Il governo non si è liberato dei giudici che hanno ostacolato il trattenimento dei migranti in Albania
Aveva spostato le competenze dai tribunali alle Corti d'appello, e ora la Corte d'appello di Roma ha spostato i giudici
Nei giorni scorsi c’è stato un ulteriore sviluppo nella vicenda che contrappone il governo alla magistratura sulla questione dei centri per richiedenti asilo del governo italiano in Albania, che va avanti da mesi. A dicembre il governo aveva ottenuto di togliere la competenza su questi casi ai giudici dei tribunali (cioè gli organi di giudizio di primo grado), dopo che quelli del tribunale di Roma avevano deciso di non convalidare il trattenimento di persone migranti nei centri per ben due volte, ostacolando di fatto i piani del governo.
Con la legge di conversione del cosiddetto “decreto flussi”, il governo ha ottenuto che siano le Corti d’appello a decidere sui procedimenti di convalida o proroga del trattenimento delle persone richiedenti asilo, e non più le sezioni specializzate dei tribunali, che sono appunto quelle preparate sul tema. La decisione, di cui si discuteva da ottobre, aveva suscitato moltissime proteste nella magistratura, che l’aveva definita un «disastro annunciato» che avrebbe rischiato di rallentare molto l’attività delle Corti d’appello. Dal 18 dicembre, quindi, per gestire questi casi, il presidente della Corte d’appello di Roma Giuseppe Meliadò ha legittimamente deciso di impiegare temporaneamente dei magistrati dal tribunale, tra cui gli stessi specializzati in immigrazione che non avevano convalidato i rimpatri e che il governo voleva evitare.
Quello che ha fatto Meliadò si chiama applicazione, ed è un provvedimento temporaneo per cui uno o più magistrati vengono trasferiti dall’ufficio in cui lavorano per sopperire a una carenza di personale da altre parti. Nel momento in cui la Corte d’appello di Roma si è trovata a occuparsi di una nuova competenza che prima non aveva ha deciso legittimamente di “applicare” i giudici della sezione Immigrazione del tribunale, cancellata dal decreto. Meliadò ha spiegato che «la Corte di Roma è impossibilitata a far fronte con i suoi attuali organici a queste nuove competenze che determinano una vera e propria situazione di emergenza per l’ufficio».
Tra ottobre e novembre i giudici del tribunale di Roma per due volte non avevano convalidato il trattenimento di persone migranti nei centri in Albania basandosi su una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il principale tribunale dell’Unione. La questione, per farla breve, riguarda la definizione di «paesi di origine sicuri», dal momento che il governo italiano ha stabilito che nei centri in Albania possono andare soltanto migranti che provengono da questi paesi (è una definizione prevista dalle attuali norme europee sulla migrazione). Il tribunale di Roma aveva fatto sapere di non poter convalidare il trattenimento dei migranti perché, nei casi esaminati, Bangladesh ed Egitto – che pure il governo aveva da poco incluso nella lista dei paesi sicuri – non sono da considerarsi paesi sicuri secondo i criteri stabiliti dalla sentenza della Corte di Giustizia. Il diritto dell’Unione Europea ha preminenza su quello italiano, secondo la Costituzione.
Il governo aveva attaccato con toni molto duri il tribunale, accusandolo di avere preso una decisione di natura politica, e il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva sostenuto che i giudici di Roma avessero preso una decisione che esulava dalle loro competenze. In generale era emersa una vecchia questione politica molto cara al governo, secondo cui le leggi europee non dovrebbero prevalere su quelle italiane.
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La questione era diventata un po’ un caso quando il miliardario Elon Musk, vicino a Giorgia Meloni, aveva pubblicato alcuni messaggi in cui criticava i magistrati italiani, mettendo anche in dubbio l’ordinamento democratico italiano e portando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a rispondere un comunicato dai toni piuttosto duri in cui difendeva la «sovranità» dell’Italia.
Per aggirare il problema Fratelli d’Italia aveva quindi deciso di spostare la competenza sul tema dai tribunali alle Corti d’appello con un emendamento del “decreto flussi”, il provvedimento annuale che permette l’ingresso in Italia ad alcune categorie di lavoratori stranieri. Lo spostamento, che non era motivato da nessuna ragione tecnica, stabiliva inoltre che la Corte d’appello giudicasse questi casi in “composizione monocratica”, cioè con un giudice solo, diversamente da come lavorava prima.
I magistrati applicati nella Corte d’appello di Roma sono sei in tutto. Quattro sono giudici spostati dal tribunale che si erano occupati dei centri in Albania: Antonella Marrone, Maria Rosaria Ciuffi, Cecilia Cavaceppi e Giuseppe Molfese. La competenza riguardo la gestione dei centri in Albania è esclusivamente della Corte d’appello di Roma, ma la stessa decisione potrebbe essere presa in futuro anche da altre Corti d’appello in Italia per la gestione di altri casi in materia di immigrazione.
Il 19 dicembre una sentenza della Cassazione ha inoltre stabilito che i giudici hanno agito legittimamente nel decidere di non convalidare il trattenimento dei migranti nei centri, valutando caso per caso e non limitandosi a consultare la lista dei paesi sicuri redatta dal governo.