L’accordo tra Sicilia e governo per salvare i lavoratori dei call center

È stata prorogata la cassa integrazione per quasi 500 persone, 130 delle quali saranno reinserite in un nuovo servizio: resta da capire cosa fare con le altre

La segreteria della sede di Almaviva a Palermo senza più personale, dicembre 2022 (il Post)
La segreteria della sede di Almaviva a Palermo senza più personale, dicembre 2022 (il Post)
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Il governo italiano ha accettato la proposta del presidente della Sicilia, Renato Schifani, per evitare il licenziamento di centinaia di lavoratori e lavoratrici di Almaviva, una delle più grandi aziende nel settore dei call center in Italia, che è in crisi da anni. In un incontro con l’amministrazione siciliana, il governo ha deciso di prorogare la cassa integrazione al 100 per cento per 494 dipendenti: sarebbe dovuta terminare il 31 dicembre del 2024 e invece andrà avanti fino al prossimo 31 luglio. In base agli accordi presi non ci sarà la possibilità di un’ulteriore proroga.

Il governo ha anche accettato la richiesta della Regione di poter impiegare 130 dipendenti di Almaviva in un nuovo call center che sarà aperto in Sicilia nei prossimi mesi al servizio della sanità pubblica: dovrebbe essere un numero unico per cure non urgenti, il 116/117, che punta a diventare attivo entro i primi sei mesi del 2025 a Palermo e a Catania. L’accordo prevede che lo Stato finanzi il progetto con 30 milioni di euro.

Ora resta il problema di cosa fare con gli altri lavoratori una volta che la cassa integrazione sarà finita. Dei 494 per cui è stata prorogata la cassa integrazione, 394 sono dipendenti di Almaviva in Sicilia, tra Palermo e Catania: è tra questi che verranno impiegate 130 persone per il nuovo call center. I sindacati coinvolti hanno chiesto alla Sicilia di trovare una soluzione anche per tutti gli altri (264) e hanno sollecitato le altre regioni ad attuare un piano simile per i restanti 100 lavoratori.

Almaviva fu tra le prime aziende del settore ad aprire sedi in Sicilia all’inizio del Duemila. La crisi dei call center cominciò quando i committenti, cioè le grandi aziende e le compagnie telefoniche, cominciarono ad affidare appalti a costi molto ridotti. Si aggravò definitivamente alla fine del 2022 con la chiusura del 1500, il numero di pubblica utilità attivato nel marzo del 2020 per rispondere ai dubbi delle persone in merito all’emergenza sanitaria per il coronavirus. La maggior parte dei 500 operatori e operatrici impiegati per questo servizio lavoravano infatti in Sicilia: molti erano dipendenti di Almaviva, che negli anni della pandemia di Covid-19 furono messi a seguire le chiamate del 1500, spostandoli da altre commesse.