L’Ucraina vuole convincere i cittadini all’estero a tornare nel paese
Per ragioni demografiche ed economiche: il governo ha creato un nuovo ministero per l'Unità nazionale, ma finora ha introdotto poche misure concrete
A inizio dicembre il governo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha creato il ministero per l’Unità nazionale che si occuperà, tra le altre cose, di facilitare il ritorno nel paese di milioni di rifugiati e migranti ucraini che negli ultimi anni hanno lasciato l’Ucraina a causa dell’invasione della Russia.
Il ministero ha preso il posto di quello che prima si chiamava ministero per la Reintegrazione dei territori temporaneamente occupati, creato nel 2016 per gestire le regioni di Donetsk e Luhansk, territori formalmente ucraini ma che dal 2014 sono parzialmente occupati da separatisti russi. A partire dall’invasione russa dell’Ucraina, cominciata nel febbraio del 2022, il ministero si è occupato anche di altri territori ucraini annessi in modo illegittimo dalla Russia, tra cui Kherson e Zaporizhzhia.
Zelensky aveva manifestato l’intenzione di creare il nuovo ministero già lo scorso agosto. L’aveva poi menzionato in un discorso con cui, a novembre, presentò al parlamento ucraino i 10 punti principali del suo Piano di Resilienza per l’Ucraina. Il ministero per l’Unità nazionale è stato infine istituito il 3 dicembre e posto sotto la guida di Oleksii Chernyshov.
Non si sa esattamente quanti cittadini ucraini vivano all’estero: nel suo primo discorso da ministro Chernyshov aveva parlato di «8-9 milioni, o magari 10 milioni» di persone. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), ad agosto del 2024 i rifugiati ucraini erano circa 6,7 milioni, di cui 6,2 milioni in altri paesi europei, i cui governi all’inizio della guerra avevano attivato misure speciali per facilitare la loro accoglienza. Molte di queste persone sono state accolte da amici, parenti o conoscenti che già vivevano all’estero, e in alcuni casi hanno continuato a lavorare a distanza con società e ong ucraine.
Il ministero dell’Unità nazionale non ha ancora chiarito quali misure intende adottare per invitare i cittadini ucraini a tornare nel paese. Secondo Olga Pyschulina, una sociologa del think tank ucraino Razumkov sentita dal quotidiano El Pais, il ritorno dei rifugiati dipenderà da alcuni fattori precisi, tra cui in primo luogo la sicurezza (quindi la fine dei combattimenti) ma anche la stabilità economica, la presenza di servizi sanitari affidabili, di scuole e università funzionanti e di opportunità lavorative.
Il ritorno dei rifugiati in Ucraina è visto come un modo per risanare, almeno in parte, la crisi demografica che il paese sta affrontando. Al momento si stima che in Ucraina vivano circa 36 milioni di persone (comprese quelle che si trovano nei territori occupati dalla Russia), ma seguendo i ritmi attuali nel 2041 la popolazione scenderà a 29 milioni e a 25 milioni nel 2051, quasi la metà dei 49 milioni di abitanti che l’Ucraina aveva all’inizio degli anni Duemila.
Il rientro dei rifugiati servirebbe anche a risanare la situazione economica del paese. Secondo le stime del ministero dell’Economia, l’Ucraina ha bisogno di 4,5 milioni di lavoratori aggiuntivi per raggiungere le proprie aspettative di crescita del PIL, pari al 7 per cento annuo entro il 2030.
Anche se il ministero per l’Unità nazionale non ha ancora annunciato iniziative concrete, ultimamente il governo ha introdotto alcune misure per favorire in parte il rientro dei migranti e delle persone ucraine all’estero. Tra le altre cose, a metà dicembre il parlamento ha approvato una legge che permetterà ai cittadini ucraini di avere la doppia nazionalità, cosa che al momento è vietata (ma il divieto è applicato in modo piuttosto lasco, e molte persone hanno lo stesso più di un passaporto). La legge, in attesa dell’approvazione definitiva, è stata presentata anche come un modo per facilitare il rientro nel paese delle persone che vivono all’estero.
Da qualche mese si discute anche della possibilità che i paesi europei interrompano l’erogazione di aiuti economici per i rifugiati ucraini maschi in età militare. L’ha proposto lo scorso settembre il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, e il suo omologo ucraino Andrii Sybiha si era detto d’accordo: «È davvero ora di iniziare a parlare di programmi dell’Unione Europea per riportare gli ucraini a casa. Certo, per farlo bisogna creare le condizioni. Ma bisognerebbe parlarne», aveva detto Sybiha.