• Giovedì 2 gennaio 2025

Gli avvelenamenti da monossido di carbonio sono ancora un grande problema

Ogni anno in Italia decine di persone muoiono a causa di stufe e caldaie mal tenute o difettose

(EPA/DUMITRU DORU via ANSA)
(EPA/DUMITRU DORU via ANSA)
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In meno di due settimane in Italia sono morte almeno sei persone per avvelenamento da monossido di carbonio, causato nella maggior parte dei casi dal malfunzionamento di caldaie e stufe. Gli avvelenamenti di questo tipo sono infatti più frequenti nella stagione fredda, quando si utilizzano sistemi per scaldare che a causa di difetti o scarsa manutenzione rilasciano monossido negli ambienti.

Non tutte le intossicazioni sono letali, ma possono avere conseguenze sulla salute per molto tempo e secondo gli esperti potrebbero essere evitate. Un minimo di prevenzione e maggiore consapevolezza del rischio potrebbero contribuire a ridurre i casi che vengono registrati ogni anno. Secondo le stime più recenti del ministero della Salute, e risalenti al 2015, i morti per inalazione di monossido di carbonio in Italia sarebbero 500-600 ogni anno (circa 2/3 per intossicazione volontaria), ma fare stime accurate è molto difficile e non ci sono rilevazioni sistematiche affidabili, anche perché non sempre i casi di avvelenamento vengono diagnosticati correttamente. A questi si aggiungono le migliaia di persone che subiscono un’intossicazione, senza conseguenze gravi o permanenti sulla loro salute.

In generale, il monossido di carbonio si produce in seguito a una combustione incompleta di materiali contenenti carbonio, come i combustibili fossili (carbone, benzina, gasolio…) e i materiali organici come la legna. In una combustione completa il carbonio contenuto nel combustibile reagisce con quantità sufficienti di ossigeno e si forma l’anidride carbonica. Se invece l’ossigeno è insufficiente, allora la reazione è incompleta e il carbonio si combina con una quantità minore di ossigeno formando il monossido di carbonio.

C (carbonio) + O2 (ossigeno) → CO2 (anidride carbonica)

2C (carbonio) + O2 (ossigeno) → 2CO (monossido di carbonio)

Le cause possono essere molte, ma di solito sono legate a uno scarso tiraggio: entra poco ossigeno nella camera di combustione e i gas che si producono non hanno la possibilità di uscire facilmente verso l’esterno. Il problema si può per esempio verificare con una stufa o una caldaia a gas la cui canna fumaria è parzialmente ostruita: il combustibile non brucia bene, si produce il monossido e questo non viene prelevato dalla canna fumaria. Altri casi di intossicazione si possono verificare nei garage, in seguito all’inalazione per lungo tempo dei gas di scarico dei veicoli.

Il monossido di carbonio è un gas incolore, inodore e insapore, quindi la sua presenza non può essere percepita dai nostri sensi e nemmeno il progressivo aumento della sua concentrazione nell’aria che respiriamo. Inalarlo è estremamente pericoloso perché interferisce con la capacità del sangue di trasportare l’ossigeno verso gli organi e gli altri tessuti del corpo.

Nei globuli rossi del sangue c’è l’emoglobina, una proteina che ha il compito di trasportare l’ossigeno dai polmoni al resto dell’organismo. Il monossido di carbonio ha un’affinità per l’emoglobina che è 250 volte quella dell’ossigeno, quindi se è presente nell’aria tende a legarsi molto più facilmente con quella proteina, impedendo all’ossigeno di fare altrettanto. Le cellule non ricevono adeguate quantità di ossigeno ed entrano in uno stato di sofferenza (ipossia) che impedisce il loro normale funzionamento. Questo può avvenire dopo l’inalazione di quantità elevate di monossido in poco tempo, oppure per una graduale esposizione in tempi più lunghi.

Gli organi che richiedono elevate quantità di ossigeno, come il cervello e il cuore, sono tra i primi a patire la minore ossigenazione del sangue. È per questo motivo che i sintomi iniziali di un’intossicazione da monossido di carbonio sono mal di testa, vertigini e un certo senso di confusione. Man mano che la concentrazione di monossido aumenta nel sangue, si aggiungono poi difficoltà respiratorie, dolore al torace e una perdita di coscienza.

L’intossicazione è insidiosa proprio perché si possono perdere i sensi prima di accorgersi della causa e aprire le finestre o raggiungere un altro ambiente con minori concentrazioni di monossido. Per questo molti decessi avvengono di notte mentre si sta dormendo: allo stato di periodica perdita di coscienza tipico del sonno subentra quello dovuto all’avvelenamento e non si ha modo di accorgersene.

Difficilmente, comunque, ci si accorge di stare inalando monossido di carbonio mentre si è coscienti. Soprattutto nei casi di basse concentrazioni nell’ambiente in cui ci si trova, i sintomi possono essere relativamente blandi ed essere confusi con quelli del raffreddore e dell’influenza (malattie tipicamente più ricorrenti nella stagione fredda quando si passa più tempo al chiuso con altre persone e aumentano i rischi di contagio). Anche la diagnosi da parte di un medico può essere difficoltosa, soprattutto per i casi meno gravi, e per questo viene consigliato ai medici di chiedere sempre informazioni sulle abitudini di vita e sui sistemi di riscaldamento soprattutto in ambito domestico. Se più persone che vivono nella stessa casa hanno sintomi simili, questo può far aumentare i sospetti di una esposizione al monossido di carbonio.

In questi casi il medico può disporre un esame del sangue per misurare il livello di carbossiemoglobina, che si forma quando emoglobina e monossido di carbonio entrano in contatto. Il test non è però sempre affidabile, perché i livelli tendono a ridursi velocemente quando termina l’esposizione al monossido di carbonio. Le persone che vengono soccorse nei casi di sospetto avvelenamento sono quasi sempre sottoposte da subito alla somministrazione di ossigeno al 100 per cento (nell’aria che respiriamo normalmente è intorno al 20 per cento), in modo da favorire il ripristino dell’ossigenazione degli organi e degli altri tessuti.

Nei casi di intossicazione più lievi, la fine dell’esposizione al monossido e la somministrazione di ossigeno sono sufficienti, ma possono comunque essere necessari giorni prima che spariscano sintomi come mal di testa, spossatezza e scarsa capacità di concentrazione. Nei casi più gravi si ricorre ad altre terapie come l’ossigenoterapia iperbarica: l’ossigeno viene cioè somministrato all’interno di una speciale camera a una pressione di 2-3 volte quella a cui viviamo abitualmente. Si ritiene che in questo modo gli scambi gassosi avvengano meglio, ma negli ultimi tempi l’utilità delle terapie di questo tipo è stata messa in dubbio perché può portare a rischi per la salute superiori ai benefici.

Per prevenire esposizioni pericolose al monossido di carbonio è importante far verificare periodicamente caldaie, stufe e altri sistemi di combustione, in modo da controllare la loro capacità di bruciare i combustibili e di smaltire correttamente i gas che si producono. Gli ambienti dovrebbero essere inoltre aerati di frequente ed essere provvisti di griglie di aerazione per ridurre ulteriormente i rischi.

Viene anche consigliata l’installazione di un rilevatore di monossido di carbonio, un dispositivo simile a quello per rilevare la presenza di fumo, ma che serve proprio per stimare la concentrazione di monossido nell’ambiente. Questi dispositivi devono indicare chiaramente di seguire gli standard previsti dalla norma EN 50291, che indica come devono funzionare i rilevatori in ambienti domestici e non solo. Per quelli da tenere in casa, una concentrazione di 30 parti per milione (ppm) di monossido di carbonio può essere mantenuta al massimo per due ore, prima che l’allarme inizi a suonare. Se la concentrazione è intorno a 100 ppm, l’allarme deve attivarsi in un intervallo di 10-40 minuti, mentre se si raggiungono 300 ppm deve scattare entro 3 minuti per via della concentrazione estremamente alta.

Il rilevatore deve essere installato nell’ambiente in cui è presente la caldaia/stufa, a patto che il suo allarme sia udibile anche in altre aree della casa, a una distanza di 1-3 metri e a un’altezza di qualche metro. A differenza dell’anidride carbonica, il monossido di carbonio è infatti più leggero dell’aria (è meno denso) e tende ad accumularsi più in alto, verso il soffitto. Come la caldaia, anche il rilevatore va controllato periodicamente per assicurarsi che abbia le batterie cariche, la griglia attraverso cui passa l’aria da analizzare libera e la capacità di suonare normalmente.