Tutto sui test salivari per accertare l’assunzione di sostanze stupefacenti
Come vengono svolti i controlli dopo l'approvazione della contestata riforma del codice della strada
Negli ultimi mesi il ministero dell’Interno e quello della Difesa hanno autorizzato l’acquisto di migliaia di test salivari per accertare l’assunzione di sostanze stupefacenti, usati durante i controlli su chi è alla guida di auto e moto. Carabinieri e polizia utilizzano due strumenti molto diversi tra loro, con costi e caratteristiche diverse, e soprattutto con due diverse soglie per accertare la positività. Dei test salivari e di queste soglie si sta discutendo molto dopo l’approvazione della riforma del codice della strada, che punisce chi è positivo all’assunzione di sostanze stupefacenti e non più chi guida in stato di alterazione.
Le nuove regole prevedono che sia sufficiente un test positivo, anche giorni dopo aver assunto la sostanza, per vedersi ritirare e poi sospendere la patente. Il parlamento ha infatti votato la proposta del ministero dei Trasporti guidato da Matteo Salvini di eliminare le parole “stato di alterazione psico-fisica” dalle sanzioni relative alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti: viene così punita la semplice assunzione e non il comportamento pericoloso dovuto alla guida in stato di alterazione.
Secondo molte associazioni antiproibizioniste, questa nuova regola del codice della strada non riguarda più la sicurezza stradale perché punisce esclusivamente l’uso di sostanze stupefacenti, che non è vietato dalla legge. È il motivo per cui i Radicali Italiani, insieme ad alcune associazioni, hanno annunciato che solleveranno in tribunale una questione di legittimità costituzionale.
Le caratteristiche dei test, cioè come e quanto tempo dopo rilevano la presenza di sostanze stupefacenti nella saliva, è centrale nell’applicazione di questa legge. Fino all’approvazione della riforma, quando le forze dell’ordine sospettavano che una persona avesse fatto uso di sostanze, dovevano fare un test preliminare per confermare l’assunzione. Nel caso in cui il test fosse stato positivo, la persona doveva essere accompagnata in ospedale o in un ambulatorio per accertare lo stato di alterazione psico-fisica. L’accertamento poteva essere fatto soltanto da un medico.
Ora la procedura seguita da carabinieri e polizia prevede l’utilizzo del test salivare per accertare la positività, e successivamente l’invio di campioni di saliva a un laboratorio per confermare l’assunzione ed evitare falsi positivi, cioè la possibilità che il risultato del test salivare sia sbagliato.
Vengono usati test salivari perché tutte le sostanze stupefacenti, indipendentemente dalla modalità di assunzione, vengono metabolizzate ed espulse dall’organismo attraverso fluidi biologici come urine, sudore e appunto saliva. La presenza viene riscontrata nel sangue circa 10 minuti dopo l’assunzione, mentre nella saliva ci vuole qualche minuto di più. L’analisi della saliva permette di accertare quasi immediatamente l’assunzione di droga.
Alla fine del 2023 i carabinieri hanno acquistato 50mila test salivari chiamati DrugWipe 5S, che assomigliano molto ai test rapidi usati per il coronavirus, anche se in questo caso il tampone deve essere infilato sotto la lingua e non nel naso. Il risultato del test è visibile in 8 minuti e rileva la positività se la concentrazione di THC – il componente psicoattivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana – è pari o superiore a 10 nanogrammi per millilitro. Il test DrugWipe può rilevare anche la presenza di oppiacei, cocaina, MDMA (o ecstasy), anfetamine e metanfetamine.
Se il test risulta positivo, i carabinieri acquisiscono altri due campioni di saliva che vengono sigillati e inviati a Roma al laboratorio di tossicologia forense, perché il test esaminato sul posto è considerato di primo livello, senza valore di prova. Già dopo la prima positività viene ritirata la patente, poi sospesa dopo la conferma del secondo test. L’altro campione che viene inviato a Roma serve per eventuali ulteriori analisi di revisione: viene conservato dal laboratorio e smaltito dopo un anno.
Negli ultimi mesi invece la polizia ha acquistato oltre 250 dispositivi chiamati SoToxa, prodotti dall’azienda Abbott. Sono molto simili agli etilometri o ai POS per i pagamenti elettronici, e anche in questo caso analizzano in pochi minuti campioni di saliva: i risultati vengono elaborati, visualizzati sullo schermo e poi stampati.
Sono due le differenze significative rispetto al test in dotazione ai carabinieri: la prima è che in questo caso la positività viene rilevata se la concentrazione di THC è pari o superiore a 25 nanogrammi per millilitro, quindi più alta rispetto al test salivare usato dai carabinieri. La seconda è che i risultati del test di SoToxa, come l’etilometro, hanno valore di prova quindi in teoria non sono necessarie altre analisi. Finora tuttavia anche la polizia ha continuato a prelevare altri due campioni di saliva per avere la conferma della positività dal laboratorio di tossicologia forense. Non è ancora chiaro se la procedura cambierà nei prossimi mesi.
Quando polizia e carabinieri non hanno a disposizione test salivari, oppure quando il test risulta negativo ma le condizioni psico-fisiche appaiono evidentemente alterate, le forze dell’ordine possono chiedere analisi di secondo livello, quindi delle urine o del sangue. Questi accertamenti possono però essere rifiutati. L’unica eccezione che prevede l’obbligatorietà riguarda il coinvolgimento della persona in incidenti che hanno provocato lesioni gravi ad altre persone.
Le associazioni antiproibizioniste contestano la riforma soprattutto per via della possibilità che i test rilevino la presenza di sostanze stupefacenti giorni dopo l’assunzione, quando gli effetti sono ormai svaniti, senza conseguenze sulle capacità di guidare un’auto o una moto.
Nell’ottobre del 2023 il servizio per le dipendenze dell’azienda socio sanitaria Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha pubblicato uno studio proprio sull’efficacia dei test salivari SoToxa, usati dalla polizia, per gli esami tossicologici. Sono state sottoposte ai test 292 persone, di cui la maggior parte maschi. In media, il test salivare è risultato positivo 22,5 ore dopo il consumo di cannabis, 31,23 ore dopo il consumo di cocaina, 25 ore dopo il consumo di oppiacei. Nelle conclusioni si legge che il dato positivo è dovuto all’uso recente di sostanze, ma anche alla quantità. Nei casi limite, la permanenza delle sostanze nella saliva accertata dal test è arrivata fino a 48 ore per la cannabis e 96 ore per cocaina e oppiacei.
I test eseguiti hanno rilevato anche una quota marginale di falsi positivi alle amfetamine in pazienti che assumevano farmaci per il controllo dell’ipertensione, antidiabetici e farmaci contro la depressione. I ricercatori sostengono che il test salivare sia affidabile e sicuro, ma evidenziano anche un limite dovuto al fatto che non analizza la presenza di sostanze come metadone, buprenorfina e fentanyl.