La sfida per provare a diventare vegani a gennaio

Si chiama Veganuary e ogni anno propone di seguire una dieta senza derivati animali per un mese, con attenzioni crescenti e qualche risultato

Uno chef prepara un piatto di ramen con del tofu in un ristorante di San Paolo, Brasile, 17 settembre 2024 (REUTERS/ Carla Carniel)
Uno chef prepara un piatto di ramen con del tofu in un ristorante di San Paolo, Brasile, 17 settembre 2024 (REUTERS/ Carla Carniel)
Caricamento player

In base a uno studio dell’Università di Oxford, seguendo una dieta vegana si impiegano il 25 per cento di suolo e il 46 per cento di acqua di quelli che si impiegherebbero con una che preveda almeno 100 grammi di carne al giorno, e si emette soltanto un quarto dell’anidride carbonica. Questi benefici sono tra le motivazioni principali che possono spingere una persona a smettere di consumare derivati animali, assieme alla consapevolezza del trattamento brutale riservato agli animali negli allevamenti intensivi.

Da un po’ di tempo esiste una sorta di sfida che incentiva le persone a provare una dieta vegana almeno per un mese, come proposito di inizio anno simile al “Dry January”, che prevede invece di non bere alcol. Si chiama “Veganuary” e propone di seguire un’alimentazione senza carne, latticini e altri prodotti di origine animale per tutto il mese di gennaio, come suggerisce il nome, crasi delle parole inglesi vegan e January. Nonostante sia un fenomeno contenuto sembra incuriosire sempre più persone che vogliono avvicinarsi a una dieta vegetariana o vegana, anche in Italia.

– Magari ti interessa: Cose spiegate bene. Quello che mangiamo

L’iniziativa è nata nel 2014 da un’organizzazione non profit inglese chiamata proprio Veganuary e poi si è diffusa tra gli altri in Stati Uniti, Germania, Brasile, Australia e Singapore, il primo e al momento unico paese ad aver autorizzato la vendita della cosiddetta “carne sintetica”. Il suo obiettivo è avvicinare le persone alla dieta vegana con quello che la non profit Essere Animali, sua partner in Italia, definisce un «approccio giocoso, non giudicante e accessibile».

Funziona così: ci si iscrive gratis sul suo sito e dal primo al 31 gennaio si prova a mantenere l’impegno di mangiare vegano, aiutandosi con i consigli forniti attraverso una newsletter quotidiana, ricettari e menù pensati apposta per chi non ha molta dimestichezza con le alternative vegetali a carne, pesce e derivati. Veganuary dice che il numero di persone che hanno partecipato all’iniziativa è cresciuto costantemente: dal 2014 a oggi ne ha coinvolte quasi 2,5 milioni, di cui più di 700mila nel 2023. Nel 2017 erano state poco meno di 60mila, nel 2019 250mila e nel 2020 400mila.

Questi sono solo i dati di chi si è iscritto, ma c’è anche chi comincia la sfida in autonomia, magari per il passaparola o perché incuriosito dai social. In base ai risultati di diversi test a campione commissionati a YouGov e svolti nei principali paesi in cui promuove il Veganuary, la non profit ha stimato che le persone che hanno provato a mangiare vegano nel gennaio del 2024 siano state in totale circa 25 milioni. Per fare un esempio concreto, secondo il sondaggio svolto in Italia aveva provato un’alimentazione vegana il 3 per cento dei 2.063 adulti intervistati.

Secondo Essere Animali l’iniziativa ha beneficiato soprattutto della promozione degli influencer che si occupano di cucina vegana sui social, così come della crescente attenzione al tema da parte dei media italiani: negli ultimi cinque anni in effetti le ricerche su Google del termine “vegano” in Italia sono state in crescita costante, mentre quelle di “Veganuary” tra i mesi di dicembre e gennaio evidenziano picchi via via maggiori. Ma c’entra anche il centinaio di marchi, catene di supermercatiristoranti che hanno aderito alla campagna promuovendo nuovi prodotti o piatti a base vegetale fatti apposta per il Veganuary. Solo nel 2024 sono stati più di 2.100 in tutto il mondo, dice la non profit inglese.

Anche se secondo molti studi eliminare del tutto la carne dalla dieta non comporta necessariamente un utilizzo più efficiente delle risorse del pianeta, per la gran parte della comunità scientifica ridurne il consumo è uno dei comportamenti individuali più utili per mitigare gli effetti della crisi climatica. Il riscaldamento globale è provocato dall’aumento dei gas serra presenti nell’atmosfera a causa delle attività umane, e secondo la FAO gli allevamenti contribuiscono per circa il 12 per cento al totale di queste emissioni. D’altra parte, se pianificato con accortezza, un regime alimentare vegano può per esempio contribuire a limitare l’insorgenza di malattie cardiovascolari, la prima causa di morte al mondo.

A questo proposito, a detta di Chris Bryant, ricercatore di psicologia all’Università di Bath (Regno Unito), ci sono due ragioni per cui il Veganuary ha successo: la prima è che incoraggia a provare la dieta vegana proprio in un periodo in cui si cerca di adottare abitudini alimentari più salutari, e la seconda è che favorisce la condivisione e il confronto, trasformandosi in un’esperienza sociale.

Uno studio condotto da Bryant su un campione di 1.529 persone residenti nel Regno Unito nel 2023 ha evidenziato che più di tre quarti ne avevano sentito parlare, e che il 6 per cento aveva detto di averlo fatto. Per il 40 per cento dei partecipanti la motivazione principale era la tutela degli animali, seguita dai benefici per la salute e per l’ambiente. Il 98 per cento di chi ha provato la sfida la consiglierebbe, ha spiegato Bryant in un articolo pubblicato su The Conversation; un quarto ha detto di voler continuare a seguire una dieta vegana anche dopo la fine di gennaio.

– Leggi anche: Il “Dry January” serve a qualcosa?

C’è da dire che il Veganuary si inserisce in un contesto in cui sempre più persone scelgono già di seguire una dieta senza derivati animali, e in cui gli alimenti a base vegetale si vendono sempre di più, anche in Italia: un paese dove peraltro piatti tradizionali come la pasta al pomodoro o ai fagioli, la ribollita o il macco di fave sono già vegani. A ogni modo anche altri studi hanno messo in relazione il Veganuary con il cambiamento di abitudini alimentari nel Regno Unito, dove le persone che non mangiano carne sono 8,6 milioni, di cui 2,5 vegane, 1,1 milione in più rispetto al 2023.

Alcuni ricercatori della London School of Economics hanno osservato che tra il 2019 e il 2022 le vendite di piatti vegani nelle mense aziendali durante il Veganuary sono aumentate in maniera significativa, fino a oltrepassare il doppio. Uno studio condotto tra il novembre del 2020 e il marzo del 2021 da un gruppo dell’Università del Surrey, invece, ha analizzato le vendite di 154 negozi di una catena inglese di supermercati, concludendo che a gennaio le vendite di alimenti a base vegetale erano aumentate del 57 per cento rispetto a novembre, e che inoltre restavano più alte del 15 per cento anche dopo la fine del mese. Gli studi concentrati nel periodo del Veganuary non hanno evidenziato una diminuzione delle vendite di carne e derivati: tuttavia per dare l’idea secondo uno studio pubblicato su The Lancet nel 2019 i consumi nel Regno Unito erano calati del 17 per cento rispetto al 2008.

Per quanto riguarda l’Italia secondo l’ultimo rapporto di Eurispes le persone vegane sono il 2,3 per cento della popolazione, il quadruplo rispetto al 2014, e tra il 2021 e il 2023 le vendite di alimenti a base vegetale sono cresciute del 5,8 per cento. Il 60 per cento delle 1.046 persone intervistate sempre da YouGov lo scorso aprile aveva detto che nei prossimi due anni avrebbe provato a mangiare meno carne o non ne avrebbe mangiata affatto.