Perché si riparla di chi ha ucciso Piersanti Mattarella

Sono passati 45 anni dall'omicidio, uno dei più grandi casi irrisolti della storia d'Italia: ora però “Repubblica” dice che ci sono due nuovi indagati

Piersanti Mattarella nel 1978 (Archivio Publifoto/Lapresse)
Piersanti Mattarella nel 1978 (Archivio Publifoto/Lapresse)
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Il 6 gennaio del 1980, 45 anni fa, fu ucciso a Palermo a colpi di pistola Piersanti Mattarella, che era un importante esponente della Democrazia Cristiana, presidente della Sicilia e fratello dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il suo omicidio è stato finora considerato una delle grandi questioni irrisolte della storia italiana, perché non sono mai stati individuati gli esecutori materiali: al punto che Licio Gelli, il capo della loggia massonica P2, definì l’omicidio «il delitto perfetto». Il processo però stabilì che chiunque fosse stato avesse agito su ordine della mafia, e per questo per l’omicidio di Piersanti Mattarella furono condannati in via definitiva diversi boss mafiosi.

Negli ultimi giorni c’è stata un’importante novità sul caso, perché Repubblica ha fatto sapere che a distanza di 45 anni ci sono due persone indagate dalla procura di Palermo: Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, membri dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, entrambi in carcere da decenni e condannati all’ergastolo per molti omicidi. All’epoca dei fatti avevano rispettivamente 27 e 21 anni.

Secondo Repubblica – che al momento sembra l’unico media italiano ad aver avuto accesso alle informazioni contenute nei documenti dell’inchiesta – Madonia è accusato di aver commesso materialmente l’omicidio, cioè di aver sparato sei colpi di pistola a Piersanti Mattarella; Lucchese è accusato invece di aver guidato l’auto usata per arrivare in via della Libertà a Palermo, dove Mattarella fu ucciso.

Repubblica scrive che le nuove indagini della procura di Palermo vanno avanti da sei anni, durante i quali sono state interrogate decine di collaboratori di giustizia, cioè persone condannate (soprattutto per reati di mafia) che decidono di rivelare alle autorità quello che sanno sui meccanismi interni all’organizzazione criminale di cui hanno fatto parte per ottenere sconti di pena, protezione o altri benefici (sono quelli che nel gergo giornalistico vengono spesso chiamati “pentiti”).

Piersanti Mattarella fu ucciso davanti a casa sua, in via della Libertà a Palermo, mentre usciva con la sua auto (una Fiat 132) dal garage insieme alla moglie, ai due figli e alla suocera per andare a messa. Una delle prime persone che arrivarono per soccorrerlo fu suo fratello Sergio, che estrasse il corpo dall’auto: è un momento ripreso in una celebre foto scattata dalla fotografa Letizia Battaglia (morta nel 2022).

In questi decenni le piste seguite nelle indagini per individuare gli esecutori dell’omicidio si sono spesso dimostrate inconsistenti. Inizialmente si parlò di attentato terroristico, perché l’azione fu rivendicata da un gruppo neofascista. Le indagini successive, tra cui quella del 1991 portata avanti dal magistrato Giovanni Falcone, indicarono come esecutori materiali i neofascisti Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, ipotizzando però che avessero agito su ordine della mafia. Erano anni di frequenti attacchi terroristici da parte di gruppi di estrema destra ed estrema sinistra: l’ipotesi delle indagini fu che la mafia si fosse accordata con i primi per commettere l’omicidio.

Alla fine si stabilì che l’omicidio di Piersanti Mattarella fosse stato compiuto unicamente dalla mafia, anche per via delle testimonianze decisive dei collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo. Furono condannati come mandanti i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Finora però non è mai stato stabilito chi abbia commesso l’omicidio.

La storia di questi decenni di ipotesi e indagini senza esiti soddisfacenti è raccontata in un docufilm che verrà proiettato per la prima volta il 9 gennaio a Roma, e che proprio per tutti questi motivi si intitola Magma. Mattarella, il delitto perfetto. È diretto dalla regista Giorgia Furlan.

Piersanti Mattarella era il fratello maggiore di Sergio, più grande di lui di sei anni: era nato nel 1935 a Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani. Il padre Bernardo era stato uno dei fondatori della Democrazia Cristiana, il partito di cui sia Piersanti che Sergio avrebbero poi fatto parte nella loro carriera politica, a partire dai movimenti giovanili.

Piersanti ebbe il suo primo incarico istituzionale come consigliere comunale a Palermo nel 1964, nel periodo che oggi viene ricordato come “sacco di Palermo”, cioè lo sregolato boom edilizio che coinvolse la città per via delle concessioni dei politici siciliani Salvo Lima e Vito Ciancimino. Tre anni dopo fu eletto nell’Assemblea regionale, cominciando a distinguersi per le sue battaglie contro la corruzione e in generale per un approccio molto trasparente alla politica. Fu poi assessore regionale al Bilancio per due legislature.

Nel 1978 venne infine eletto presidente della regione con la più larga maggioranza di sempre, a capo di una giunta di centrosinistra che aveva anche l’appoggio esterno del Partito Comunista Italiano (PCI). Da presidente continuò ad avere un approccio molto trasparente, severo verso la corruzione e soprattutto di aperta sfida alla mafia: nel settore degli appalti e dell’urbanistica invertì la tendenza delle amministrazioni locali siciliane di quegli anni, combattendo la speculazione e andando contro gli interessi degli imprenditori edili collusi con la mafia. Accentrò su di sé molte decisioni solitamente riservate agli assessorati, pretese criteri più rigidi per la nomina dei dirigenti pubblici, ordinò inchieste sulle amministrazioni locali sospettate di corruzione e razionalizzò il funzionamento della Regione.

Era considerato da molti l’erede di Aldo Moro, il segretario della democrazia cristiana che fu rapito e ucciso nel 1978 da un commando delle Brigate Rosse, organizzazione terroristica di estrema sinistra.

Nel 1978, dopo l’omicidio dell’attivista di sinistra Peppino Impastato, Piersanti Mattarella andò a Cinisi e tenne un duro discorso contro Cosa Nostra. L’anno dopo, quando il deputato comunista Pio La Torre accusò l’assessorato regionale all’Agricoltura di essere colluso con la mafia, Mattarella si unì a lui richiedendo maggiore trasparenza e legalità, stupendo tutti. La Torre fu poi ucciso dalla mafia nel 1982.