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  • Venerdì 3 gennaio 2025

Joe Biden ha bloccato la vendita di U.S. Steel a un gruppo giapponese

È la terza industria siderurgica degli Stati Uniti, e Nippon Steel voleva comprarla per 15 miliardi di dollari

Lo stabilimento della US Steel in Pennsylvania, nell'ottobre del 2024
Lo stabilimento della U.S. Steel in Pennsylvania, nell'ottobre del 2024 (AP Photo/Ted Shaffrey)
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Venerdì il presidente uscente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha bloccato l’acquisto della terza azienda siderurgica del paese, la U.S. Steel, da parte della giapponese Nippon Steel per 15 miliardi di dollari (14,6 miliardi di euro). La decisione di Biden era stata anticipata dai media, ed è contenuta in un ordine esecutivo che ordina a Nippon Steel di interrompere le procedure per l’acquisto entro 30 giorni.

È una scelta piuttosto irrituale per un presidente così vicino al termine del suo mandato, che scadrà il 20 gennaio. Anche il presidente eletto Donald Trump però si era detto contrario alla vendita: è insomma una delle pochissime cose su cui i due sono d’accordo. La decisione è irrituale anche perché penalizza il più stretto alleato degli Stati Uniti in Asia, che è appunto il Giappone.

La motivazione dell’ordine è che i nuovi proprietari di U.S. Steel potrebbero prendere in futuro decisioni che «rischierebbero di compromettere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», riducendo la produzione di acciaio nel paese. Il Committee on Foreign Investment, l’organo federale statunitense che analizza l’impatto degli investimenti stranieri nel paese, aveva rinunciato a esprimere un parere vincolante sulla questione. Così la decisione l’ha presa Biden. L’anno scorso Biden si era già detto contrario all’operazione, annunciata alla fine del 2023: lo stesso avevano fatto sia Trump sia la candidata dei Democratici, Kamala Harris, durante la campagna per le presidenziali.

Dalla fusione tra Nippon Steel e U.S. Steel sarebbe nata una delle più grandi aziende siderurgiche al mondo. Nippon Steel è infatti la quarta più grande azienda del settore a livello mondiale. Negli Stati Uniti l’operazione era stata criticata anche per ragioni politiche: la U.S. Steel ha sede in Pennsylvania, che alle elezioni presidenziali dello scorso novembre era uno degli stati in bilico, ossia quelli che avrebbero deciso il o la presidente.

La vendita era stata inoltre contestata dallo United Steelworkers, il principale sindacato del settore metallurgico con oltre 1,2 milioni di iscritti tra Stati Uniti e Canada (che aveva appoggiato Harris). Il sindacato, e pezzi significativi della politica locale e nazionale, non volevano che passasse a una proprietà straniera una storica azienda statunitense, fondata nel 1901, che dà lavoro a più di 20mila persone negli Stati Uniti, di cui 4mila in Pennsylvania. Inoltre i sindacati temevano che i nuovi proprietari non avrebbero mantenuto gli impegni presi.

La dirigenza della U.S. Steel aveva invece difeso l’operazione, dicendo che bloccare la vendita avrebbe messo a rischio migliaia di posti di lavoro e il futuro degli stabilimenti. In mancanza di un acquirente, l’amministratore delegato della U.S. Steel David Burrit ha detto che l’azienda potrebbe dover chiudere alcuni impianti o trasferire la sede fuori dalla Pennsylvania. Non capita spesso che il governo degli Stati Uniti, che solitamente difende il libero mercato, impedisca investimenti stranieri. Dal 2020 in poi il Committee on Foreign Investment lo aveva fatto solo cinque volte, ma erano operazioni in cui erano coinvolte aziende della Cina, un paese rivale e competitor economico.

A dicembre dell’anno scorso la Nippon Steel aveva accusato l’amministrazione Biden di «intollerabili interferenze» nel processo di acquisizione, contestando anche le considerazioni del Committee on Foreign Investment (che come detto alla fine non sono state formalizzate). L’azienda ha annunciato che farà ricorso contro l’ordine esecutivo di Biden, come aveva già minacciato di fare qualora fosse stato il Committee on Foreign Investment a interporsi.

Non è chiaro cosa succederà ora alla U.S. Steel. Inizialmente un’altra azienda statunitense, la Cleveland-Cliffs con sede in Ohio, aveva cercato di comprarla, ma senza eguagliare l’offerta dei giapponesi.