In Puglia c’è uno scontro istituzionale tra PD e PD
Il presidente Michele Emiliano ha fatto un esposto in procura contro il consiglio regionale, guidato dal suo stesso partito: tutto per un emendamento alla legge di bilancio
Il presidente della Puglia Michele Emiliano, del Partito Democratico, ha presentato un esposto alla procura di Bari a proposito di un emendamento inserito nella legge di bilancio regionale. Non c’era nel testo approvato definitivamente il 18 dicembre ma è stato inserito in quello finale promulgato il 31 dicembre dallo stesso Emiliano, dopo una diatriba che ha coinvolto la giunta e il consiglio regionale. L’emendamento riguarda il procedimento per le nomine nelle agenzie e aziende controllate dalla regione.
La vicenda è un po’ intricata. Giovedì sul sito della regione è stata pubblicata una lettera che Emiliano ha inviato al procuratore di Bari Roberto Rossi in cui spiega le ragioni della sua segnalazione. Scrive di aver mandato tutta la documentazione alla procura con il «mero intento di consentire la conoscenza dei fatti» e contribuire alla «legittimità» dell’operato della regione.
La lettera di Emiliano ha suscitato un certo imbarazzo nella maggioranza, perché prende le distanze da quanto fatto dal consiglio regionale, la cui presidente, Loredana Capone, fa parte del PD (di cui è anche vicepresidente nazionale), cioè lo stesso partito di Emiliano. Per questa ragione i giornali locali hanno definito lo scontro istituzionale tra Emiliano e Capone, cioè tra giunta e consiglio regionale, «senza precedenti».
Venerdì la procura di Bari ha aperto un fascicolo per poter esaminare gli atti ricevuti da Emiliano. Non è un’inchiesta ma un modello 45, cioè un registro usato per atti che non costituiscono notizie di reato.
Meglio però cominciare dall’inizio. L’emendamento era stato presentato dalla consigliera del Movimento 5 Stelle Antonella Laricchia, che dall’anno scorso è all’opposizione, e si è poi unito nella commissione Affari Generali a quello del consigliere leghista Giacomo Conserva. Riguarda, in sintesi, i criteri per le nomine nelle società regionali, di competenza della giunta regionale e quindi di Emiliano che la presiede.
La modifica introduce tra le altre cose un controllo preventivo da parte del consiglio regionale prima che le nomine vengano approvate dalla giunta. In base all’emendamento il presidente della Puglia potrà procedere alle nomine comunque, ma in caso di disaccordo con il consiglio dovrà motivare la sua scelta. L’emendamento inserisce anche il divieto di nominare i candidati non eletti alle elezioni regionali per i cinque anni successivi al voto. Laricchia ha detto al Corriere Bari che lo scopo dell’emendamento era «introdurre elementi di trasparenza e professionalità» nell’iter delle nomine che, a suo dire, finora era stato contrassegnato da un’«assoluta discrezionalità»: in sostanza accusa Emiliano – e non è l’unica a farlo tra chi è all’opposizione – di decidere troppo liberamente delle nomine.
Il 18 dicembre, durante la discussione sulla legge di bilancio, il consiglio regionale aveva approvato l’emendamento con 24 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astenuti, ricostruisce il Fatto Quotidiano. L’emendamento fu però dichiarato respinto perché non era stata raggiunta la maggioranza assoluta (cioè la metà più uno dei consiglieri in carica), che secondo lo statuto della regione è necessaria per le materie di bilancio. Nel caso della Puglia significa ottenere 26 voti favorevoli.
Il 23 dicembre Laricchia ha però inviato due pec all’Ufficio di presidenza del consiglio regionale, spiegando che per il suo emendamento non era necessaria la maggioranza assoluta perché non tratta nello specifico «materie tributarie e di bilancio», ma modifica semplicemente una procedura. Secondo Laricchia riguardava, cioè, un aspetto normativo più che finanziario.
L’Ufficio di presidenza le ha dato ragione: il 28 dicembre, dopo il parere della segreteria generale del consiglio, ha corretto il verbale della votazione finale e ha inserito l’emendamento nel testo della legge di bilancio, prendendo atto dell’«errore formale». Da quanto ricostruito infatti, il 18 dicembre il monitor della votazione elettronica nell’aula del consiglio regionale aveva dichiarato respinto l’emendamento, nonostante i 24 voti favorevoli, perché non ne avrebbe riconosciuto la diversa natura giuridica durante una discussione su temi finanziari. All’esito della votazione sul monitor si erano poi aggiunte le obiezioni di Emiliano e del vicepresidente nonché assessore al Bilancio, Raffaele Piemontese.
Dopo la correzione dell’Ufficio della presidenza, Emiliano ha mandato un messaggio a Capone per avvertirla che avrebbe inviato una pec alla procura, e così ha fatto. Nella lettera pubblicata sul sito della regione, Emiliano scrive che la correzione postuma dell’Ufficio di presidenza non è sufficiente a «sanare il vizio procedurale», cioè il fatto che il testo approvato il 18 dicembre non conteneva l’emendamento di Laricchia. Dal canto suo Capone ha replicato che l’Ufficio di presidenza «ha doverosamente preso atto dell’errore formale che c’era stato in consiglio regionale».
La destra, che in Puglia è all’opposizione, ha criticato subito la mossa di Emiliano. Forza Italia lo ha accusato di essere interessato soltanto a difendere la sua «macchina clientelare», alludendo alla possibilità di Emiliano di decidere finora in sostanziale autonomia sulle nomine nelle agenzie regionali. La questione evidentemente non è ancora conclusa: Capone ha già detto che sarà affrontata di nuovo nel prossimo consiglio regionale.
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