L’inventore delle graphic novel

Negli anni '70 Will Eisner sfruttò le potenzialità del fumetto come pochi prima di lui, dandogli una dignità narrativa a quei tempi inimmaginabile

Una tavola di Contratto con Dio
Una tavola di Contratto con Dio
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Fino alla seconda metà degli anni Settanta il fumetto era considerato un mezzo narrativo di second’ordine. Più che le possibilità espressive, ne venivano evidenziati soprattutto i limiti: non aveva la dinamicità e l’impatto visivo di un film, e neppure quella profondità che solitamente si ricerca in un romanzo. Nel migliore dei casi veniva percepito come un altro modo di concepire la narrativa per bambini: un mezzo funzionale al racconto di storie brevi, semplici e disimpegnate.

Le cose cambiarono verso la fine degli anni Settanta anche grazie a Will Eisner, un fumettista newyorkese di origini ebraiche che fino a quel momento era conosciuto soprattutto per The Spirit, il suo personaggio più famoso, a cui aveva dedicato una serie regolare di ottimo successo.

Negli anni precedenti Eisner, che morì il 3 gennaio di vent’anni fa, aveva già anticipato la sua volontà di usare il fumetto per raccontare storie più adulte, caratterizzate da trame complesse, personaggi non manichei e un linguaggio più alto. Anche se tutta la sua produzione fu consacrata a questo obiettivo, riuscì davvero nel suo intento soltanto nel 1978 con Contratto con Dio, una delle prime – se non la prima – graphic novel, il termine un po’ abusato con cui oggi vengono definiti i fumetti con una struttura e delle ambizioni letterarie simili a quelle di un romanzo.

Affrontava temi che, fino a quel momento, non erano mai stati trattati con sequenze di tavole e baloon, come il rapporto tra l’uomo e la fede, l’antisemitismo e la fine del cosiddetto sogno americano, il mito degli Stati Uniti come posto in cui realizzare i propri sogni partendo da zero.

Oggi è piuttosto comune trovare in libreria fumetti del genere, ma ai tempi le cose che faceva Eisner rappresentavano un’anomalia: al netto di poche eccezioni, il panorama editoriale era dominato dai cliché che ci si aspettava di trovare sfogliando un fumetto, come le invasioni aliene e le scorribande tra supereroi tipiche della produzione per ragazzi, o i bisticci tra marito e moglie che affollavano le strisce umoristiche dei quotidiani.

Will Eisner (Wikimedia Commons)

Eisner nacque il 6 marzo 1917, in una famiglia ebraica della periferia di New York. Cominciò a prendere in mano le chine e le matite già da piccolo, provando a replicare le illustrazioni realizzate da suo padre, il pittore Shmuel Eisner. La sua infanzia fu segnata dagli insulti antisemiti che alcuni compagni di scuola gli rivolgevano, e che avrebbero influenzato moltissimo la sua produzione futura.

Frequentò il liceo insieme a Bob Kane, il futuro creatore di Batman: proprio su suo suggerimento, nel 1936 propose delle vignette alla rivista Wow, What a Magazine!. L’editore della rivista, Jerry Iger, acquistò il primo fumetto realizzato da Eisner: Captain Scott Dalton, una striscia di fumetti dedicata a un avventuriero che gira il mondo alla ricerca di antichi manufatti.

A partire dal 1939 Eisner si dedicò a The Spirit, la sua serie più famosa: pur inserendosi nel filone dei supereroi in calzamaglia, conteneva già diversi elementi di decostruzione che simboleggiavano la sua volontà di stravolgere gli schematismi dei fumetti per ragazzi del periodo. Anche se portava una maschera, il protagonista di The Spirit non possedeva infatti superpoteri particolari: era il criminologo Denny Colt, un uomo con doti investigative uniche, una visione della vita nichilista e un grande senso per la giustizia.

The Spirit fu pubblicato a cadenza irregolare fino al 1952: nei successivi vent’anni Eisner si allontanò dal fumetto per dedicarsi alla pubblicità e alla pubblicazione di libri didattici. Tornò a interessarsi al fumetto nel 1971, dopo aver partecipato alla Comic Art Convention (CAC) che si svolse quell’anno a New York. In un’intervista disse che trovò uno stimolo per tornare a raccontare storie in sequenza grazie a una chiacchierata con Phil Seuling, l’organizzatore della CAC.

«Capii che i ragazzini di 13 anni per cui avevo scritto negli anni Quaranta non erano più ragazzini di 13 anni: ormai ne avevano 30, addirittura 40. Avrebbero voluto leggere qualcosa di più profondo di due eroi, due superuomini che si scontrano l’uno contro l’altro. Così cominciai a lavorare a un libro che trattava un argomento che sentivo non fosse mai stato affrontato dai fumetti prima, e cioè il rapporto dell’uomo con Dio».

Anche se Eisner cominciò a scriverla fin da subito, l’opera uscì sette anni dopo: era fondata sull’intreccio tra le storie di quattro persone che abitavano in un condominio dell’immaginario quartiere newyorkese di Dropsie Avenue.

Il protagonista è Frimme Hersh, un giovane ebreo devoto e molto rispettato nel quartiere, che un giorno firma l’accordo con Dio che dà il titolo al libro: in cambio della sua benevolenza, Hersh si impegna a mantenere una condotta retta e specchiata.

Le cose sembrano funzionare fino a quando Rachel, la sua figlia adottiva, muore per una malattia improvvisa: Hersh decide così di distruggere la tavoletta di pietra su cui aveva inciso i termini del contratto, di fatto risolvendolo, trasformandosi in un avido affittacamere newyorkese consumato dal rancore. Eisner collegò la storia di Hersh a quella di altri personaggi di Dropsie Avenue, tutti accomunati da una grande solitudine: un artista di strada, un custode tedesco malvisto dagli inquilini ebrei del condominio e un gruppo di amici in vacanza.

La copertina dell’edizione italiana di Contratto con Dio (Rizzoli)

Grazie al successo di Contratto con Dio, Eisner avrebbe ispirato tutte le generazioni successive di fumettisti. È citato come un riferimento fondamentale da quasi tutti gli autori che, tra gli anni Settanta e Ottanta, usarono il fumetto in modi nuovi e arditi, dai pionieri del graphic journalism come Art Spiegelman ai grandi nomi del fumetto intimista e riflessivo, come Craig Thompson e Scott McCloud, fino agli autori che decostruirono il genere supereroistico con l’ambizione di trasformarlo in narrativa destinata agli adulti, come Frank Miller, Alan Moore e Neil Gaiman, solo per citarne alcuni. Eisner fece scuola anche all’estero: per esempio Osamu Tezuka e Hugo Pratt – che fu un altro dei precursori di questo tipo di fumetti – resero popolare lo stesso approccio anche in Giappone e in Italia.

Dopo Contratto con Dio, Eisner non smise mai di pubblicare fumetti ricercati, colti, e introspettivi con cui continuò a indagare la sua identità di ebreo emigrato negli Stati Uniti e gli stravolgimenti sociali e culturali in corso a New York, la sua città, come Vita su un altro pianeta (1983), Tramonto a Sunshine City (1985), Il sognatore, New York (1986), Il palazzo (1987) e La forza della vita (1988). L’ultima fu, nel 2003, Fagin l’ebreo.

Nel 1988 fu organizzata la prima edizione degli Eisner Awards, premi attribuiti per meriti artistici nel campo dei fumetti, e che per il fumetto americano rappresentano la cosa più simile agli Oscar del cinema: Eisner ha presenziato personalmente a tutte le edizioni fino alla sua morte, avvenuta nel 2005.

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