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  • Lunedì 30 dicembre 2024

LeBron James ha 40 anni, e comincia a sentirli

Per la prima volta in 22 stagioni la sua squadra va meglio quando lui non gioca

LeBron James, 40 anni, da 22 gioca in NBA (AP Photo/Mark J. Terrill)
LeBron James, 40 anni, da 22 gioca in NBA (AP Photo/Mark J. Terrill)
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Il cestista statunitense LeBron James sta giocando con i Los Angeles Lakers la sua ventiduesima stagione in NBA, il principale campionato di basket statunitense. Finora ha giocato 28 partite in cui ha totalizzato 23,5 punti, 7,9 rimbalzi e 9 assist di media, statistiche eccellenti soprattutto se si considera che il 30 dicembre 2024 ha compiuto 40 anni ed è il più vecchio giocatore del campionato. Ciononostante questa è la prima stagione della sua carriera in cui la sua squadra va meglio nei minuti in cui James sta in panchina, almeno per il momento.

Nelle precedenti ventuno stagioni infatti la differenza tra i momenti in cui James giocava e quelli in cui stava in panchina era sempre positiva in suo favore: con lui in campo, le sue squadre mediamente ogni cento azioni d’attacco facevano oltre 10 punti in più rispetto a quando non giocava (in diverse stagioni il differenziale superava addirittura il +15). Nella prima parte di questa stagione invece con James in campo il differenziale è di -10 e in generale diversi indicatori statistici dei Lakers, in particolare difensivi, peggiorano con lui in campo.

Il giornalista sportivo Kirk Goldsberry ha scritto un approfondimento sul sito The Ringer raccogliendo questo dato del differenziale e altre statistiche che dimostrano come James stia (comprensibilmente) faticando più degli anni passati ad avere un impatto positivo sul gioco e sui risultati dei Los Angeles Lakers, una squadra che comunque ha diversi problemi.

Tra le tante cose eccezionali che hanno reso James uno dei giocatori più forti e longevi di sempre (è già al primo posto per punti segnati e minuti giocati in NBA) c’è stata senza dubbio la sua capacità di modificare, col tempo, il suo modo di giocare, adattandolo ai cambiamenti nel gioco e nel suo fisico e aggiungendovi ogni anno nuove dimensioni e abilità. Rispetto alle prime stagioni James è un giocatore meno aggressivo, che “attacca meno il ferro”, si dice in gergo, cioè punta meno volte a concludere le azioni facendo canestro da vicino (spesso con una schiacciata).

Di recente questa cosa sta diventando sempre più evidente: pur avendo ancora un fisico potente ed esplosivo, James oggi fatica un po’ di più a lanciarsi verso il canestro e a correre in transizione: «Non è mai stato così poco propenso ad arrivare al ferro. Non è mai stato più propenso a tentare un tiro da tre punti», ha sintetizzato Goldsberry, lasciando intendere che James sia diventato più prevedibile (ovviamente sempre in modo relativo, ricordando che rimane tutt’oggi un giocatore d’élite). Per anni James è stato il giocatore più difficile da marcare, per l’intensità e l’intelligenza con cui attaccava le difese avversarie: oggi non è più così.

Tutta la squadra sta risentendo delle sue difficoltà nel portare la palla con velocità nell’area avversaria, perché la sua aggressività e velocità offensive sarebbero fondamentali non solo per segnare direttamente un canestro, ma anche per concentrare su di sé le attenzioni della difesa avversaria e aprire quindi spazi per i compagni, da servire poi con i suoi passaggi illuminanti (è anche il quarto giocatore di sempre per assist fatti).

Stop that LeBron

È però in difesa, forse, che i quarant’anni di LeBron James cominciano a farsi sentire in modo maggiore. Nei 35 minuti di media (su 48) in cui c’è James, i Lakers sono la venticinquesima squadra del campionato (su 30) per valutazione difensiva, cioè per punti concessi agli avversari ogni 100 possessi; senza di lui sono la terza.

I Lakers sono una squadra che fatica a difendere in transizione, cioè quando perde palla e deve rientrare velocemente verso la sua metà campo: con LeBron James sono ancora peggio, per ora, ed è strano da immaginare per un giocatore che ha sempre avuto un rendimento eccellente in questo tipo di difesa. La sua singola azione forse più iconica è un ripiegamento difensivo, quello con cui stoppò il canestro di Andre Iguodala dei Golden State Warriors in un momento cruciale delle Finals del 2016, poi vinte dai Cleveland Cavaliers (la squadra di James).

«La difesa in transizione è una vera seccatura, soprattutto a 39 anni, e un’altra manifestazione dell’età è che l’impegno di James in difesa è passato dall’essere affidabile a occasionale, in particolare nei contropiedi», si legge ancora su The Ringer. Secondo una statistica avanzata citata dal sito, James è stato un difensore “negativo” solamente in due stagioni, la prima in cui giocò in NBA e quella attuale; nel 2011-2012, quando giocava per i Miami Heat, fu il miglior difensore della lega in base a questo dato.

Nonostante tutto, LeBron James rimane uno dei giocatori più forti anche a livello assoluto, cioè senza tenere in conto che ha 40 anni. I Lakers hanno diverse cose che non vanno, ma hanno comunque vinto 17 partite su 30 giocate: sono sesti nella Western Conference, quindi pienamente in gioco per raggiungere i playoff (ci vanno otto squadre, le prime sei più le due vincenti del mini-torneo tra le squadre dalla settima alla decima). È anche ipotizzabile che, proprio considerata l’età e la meticolosa cura con cui affronta ogni dettaglio del suo allenamento, James stia provando a gestire le sue energie per arrivare in forma nei momenti decisivi della stagione. Non è detto, insomma, che i dati del suo impatto sulla squadra non migliorino nei prossimi mesi.

Soprattutto, James è forse il giocatore più rappresentativo e conosciuto dell’NBA, persino oggi che è invecchiato tanto da giocare assieme a suo figlio. Nella partita di Natale contro i Golden State Warriors, vinta dai Lakers per 115 a 113, James ha segnato 31 punti, ha fatto 10 assist e ha perso solamente una palla. Alla fine della partita, la più vista in tv negli Stati Uniti degli ultimi cinque anni tra quelle di stagione regolare, gli hanno chiesto cosa rendesse l’NBA speciale ancora oggi: «LeBron e Steph», ha risposto, riferendosi a se stesso e a Stephen Curry dei Golden State Warriors, avversario di tante partite importanti, tra cui quattro Finals consecutive tra il 2015 e il 2018.