Nei Paesi Bassi un grande archivio di presunti collaborazionisti del nazismo ha un problema di privacy
Dal 2 gennaio sono consultabili online i nomi delle 425mila persone menzionate, ma non i documenti che le riguardano
Giovedì 2 gennaio nei Paesi Bassi è stato reso parzialmente consultabile online un grande archivio nazionale con documenti su 425mila persone che furono accusate di aver collaborato con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale. L’archivio avrebbe dovuto essere interamente consultabile online, ma l’ente nederlandese per la privacy ha sollevato alcuni dubbi e sospeso, almeno per ora, la diffusione dei suoi 485mila fascicoli.
Al momento sul sito dell’archivio è quindi possibile vedere solo i nomi delle persone accusate, ma non i documenti digitalizzati che le riguardano. Solo i loro discendenti possono consultare i file, andando fisicamente nella sede dell’archivio a l’Aia. I documenti erano già accessibili a storici, giornalisti, ricercatori e parenti delle vittime dell’occupazione nazista.
L’archivio è noto con la sigla CABR, dal nederlandese Centraal Archief Bijzondere Rechtspleging, cioè “Archivio centrale dei tribunali speciali”. Ha un sito internet che però non è indicizzato sui motori di ricerca (cioè non compare con una ricerca, per visitarlo bisogna aprire un link su altri siti o digitare il suo indirizzo web specifico), sempre per ragioni di privacy. Giovedì, dopo la diffusione dei nomi, migliaia di persone hanno fatto richiesta per consultare i documenti di persona (serve prendere un appuntamento).
Durante la Seconda guerra mondiale i nazisti uccisero più di 102mila ebrei nederlandesi, cioè due terzi della popolazione ebrea presente nel paese prima dell’inizio della guerra. L’occupazione dei Paesi Bassi cominciò nel maggio del 1940 e durò quasi fino al termine della guerra, nel maggio del 1945. I nazisti instaurarono un governo fantoccio, che fu appoggiato da un pezzo della popolazione e collaborò allo sterminio degli ebrei. I documenti, che in totale occupano 32 milioni di pagine, sono di vario tipo: verbali di interrogatori, diari, registri pubblici e così via.
Le persone il cui nome compare nell’archivio non furono tutte coinvolte attivamente nei crimini di guerra. Per esempio molte di loro vi compaiono perché iscritte al partito nazista, un requisito che al tempo serviva anche per trovare un lavoro. Nella fase caotica immediatamente successiva alla guerra, quando i documenti dell’archivio vennero raccolti, denunciare qualcuno per collaborazionismo poteva essere un modo per vendicarsi di un rivale politico o un concorrente commerciale (anche se casi del genere furono comunque piuttosto limitati). Di queste 425mila persone indagate, 66mila furono condannate con pene detentive di varia durata, 40 con quella di morte, e altre 140 furono assolte.
Alcuni parenti delle persone menzionate nell’archivio si erano opposti all’apertura al pubblico dei documenti, e avevano chiesto che avvenisse in più fasi. Lo scorso dicembre l’ente nederlandese per la privacy e la protezione dei dati (AP) si era espresso contro un accesso completo ai documenti, stabilendo che potesse violare la privacy dei parenti, e questa è la ragione per cui finora la diffusione delle informazioni è stata solo parziale. Non è chiaro quando avverrà la pubblicazione completa. Il ministro della Cultura Eppo Bruins ha ribadito che l’intenzione del governo è proseguire con il progetto.
Sono già previste diverse forme di tutela della privacy: oltre a non essere indicizzati, i file non potranno venire scaricati o copiati. Inoltre i parenti delle persone accusate di collaborazionismo potranno chiedere che siano messi offline, cioè oscurati, i documenti che riguardano la loro famiglia. Sul sito dell’archivio ci saranno infine dei video disclaimer che avvertiranno che non tutte le persone sospettate vennero condannate, e che non tutte le testimonianze sono attendibili.
Lo ha ricordato anche lo storico Gerard Aalders, secondo cui per consultare efficacemente l’archivio bisognerebbe «avere una conoscenza approfondita della persona oggetto dell’indagine, ma anche del suo ambiente, dei suoi amici e soprattutto dei suoi nemici». Il servizio d’intelligence che fu incaricato di rintracciare i collaborazionisti, l’Ufficio per la sicurezza nazionale (BNV) attivo tra il 1945 e il 1946, fu tra l’altro oggetto di conflitti interni e campagne diffamatorie contro il suo direttore, Wim Sanders.
Un altro storico, Johannes Houwink ten Cate, ha detto al Guardian che capisce le preoccupazioni dei discendenti, ma che rendere pubblico l’archivio sarebbe importante per l’elaborazione di un periodo della storia nazionale di cui sono state ricostruite e accettate le responsabilità.