerebrali».
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Le leggi che rendono obbligatoria la verifica dell’identità digitale, però, non stanno ottenendo i risultati sperati. Al momento i metodi di verifica dell’età digitale più diffusi prevedono che gli utenti condividano informazioni sensibili come documenti d’identità o dati bancari, e spesso che si sottopongano a scansioni facciali per mostrare che i documenti caricati corrispondano alla persona che vuole accedere al servizio. Non molti, però, sono a proprio agio ad associare dati di questo tipo al consumo di video porno, che è ancora accompagnato da un certo stigma sociale, e molti esperti di sicurezza sottolineano che creare database di questo tipo vorrebbe dire esporre milioni di persone a maggiori rischi di estorsione, ricatti e hacking.
È molto probabile che chi in questi stati vuole accedere comunque a contenuti porno, a prescindere dall’età, finisca per farlo abbastanza facilmente con sistemi come le VPN (che permettono di fingere che il proprio computer sia connesso da un altro paese rispetto a quello in cui ci si trova) oppure frequentare uno tra le migliaia di siti alternativi, più piccoli e spesso molto meno sicuri, che non rispettano la legge.
Aylo aveva fatto notare queste falle nella progettazione delle leggi già nel 2023, e di recente ha ribadito di essere «pubblicamente a favore della verifica dell’età degli utenti da anni», ma di ritenere che «qualsiasi legge sul tema debba proteggere la sicurezza e la privacy degli utenti e debba essere effettivamente efficace nel proteggere i bambini dall’accesso ai contenuti destinati agli adulti».
Nel video che si vede oggi visitando Pornhub da stati come Texas, Oklahoma e Utah, DeVille, la pornoattrice, spiega che «obbligare le aziende a verificare l’età degli utenti senza applicare adeguatamente la legge dà alle piattaforma la possibilità di scegliere se rispettare o meno le regole. Questo vuol dire che il traffico viene semplicemente reindirizzato verso siti con misure di sicurezza molto meno efficaci delle nostre». In Louisiana, uno dei pochi stati dove i visitatori di Pornhub e YouPorn possono ancora accedere a questi siti usando LA Wallet, il sistema statale di “patente digitale”, Aylo dice di aver perso circa l’80 per cento degli utenti. Molti di loro non sono minori, ma adulti che preferiscono, per privacy o comodità, cercare siti alternativi o usare VPN.
Per questo motivo, invece di introdurre nuovi sistemi di verifica dell’identità che secondo vari esperti creerebbero dei grossi problemi di privacy e sicurezza, Aylo ha deciso di bloccare l’accesso ai propri siti in quasi tutti gli stati dove sono entrate in vigore queste leggi.
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Il sito porno xHamster, che ha invece introdotto nuovi sistemi di verifica negli stati americani che hanno approvato le nuove leggi, ha detto che nella loro esperienza solo il 6 per cento degli utenti che visitano il loro sito ci rimane sopra una volta che gli viene chiesto di verificare l’età. «Per essere franchi, queste leggi stanno portando a una soppressione del traffico dei siti più responsabili a favore di altri che spesso non moderano i contenuti, non verificano l’età o l’identità di chi carica i contenuti e nascondono la giurisdizione da cui operano», ha detto a BBC News un portavoce.
A partire da questi presupposti, a dicembre l’organizzazione per il diritto d’espressione Free Speech Coalition ha presentato un ricorso contro la legge in Florida, sostenendo che «queste leggi creano un onere sostanziale per gli adulti che vogliono accedere a siti legali senza temere di essere sorvegliati». «Checché ne dicano i legislatori, [la verifica dell’identità online] non è come mostrare un documento al negozio quando vuoi comprare un liquore. È molto più invasiva e comporta rischi seri per la privacy. È piuttosto una censura di fatto da parte dello stato», ha detto la direttrice dell’organizzazione Alison Boden.
L’idea di imporre la verifica dell’identità a chi vuole consumare porno, però, oltre a essere impossibile da applicare in modo capillare è anche molto criticata da vari punti di vista. Ci sono le già citate preoccupazioni relative alla privacy e alla sicurezza collegate alla raccolta di masse così granulari di dati personali sensibili. C’è il fatto che queste leggi non parlano quasi mai esplicitamente di porno, ma di «materiali dannosi per i minori», lasciando aperta la possibilità di imporre restrizioni all’accesso ad altri contenuti che potrebbero essere utili agli adolescenti, come quelli relativi all’educazione sessuoaffettiva, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. E, da un punto di vista pratico, queste leggi semplicemente non sono molto utili: basterebbe, dicono vari esperti, incentivare l’utilizzo dei classici filtri che permettono ai genitori di scegliere quali siti non possono essere visitati dal computer o dal cellulare usato dai figli.
La Corte Suprema degli Stati Uniti si esprimerà sul tema nei prossimi mesi, dopo aver accolto un caso sollevato da Aylo e dalla American Civil Liberties Union. Altrove, c’è chi ci ha già riflettuto: la commissione del governo australiano per la sicurezza digitale nel 2023 disse che non consigliava di introdurre l’obbligo di verifica dell’identità per accedere ai siti porno. «Ogni tipo di tecnologia di verifica dell’età o di garanzia dell’età presenta problemi di privacy, sicurezza, efficacia o implementazione», ha detto la commissione. Piuttosto, il consiglio è quello di «educare i genitori su come accedere al software di filtraggio e limitare l’accesso dei bambini a materiale o siti non appropriati».
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