Il fallito tentativo di arresto dell’ex presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol
La polizia ci ha provato per diverse ore, e dopo un confuso stallo con il servizio di sicurezza presidenziale ci ha rinunciato
Venerdì mattina la polizia è andata nella residenza dell’ex presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol per cercare di arrestarlo, dopo che martedì un tribunale di Seul aveva emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti per le accuse di insurrezione e tradimento.
Non ci è però riuscita, dato che gli agenti del servizio di sicurezza personale di Yoon hanno impedito l’arresto, e dopo quasi sei ore di confronto i poliziotti hanno lasciato la residenza: «Abbiamo stabilito che fosse impossibile eseguire il mandato, a causa dello stallo prolungato» ha fatto sapere la polizia.
Fin dalle prime ore di venerdì migliaia di persone sostenitrici di Yoon si sono radunate fuori da casa sua, per contestare le accuse mosse all’ex presidente e provare a impedire il suo arresto.
Non è chiaro se ci sarà un nuovo tentativo di arresto in giornata: il mandato di cattura di Yoon rimarrà valido fino a lunedì, ma la polizia ha detto che eseguire l’arresto sabato o domenica sarà complicato, dato che davanti alla casa dell’ex presidente potrebbero radunarsi folle di sostenitori ancora più grandi.
Lo scorso 3 dicembre Yoon Suk-yeol aveva imposto per alcune ore la legge marziale tentando di instaurare un regime autoritario nel paese. Era stato sospeso dal suo incarico attraverso una procedura di impeachment avviata dal parlamento sudcoreano il 14 dicembre. Intanto il ministero della Giustizia lo ha accusato di insurrezione e tradimento, e da allora l’ex presidente è rimasto isolato a casa e si è rifiutato di collaborare alle indagini.
Nel caso in cui Yoon venisse incriminato e ritenuto colpevole di insurrezione e tradimento rischierebbe l’ergastolo o la pena di morte. Parallelamente all’indagine penale è tuttora in corso la procedura di impeachment: dopo il voto del parlamento serve infatti l’approvazione della Corte costituzionale per rimuovere un presidente definitivamente, e la Corte ha sei mesi di tempo per confermare o respingere l’impeachment.
Yoon aveva difeso la sua scelta di imporre la legge marziale sostenendo che fosse stata un legittimo «atto di governo», intrapreso per proteggere la democrazia del paese. L’ex presidente aveva motivato la sua decisione accusando le opposizioni di aver «paralizzato» i lavori del parlamento e bloccato l’approvazione di varie leggi, tra cui quella di bilancio: negli ultimi anni la Corea del Sud ha attraversato una fase di stallo politico dovuta al fatto che il parlamento è controllato dall’opposizione al governo conservatore.