In Svezia la transizione ecologica è un problema per le renne
E per la popolazione indigena dei Sami, che le alleva da centinaia di anni ma vive in zone ricche di minerali rari e risorse utili alla produzione di energia rinnovabile
La Svezia è uno dei paesi europei più impegnati nella transizione ecologica: già nel 2012 più del 50 per cento della fornitura di energia arrivava da fonti rinnovabili, in particolare da impianti idroelettrici, e l’obiettivo è raggiungere il 100 per cento entro il 2040. Recentemente il paese ha anche aumentato l’estrazione di materie prime critiche utilizzate nella produzione di batterie per dispostivi elettronici e auto elettriche, un’iniziativa incoraggiata dall’Unione Europea.
La maggior parte di questi progetti è però sviluppata in una regione del nord della Svezia dove abitano i Sami, una delle ultime popolazioni indigene d’Europa, che da centinaia di anni vivono in quell’area e allevano le renne. Gli impianti energetici e le miniere stanno avendo un impatto negativo sulla loro vita e su questa attività che, oltre a far parte della loro tradizione, rappresenta ancora la principale fonte di reddito per molte famiglie.
Le terre tradizionalmente appartenenti ai Sami, chiamate Sapmi, vanno da quella che oggi è un’area della Norvegia nordoccidentale fino alla penisola di Kola, in Russia, attraversando anche parte della Svezia e della Finlandia. La loro origine non è chiara, ma si ritiene che i loro antenati siano arrivati in Scandinavia già 9mila anni fa. Sono popolazioni di cacciatori e pescatori che si specializzarono nell’allevamento delle renne nel XVII secolo: divennero così un popolo seminomade, che si spostava seguendo le migrazioni delle mandrie.
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Nello stesso periodo però il governo svedese iniziò a espropriare le loro terre, ricche di risorse naturali, e istituì scuole per insegnare loro lo svedese e convertirli al cristianesimo. Gradualmente i Sami smisero di essere nomadi, ma continuarono a essere discriminati: negli anni Venti del Novecento vennero ufficialmente scoraggiati i matrimoni fra persone svedesi e persone Sami e centinaia di loro vennero obbligati a spostarsi con dei trasferimenti forzati. Il percorso di riconciliazione con il governo svedese cominciò negli anni Cinquanta: nel 1977 il parlamento li riconobbe ufficialmente come un popolo indigeno, fornendo quindi una maggiore protezione, e nel 1993 fu istituito il Parlamento Sami, un organo eletto che li rappresenta.
Oggi si stima che i Sami siano circa 80mila in tutto il Nord Europa, di cui circa 20mila in Svezia. Fino a pochi decenni fa il sostentamento economico della maggior parte dei Sami svedesi si basava ancora sull’allevamento delle renne, ma negli ultimi anni questo numero è diminuito drasticamente a causa dei progetti del governo svedese legati alla transizione energetica. Secondo il Parlamento Sami, oggi in Svezia ci sono circa 4.600 proprietari di renne e solo mille allevatori professionisti.
La regione dove abitano i Sami è ricca di risorse naturali e per questo il governo svedese ha approvato negli anni la costruzione di impianti eolici, centrali per la produzione di energia idroelettrica, attività di silvicoltura (ossia la coltivazione di boschi e foreste) e la ricerca e l’estrazione di minerali rari. Questo sta avendo un grosso impatto sull’allevamento delle renne, che possono pascolare in aree sempre più ristrette e le cui rotte migratorie vengono deviate o interrotte dalla costruzione di nuove miniere o dighe.
La Svezia ha concesso agli allevatori Sami il diritto esclusivo di far pascolare i loro animali in terreni sia pubblici che privati, ma le comunità non possiedono effettivamente la terra e questo nel pratico rende vana la decisione. Per esempio, tecnicamente le renne possono pascolare in un campo dove ci sono delle pale eoliche, ma siccome gli animali hanno paura ad avvicinarcisi perché sono disturbati dalle turbine, di fatto quel terreno diventa inutilizzabile.
Per produrre energia idroelettrica sono state costruite molte dighe e serbatoi che allagano alcune aree dove prima gli animali potevano pascolare e deviano il percorso dei fiumi, creando problemi anche alle famiglie Sami che tradizionalmente si dedicano anche alla pesca. Le attività di disboscamento hanno ridotto la presenza di licheni nella regione, di cui le renne si nutrono.
L’estrazione dei materiali rari, in crescita, peggiora ulteriormente la situazione, anche a causa delle recenti politiche europee in materia di transizione ecologica: nel 2023 l’Unione Europea ha stilato una lista di 34 «materie prime critiche», principalmente metalli e minerali, che servono alle industrie per portare avanti la transizione ecologica. Il loro approvvigionamento è però problematico perché dipende in larga parte dalla Cina. Per cercare di ridurre la dipendenza dalla Cina, l’Unione Europea ha approvato una legge che richiede che almeno il 10 per cento del fabbisogno annuale di questi materiali sia estratto all’interno dei confini europei.
In questo processo le miniere del nord della Svezia sono fondamentali. Nella regione dei Sami si trovano al momento nove delle 12 miniere del nord della Svezia, fra cui una delle più grandi miniere di rame e la più grande miniera di ferro al mondo, vicino al comune di Kiruna, dove vivono circa 23mila persone. A Kiruna è stato anche da poco scoperto un enorme giacimento di minerali rari utilizzabili per la produzione di motori elettrici: questo comporterà lo smantellamento e lo spostamento a est della città. A gennaio del 2023, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è andata in visita a Kiruna proprio per celebrare la scoperta del giacimento.
Queste politiche sono state definite dai Sami e da molti attivisti per il clima una forma di “colonialismo verde”, un termine che collega lo sfruttamento coloniale delle risorse, una pratica messa in atto da tutti i poteri coloniali negli scorsi secoli, con le espropriazioni territoriali e i progetti attuati per portare avanti la transizione ecologica. Secondo molti ambientalisti bisognerebbe concentrarsi meno sull’estrazione di nuovi materiali e attrezzarsi per riciclare quelli già presenti nei prodotti tecnologici dismessi.
Questi progetti sono attivamente osteggiati dai Sami, che da anni hanno intrapreso una lunga battaglia legale per far valere i loro diritti sulla terra. I tribunali svedesi, che hanno il potere di decidere caso per caso se interrompere la costruzione di un impianto, raramente danno loro ragione: nel 2013 il governo stabilì che l’estrazione dei minerali dovesse avere la priorità e che gli allevatori di renne dovevano trovare un modo per vivere accanto alla miniera.
A seguito di un ricorso presentato da un gruppo di allevatori, nel 2020 il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (che si occupa di far rispettare la convenzione omonima) concluse che la legge svedese discrimina ancora i Sami.