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  • Lunedì 30 dicembre 2024

In Russia è morto in carcere un uomo accusato di organizzare viaggi per la comunità LGBTQ+

Al suo avvocato è stato detto che si è suicidato

Un cartello di protesta con la scritta «quest'uomo ha paura degli arcobaleni» accanto all'immagine di Vladimir Putin, New York, maggio 2024 (Andrew Kelly/Reuters)
Un cartello di protesta con la scritta «quest'uomo ha paura degli arcobaleni» accanto all'immagine di Vladimir Putin, New York, maggio 2024 (Andrew Kelly/Reuters)
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Domenica l’ong OVD-Info, che si occupa di difesa dei diritti umani e contrasto alla repressione in Russia, ha fatto sapere che è morto in un carcere russo Andrei Kotov, un uomo che dirigeva un’agenzia di viaggi e che era stato arrestato il mese scorso con l’accusa di organizzare viaggi per persone della comunità LGBTQ+ (cioè per persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, queer, intersessuali, asessuali e che non si riconoscono nei ruoli di genere tradizionalmente intesi). In Russia sostenere le persone che fanno parte della comunità LGBTQ+ è un reato, nell’ambito di una repressione sempre maggiore messa in atto dal regime di Vladimir Putin.

Kotov, 40 anni, non aveva ancora subìto alcuna condanna ed era detenuto a Mosca in attesa del processo. All’avvocato di Kotov è stato detto che l’uomo si sarebbe suicidato e che sarebbe stato trovato morto in cella domenica mattina, sempre secondo quanto riferisce OVD-Info.

L’accusa formale nei confronti di Kotov era di organizzare e partecipare ad attività «estremiste», in riferimento a due viaggi che aveva pianificato di recente con la sua agenzia. Secondo l’accusa erano dedicati a persone della comunità LGBTQ+, Kotov invece aveva respinto questa versione e sostenuto che fossero semplici gite in barca e uscite per pescare. Il mese scorso OVD-Info e altri media indipendenti avevano riferito che durante il suo arresto Kotov era stato picchiato e gli erano state date scosse elettriche anche se non aveva opposto resistenza.

Negli ultimi anni in Russia i diritti delle persone della comunità LGBTQ+ sono stati progressivamente repressi, e lo scorso anno la Corte Suprema del paese aveva definito il movimento LGBTQ+ un’organizzazione estremista, vietandone ogni tipo di attività e rendendo illegale l’attivismo in suo sostegno.

Da allora chi ha a che fare in modo più o meno diretto con la comunità LGBTQ+ vive in un clima di intimidazione, e rischia di essere perseguito penalmente e andare in carcere per azioni che nei paesi democratici sono considerate normali e innocue. Ci sono state per esempio condanne per un uomo che aveva condiviso online una foto della bandiera arcobaleno (simbolo della comunità LGBTQ+), o per una donna che indossava orecchini a forma di rana con sopra un arcobaleno.

Il dittatore russo Vladimir Putin sostiene che i paesi occidentali vogliano mettere in pericolo i valori della famiglia tradizionale in Russia promuovendo i diritti delle persone LGBTQ+.