Il primo “Nosferatu” non avremmo nemmeno dovuto vederlo

La vedova di Bram Stoker fece distruggere tutte le copie del primo adattamento di “Dracula”, tranne una

La scena in cui il conte Orlok emerge sul ponte della nave che lo trasporta in città
Una scena del film del 1922 Nosferatu (Ansa/Dpa)
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Il 4 marzo 1922 in una grande sala all’interno dello zoo di Berlino una piccola società di produzione e distribuzione cinematografica tedesca, la Prana Film, proiettò il suo primo film. Era muto, lo aveva diretto il regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau e si intitolava Nosferatu, una parola dall’etimologia incerta, diffusa nella letteratura di genere come sinonimo di vampiro. È probabile che non fosse il primo film sulle leggendarie creature sanguisughe, ma di sicuro fu il primo tra quelli poi diventati famosi e influenti, soprattutto sul piano estetico, nonché oggetto di diversi remake. Il più recente, diretto da Robert Eggers e interpretato da Lily-Rose Depp, Bill Skarsgård e Willem Dafoe, uscirà nei cinema in Italia il 1° gennaio 2025.

Eppure quel primo Nosferatu non sarebbe nemmeno potuto uscire. Non era infatti stato autorizzato dalla famiglia di Bram Stoker, lo scrittore irlandese che 25 anni prima, nel 1897, aveva scritto il romanzo da cui il film di Murnau era dichiaratamente tratto: Dracula. La lunga battaglia legale che ne seguì, raccontata dallo storico del cinema horror David John Skal nel libro Hollywood gothic: the tangled web of Dracula from novel to stage to screen, portò alla bancarotta di Prana Film e infine al ritiro e alla distruzione di quasi tutte le copie di Nosferatu in circolazione. Probabilmente nessuno lo avrebbe mai più visto, se l’archivista francese Henri Langlois – direttore della Cinémathèque française, il più grande archivio del mondo dedicato alla storia del cinema – non ne avesse trafugato e conservato una copia della fine degli anni Venti.

C’erano alcune differenze significative e più o meno evidenti tra Dracula e Nosferatu, a parte i nomi dei personaggi e alcune ambientazioni, modificati da Prana Film. Fu abbastanza un’invenzione di Murnau, per esempio, la caratteristica probabilmente più nota dei vampiri, a parte l’alimentazione a base di sangue: la vulnerabilità totale alla luce del sole. Il vampiro protagonista del libro di Stoker era in grado di circolare con sembianze umane durante il giorno, seppure indebolito e privo di alcune sue capacità prodigiose. Quello di Nosferatu, che non aveva mai sembianze propriamente umane, non poteva esporsi affatto alla luce del sole: un tratto poi diventato costante in successive rappresentazioni famose dei vampiri.

Il conte Orlok si dissolve alla luce del giorno davanti a una finestra

La scena del film in cui il conte Orlok, interpretato dall’attore Max Schreck, viene incenerito dalla luce del sole (Hulton Archive/Getty Images)

La storia invece era praticamente la stessa: una creatura avida di sangue umano ospita e imprigiona nel suo castello un agente immobiliare con cui conclude un affare, per poi intraprendere un viaggio via mare verso la sua nuova residenza perché attratto dalla moglie dell’agente. Difficilmente insomma il mostruoso conte Orlok protagonista di Nosferatu, interpretato dall’attore Max Schreck, sarebbe potuto esistere se non fosse prima esistito il conte Dracula. E del resto Prana Film citava esplicitamente il romanzo di Bram Stoker – morto nel 1912 – come fonte di ispirazione per il film.

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Pochi giorni dopo l’anteprima allo zoo di Berlino, il film di Murnau uscì anche in altre sale in Germania. In breve tempo anche fuori dal paese diventò abbastanza popolare da attirare l’attenzione della vedova di Stoker, Florence Stoker, proprietaria dei diritti sul romanzo e su ogni adattamento. Nel 1897, otto giorni prima dell’uscita del libro, lo stesso Stoker aveva infatti scritto e prodotto uno spettacolo teatrale pedissequamente basato sul romanzo, intitolato Dracula: or the Un-Dead. Era andato in scena al Lyceum Theatre – il teatro di Londra di cui Stoker era direttore commerciale – una sola volta: sarebbe bastata a rivendicare legalmente la violazione del copyright, nel caso di un eventuale adattamento non autorizzato del romanzo.

È quello che successe con Nosferatu. La moglie di Stoker fece causa a Prana Film, e nel 1924 la vinse, senza però ottenere un risarcimento perché nel frattempo la società aveva dichiarato bancarotta, forse per evitare il pagamento (Nosferatu restò il suo primo e unico film prodotto). Nel luglio del 1925 un tribunale tedesco accolse quindi una successiva richiesta dei legali della famiglia Stoker di limitare la violazione dei diritti ritirando dalla circolazione e facendo distruggere la pellicola originale e tutte le copie del film, e vietandone qualsiasi diffusione o proiezione.

L’ordine fu eseguito in Germania e in parte nel Regno Unito, ma fu più difficile farlo rispettare in altri paesi in cui il film aveva riscosso un successo crescente presso un pubblico di appassionati del cinema di genere. Ne circolavano ormai da tempo alcune copie, ciascuna con un montaggio diverso. Già nel 1922 era stato proiettato in diverse capitali europee, tra cui certamente Budapest e Parigi. E nel 1929 una copia di cui in seguito si persero le tracce emerse anche negli Stati Uniti, a New York, dove era in proiezione al Film Guild Cinema nel Greenwich Village.

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Non è chiaro quando né come, ma a un certo punto Langlois – che era anche un abilissimo restauratore – riuscì ad acquisire una copia di Nosferatu che era stata distribuita in Francia nel 1926 o nel 1927, scrive Skal. È certo che quella copia fosse già nel catalogo della Cinémathèque française nel 1943, quindi dopo l’acquisizione di una grande quantità di film confiscati nel 1940 dai nazisti durante l’occupazione della Francia, ma non è chiaro se Nosferatu fosse parte di quell’acquisizione o no. In ogni caso dalla copia conservata da Langlois fu tratta la versione di Nosferatu diventata poi canonica, proiettata nei cinema e nei musei dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.

Negli Stati Uniti, ironicamente, una copia di Nosferatu era stata acquistata anche dalla Universal Pictures: era la società di produzione cinematografica a cui la moglie di Stoker aveva venduto negli anni Venti i diritti per adattamenti del romanzo più fedeli all’originale e meno sperimentali rispetto a quello di Murnau. Il primo film autorizzato di una lunga serie – Dracula, diretto da Tod Browning e interpretato da Bela Lugosi – era uscito nel 1931, e conteneva alcune scene presenti nel film di Murnau e assenti nel romanzo di Stoker (quella in cui l’agente immobiliare si ferisce accidentalmente un dito davanti al conte).

Per il tempo in cui fu proiettato nei cinema, prima della circolazione di successive e più popolari versioni autorizzate di Dracula, Nosferatu fu apprezzato in Europa ma non nel mondo anglosassone. Alcuni critici negli Stati Uniti lo definirono poco efficace, sembrando però unicamente interessati a misurare quanto fosse spaventoso, avvincente o credibile. Altri lo trovarono deprimente, oppure una copia mal riuscita di un famoso film d’autore tedesco, Il gabinetto del dottor Caligari, uscito due anni prima e diretto da Robert Wiene.

Se Nosferatu fosse o meno spaventoso non importava invece minimamente ai critici in Europa, più concentrati sugli aspetti estetici, scrisse nel 2020 la studiosa di cinema Olivia Rutigliano sulla rivista CrimeReads. Proprio quegli aspetti non solo resero il film uno dei più citati e influenti esempi di cinema espressionista tedesco, ma resero anche il suo protagonista un modello di vampiro fondamentalmente diverso da quello di Stoker.

Il conte Orlok era «un essere indesiderato ai margini della società», scrisse Rutigliano. Del Dracula di Stoker, la cui leggenda era molto più romantica e urbana, a cominciare dagli abiti, era una specie di antenato mostruoso emerso prima che la mania per i vampiri diventasse mainstream nel Novecento.

Un’altra differenza tra i due modelli, secondo Rutigliano, è che mentre i numerosi film specificamente su Dracula sembrano perlopiù in competizione tra loro nel tentativo di ridefinire il mito, i pochi film su Nosferatu si citano a vicenda con grande riverenza, e sembrano tutti collegati tra loro. Il più famoso remake lo girò nel 1979 il regista e documentarista tedesco Werner Herzog: Nosferatu, il principe della notte, con Klaus Kinski nel ruolo del conte Orlok (che avrebbe interpretato di nuovo in un sequel italiano del 1988, Nosferatu a Venezia).

Kinski nel suo costume di scena, illuminato dal basso

L’attore Klaus Kinski in una scena del film del 1979 Nosferatu, il principe della notte (Ansa/Dpa)

Il film uscì dopo che negli anni Sessanta e Settanta la versione di Murnau – una volta definita da Herzog il più grande film tedesco di sempre – era tornata a circolare liberamente in seguito alla morte della moglie di Stoker, attirando l’attenzione di una nuova generazione di cinefili. Herzog lo girò nei Paesi Bassi, in parte a Delft e in parte nella vicina Schiedam, dove aveva cercato di ottenere l’autorizzazione a utilizzare in aree controllate migliaia di topolini sterilizzati fatti arrivare da un laboratorio ungherese.

Servirono a girare alcune scene memorabili, a partire da quella in cui la nave che trasporta il conte Orlok approda in città portando anche la peste. A Schiedam non la presero benissimo, e Herzog raccontò in seguito che per alcune scene aveva infine liberato i topi senza avere l’autorizzazione, fingendo di averlo fatto per sbaglio. Maarten ’t Hart, uno scrittore e biologo olandese che aveva lavorato come consulente sul set, scrisse in un articolo pubblicato nel 2004 sulla rivista Granta che i topi avevano subito anche gravi maltrattamenti: moltissimi erano morti in una procedura per tingerli di grigio.

In un altro film su Nosferatu, L’ombra del vampiro, uscito nel 2000 e diretto dal newyorkese E. Elias Merhige, recitò tra gli altri Dafoe, uno degli attori del remake recente diretto da Eggers. Interpretava l’attore Max Shreck, e John Malkovich interpretava Murnau: il film raccontava le riprese del Nosferatu originale immaginando che il misterioso attore interprete del conte Orlok fosse un vero vampiro.

Fin dalla sua prima versione del 1922, più che un adattamento di Dracula, Nosferatu fu un’interpretazione di quella stessa storia che esplorava specifiche preoccupazioni tematiche e artistiche del dopoguerra: «tristezza, orrore e morte», scrisse Rutigliano. Più di qualsiasi altro regista Murnau «vide catastrofi che sarebbero arrivate soltanto 10 anni dopo», disse una volta Herzog.