Il ministero dell’Interno vuole delle “zone rosse” per la sicurezza in tutta Italia
Sono posti delle città in cui le forze dell'ordine possono vietare l'accesso a persone ritenute pericolose, sulla base di criteri un po' vaghi
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha inviato ai prefetti di tutta Italia una direttiva in cui chiede loro di individuare zone delle città ritenute in base a vari parametri – per la verità piuttosto vaghi – più problematiche di altre per la sicurezza, da cui potere allontanare formalmente persone che il ministero definisce in maniera estremamente generica «soggetti pericolosi», o con precedenti penali.
La direttiva, scritta nell’italiano goffo e contorto tipico dell’amministrazione pubblica italiana, non contiene alcuna nuova misura ma invita semplicemente i prefetti a sfruttare tutte le possibilità del cosiddetto “daspo urbano”: un provvedimento contenuto nel decreto legge n. 14 del 2017 che prevede un ordine di allontanamento – di fatto, un divieto di accesso che può durare giorni o mesi: è fatto così – per tutte le persone che «impediscono l’accessibilità e la fruizione» di luoghi pubblici come stazioni ferroviarie o fermate di mezzi pubblici. In estrema sintesi, è un modo per tenere lontano da questi posti persone e figure percepite come pericolose o minacciose.
Il comma 3 dell’articolo 9 del decreto legge prevede che in casi eccezionali il “daspo urbano” possa essere ordinato anche per impedire l’accesso ad altri spazi pubblici come luoghi «interessati da consistenti flussi turistici» oppure aree «adibite a verde pubblico». Piantedosi, insomma, chiede ai prefetti di sfruttare questa norma per individuare anche queste aree, definite “zone rosse”, da cui tenere lontano le stesse persone che oggi subiscono un “daspo urbano” e non possono avvicinarsi alle stazioni ferroviarie, per esempio.
La direttiva è stata annunciata lunedì 30 dicembre, ma era stata inviata ai prefetti già due settimane prima, il 17 dicembre: è anche per questo che negli scorsi giorni erano state annunciate misure straordinarie per la sicurezza a Milano, che in effetti senza sapere della direttiva del ministero erano apparse un po’ improvvise ed erano arrivate in modo inaspettato (sono entrate in vigore proprio il 30 dicembre). La direttiva inoltre è stata inviata dopo che negli ultimi mesi il ministro aveva già incontrato in più occasioni molti prefetti suggerendo misure di questo genere.
Anche se nella direttiva ai prefetti non vengono mai menzionate direttamente, il comunicato del ministero presenta il provvedimento come un invito a istituire delle “zone rosse” nelle città. Non c’è alcun obbligo, e anche l’invito non riguarda tutte le città in eguale misura: ci sono città dove misure di sicurezza di questo genere sono ritenute più pertinenti e città in cui non sono necessarie. L’interpretazione dell’invito è quindi ampiamente demandata ai singoli prefetti e alle singole città.
Anche su come debbano essere individuate le “zone rosse” si lascia una certa libertà ai prefetti: il ministero suggerisce solo che venga fatto «in tutte le aree maggiormente esposte al rischio di proliferazione di forme di illegalità diffusa o di criminalità», oppure le descrive semplicemente come «contesti urbani ritenuti sensibili». Non c’è un invito a rafforzare i controlli di polizia, ma da tempo l’indicazione del ministero è di farlo quando è necessario in particolari occasioni, come eventi affollati e altre situazioni ritenute a rischio. Vengono dati anche altri suggerimenti come quello di aumentare la videosorveglianza o garantire l’illuminazione delle aree verdi.
Il cosiddetto “daspo urbano” è da tempo molto criticato dalle associazioni che si occupano di persone in difficoltà e ai margini della società per via dell’amplissima discrezionalità garantita alle forze dell’ordine, che di fatto possono allontanare chiunque impedisca «l’accessibilità e la fruizione» di un luogo pubblico. Nel 2019 per esempio venne allontanato da alcune zone di Pavia un uomo che stava semplicemente chiedendo l’elemosina: fece ricorso al TAR della Lombardia e nel 2020 vinse la causa. Due anni dopo la questura di Milano ha notificato un “daspo urbano” ad alcune persone in fila davanti alla stessa questura per chiedere protezione internazionale.
Nel comunicato del ministero fra l’altro si fa anche una certa confusione nell’individuare le persone da allontanare dalle cosiddette “zone rosse”. Si dice per esempio che saranno «soggetti pericolosi o con precedenti penali»: ma in realtà la possibilità di allontanare persone con precedenti è contenuta in un disegno di legge sulla sicurezza ancora in corso di esame dal parlamento, e finora criticatissimo dalle associazioni che si occupano di diritti.
Esiste, comunque, grande flessibilità nella valutazione del livello di pericolosità e minacciosità di una certa persona, con il rischio di acuire discriminazioni già esistenti nei confronti delle persone non bianche.
Il ministero sostiene che misure del genere si siano già dimostrate efficaci a Firenze e Bologna, dove le indicazioni di Piantedosi sulle “zone rosse” sono già state recepite da qualche tempo. A sostegno di questa valutazione positiva viene citato il dato secondo cui negli ultimi tre mesi nelle due città sono state controllate 14mila persone, 105 delle quali hanno ricevuto un provvedimento di allontanamento (quindi una percentuale piuttosto bassa, pari allo 0,75 per cento). I controlli possono avvenire naturalmente in qualsiasi zona della città, mentre il daspo riguarda poi solo alcune zone specifiche.
A Milano l’istituzione delle “zone rosse” è stata presentata come una misura per garantire maggiore sicurezza durante la notte di Capodanno e poi per i mesi successivi, ed è in vigore dal 30 dicembre al 31 marzo. Nella direttiva del ministero non si danno indicazioni temporali per le misure che vengono suggerite, e c’è solo un piccolo riferimento alla notte di Capodanno, senza particolari vincoli: era prevedibile però che alcune città avrebbero adottato le misure suggerite dal ministero per Capodanno, visto che è una di quelle occasioni con un grande afflusso di persone e potenzialmente più a rischio descritte dalla direttiva.
Le “zone rosse” di Milano sono state individuate attorno alle stazioni di Centrale, Garibaldi e Rogoredo, e nelle zone della Darsena e dei Navigli, molto frequentate soprattutto di sera, sia da turisti sia da milanesi, per via dell’alta concentrazione di locali notturni. È stata istituita una “zona rossa” anche in piazza Duomo, che non è solitamente un luogo affollato di sera (ma è probabile che lo sia la notte di Capodanno). Questi ultimi due luoghi rientrano probabilmente nelle aree aggiuntive per cui è previsto emanare un “daspo urbano”, cioè luoghi solitamente molto frequentati dai turisti.