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  • Venerdì 27 dicembre 2024

La proposta di togliere Isernia al Molise e darla all’Abruzzo

Sono state presentate le firme per indire un referendum nella provincia, i cui promotori hanno un obiettivo più ambizioso ancora

Isernia fotografata il 28 marzo 2021 (Antonio Masiello/Getty Images)
Isernia fotografata il 28 marzo 2021 (Antonio Masiello/Getty Images)
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Il 12 dicembre a Isernia sono state depositate le firme per chiedere un referendum sulla possibilità di aggregare tutta la provincia all’Abruzzo, staccandola quindi dal Molise. Può sembrare una proposta un po’ fantasiosa e invece è piuttosto seria, se ne parla da anni ed è portata avanti da abitanti della provincia che lamentano la scarsità dei servizi essenziali offerti dal Molise, una regione in cui è difficile anche solo spostarsi a causa dei trasporti carenti, in cui la sanità è commissariata da quindici anni e che per questi e altri motivi è sempre meno popolata: è passata da 313mila abitanti nel 2013 a 290mila nel 2023.

Le firme per il referendum sono state raccolte e depositate dal “Comitato per l’aggregazione della provincia di Isernia alla regione Abruzzo”: ne avevano oltre 5.200, cioè più delle 5mila necessarie. Non sono poche se si considera che la provincia di Isernia, la meno popolosa d’Italia, ha circa 80mila abitanti, dei quali quasi 70mila hanno diritto al voto: quelli che possono esprimersi su questa questione però sono ancora meno, secondo una stima del comitato tra le 50 e le 60mila persone, corrispondenti alla popolazione residente nella provincia negli ultimi tre mesi. Tutti gli altri abitanti del Molise fanno parte della provincia di Campobasso, il capoluogo di regione.

La provincia di Isernia comprende 52 comuni e il territorio confina a nord con l’Abruzzo, per questo si può chiedere un referendum di questo tipo. Lo statuto provinciale prevede infatti che si possa ricorrere a una consultazione popolare per le questioni che riguardano l’accorpamento di enti locali, a patto che siano limitrofi. È una cosa che si può fare in tutto il paese (anche se poi ciascun ente può regolarla in modi diversi) in base all’articolo 132 della Costituzione, che garantisce la possibilità che un comune o un’intera provincia «siano staccati da una regione ed aggregati ad un’altra», se ne fanno richiesta e dopo l’approvazione popolare attraverso un referendum.

L’ambizione del comitato in realtà è ben maggiore del solo distaccamento della provincia di Isernia: il presidente Antonio Bucci dice che il vero obiettivo è accorpare tutto il Molise all’Abruzzo. Ma provare a farlo in modo diretto, chiedendo l’accorpamento delle due regioni, sarebbe assai più complicato, perché bisognerebbe passare da una legge costituzionale (che richiede procedure più complesse di una legge ordinaria) e poi dall’approvazione dei consigli regionali di Abruzzo e Molise.

Secondo Bucci quest’ultima approvazione in particolare sarebbe molto difficile da ottenere per via di un conflitto di interesse. I consiglieri regionali del Molise infatti dovrebbero votare per abolire l’ente regionale per cui lavorano, e quindi il proprio posto di lavoro da consiglieri.

«Allora noi abbiamo provato una strada alternativa», dice Bucci, cioè «chiedere l’accorpamento di un ente locale con la regione confinante». Se Isernia dovesse davvero diventare territorio abruzzese, secondo Bucci «il Molise non potrà restare in piedi come regione con una sola provincia», cioè quella di Campobasso. A quel punto diventerebbe più semplice chiedere una legge costituzionale «per eliminare la regione Molise», dice sempre Bucci, perché «resterebbe una regione ancora più piccola e depotenziata».

Fin da quando esiste, il Molise è un’eccezione. Venne riconosciuto come regione autonoma solo nel 1963, dopo che – almeno nominalmente – dall’Unità d’Italia (1861) e anche con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948) aveva fatto parte di un’unica regione con l’Abruzzo, chiamata appunto “Abruzzi e Molise”. Il Molise è l’unico caso di regione formatasi per distaccamento da un’altra nella storia italiana. Per approvarne l’istituzione fu necessaria una deroga alla norma costituzionale secondo cui ogni regione di nuova formazione deve avere almeno 1 milione di abitanti: all’epoca il Molise ne aveva circa 350mila.

La provincia di Isernia nacque ancora dopo, con il distaccamento di 52 comuni dalla provincia di Campobasso nel 1970.

Il borgo di Pesche in provincia di Isernia (Mariella Spaziano/Ansa)

Fino al 1963 il territorio che oggi corrisponde all’intero Molise era stata la provincia di Campobasso all’interno della regione Abruzzi e Molise, poi si distaccò per formare una regione a sé. Nel territorio esisteva da tempo una spinta “regionalista” – venne chiamata così – per rendere il Molise autonomo: ne discusse lungamente anche l’Assemblea Costituente, cioè l’organo che dal 1946 al 1948 scrisse la Costituzione italiana stabilendo tra le altre cose la suddivisione regionale del territorio. A sostenere la causa autonomista del Molise furono soprattutto due membri molisani dell’Assemblea, Michele Camposarcuno e Francesco Colitto, insieme a un altro che invece molisano non era, lo scrittore e politico sardo Emilio Lussu.

I primi due facevano valere soprattutto ragioni culturali e identitarie, mentre il terzo parlava dell’autonomia del Molise soprattutto in termini pratici, facendo notare che anche il nome della regione “Abruzzi e Molise”, che esisteva già dall’Unità d’Italia, riconosceva già una forma di indipendenza di fatto al territorio.

Le ragioni più concrete comunque avevano a che fare col fatto che la provincia di Campobasso doveva appoggiarsi ad altre città praticamente per qualsiasi ufficio pubblico, dalla motorizzazione a Pescara alla Corte d’Appello che era a Napoli. L’idea era che diventando una regione autonoma si potesse accentrare tutto su Campobasso: a distanza di decenni però molti di quei problemi non sono stati del tutto risolti.

La dipendenza della provincia di Campobasso da varie altre province vicine è il motivo per cui nell’Assemblea Costituente furono proposte anche altre soluzioni di accorpamento, non solo quella con l’Abruzzo: si parlò per esempio della possibilità di istituire la regione “Sannio”, che comprendesse le province di Campobasso, Benevento e Avellino (che poi invece finirono in Campania), ma fu poi accantonata. Alla fine la Costituente istituì 19 regioni, con Abruzzi e Molise insieme.

Queste ragioni a favore dell’autonomia del Molise rimasero valide fino al 1963, quando poi il territorio divenne effettivamente indipendente. Bucci e altri sostenitori del comitato che oggi vuole riaccorpare il Molise all’Abruzzo tendono a ridimensionare l’esistenza di un sentimento autonomista diffuso tra la popolazione molisana negli anni Cinquanta e Sessanta: oggi è difficile verificare quante persone molisane all’epoca fossero realmente favorevoli a costituirsi come regione autonoma, o quanto invece fosse una battaglia di pochi intellettuali.

Secondo Bucci e altri, le ragioni dei movimenti regionalisti molisani furono accolte soprattutto per motivi di convenienza politica ed elettorale. La Costituzione prevede infatti che ogni regione debba avere un numero minimo di rappresentanti eletti in Senato, almeno tre per ciascuna, tranne che per la Valle d’Aosta (1) e dal 1963 il Molise, a cui ne furono assegnati due. Con l’istituzione del Molise la Democrazia Cristiana aveva due senatori in più assicurati, visto che nella zona era ampiamente il primo partito: secondo Bucci questa sarebbe la vera ragione per cui si fecero tante deroghe pur di creare il Molise. Oltre a non avere il requisito costituzionale del milione di abitanti, la regione fu istituita senza che si passasse da un referendum popolare, come previsto invece sempre dall’articolo 132 della Costituzione.

Le ragioni di convenienza politica secondo Bucci sono le stesse che oggi stanno rallentando il distacco di Isernia dal Molise, e per cui il governo regionale non accetterebbe mai un accorpamento all’Abruzzo. È per questo che il comitato, aiutato da diversi consulenti esperti di diritti costituzionale, sta tentando una strada in cui la politica ha una capacità di intervento limitata.

Una locandina del Comitato per l’accorpamento della provincia di Isernia all’Abruzzo

Ora che sono state depositate le firme con la richiesta di referendum la provincia di Isernia dovrà assicurarsi che i firmatari abbiano diritto di voto, ma non potrà esprimersi nel merito del quesito. A quel punto dovrà passare le firme alla Corte di Cassazione, che farà un ulteriore controllo formale sulla legittimità delle firme ed eventualmente passerà la questione al presidente della Repubblica, che poi può indire il referendum. Perché venga approvato serve che voti almeno la metà delle persone che ne hanno diritto, e poi che tra queste prevalga la volontà di accorpare Isernia all’Abruzzo.

Una volta approvato il referendum, l’articolo 132 della Costituzione dice che si può procedere a fare una legge ordinaria che sancisca il passaggio della provincia da una regione all’altra, dopo che sono stati «sentiti i consigli regionali»: questa formulazione non chiarisce del tutto se i consigli regionali possano impedire con un voto l’accorpamento della provincia, ma Bucci è fiducioso perché ci sono stati precedenti giuridici simili in cui l’esito del referendum ha prevalso sul giudizio dei consigli regionali.

Fin qui il presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, non si è espresso pubblicamente sulla questione. Secondo Bucci il motivo è facilmente intuibile e ha a che fare col fatto che il Molise è guidato da una giunta della stessa parte politica di Marsilio, cioè dal centrodestra. Il presidente del Molise è Francesco Roberti di Forza Italia, che fin qui ha minimizzato la portata del referendum e si è detto contrario alla possibilità che una delle due province della regione venga accorpata a un’altra. Diversi sindaci dei comuni abruzzesi vicini alla provincia di Isernia, così come i presidenti delle province di Chieti e L’Aquila, hanno invece detto di essere favorevoli all’accorpamento.

Anche il principale quotidiano dell’Abruzzo, Il Centro, ultimamente ha raccontato con una certa enfasi i vari passaggi burocratici compiuti dal comitato e si è mostrato favorevole, con prime pagine molto eloquenti. Una di queste, l’11 dicembre, mostrava una foto con una bandiera ispirata a quella degli Stati Uniti, ma con i colori di quella dell’Abruzzo, con sopra cinque stelle che indicavano le quattro province abruzzesi attuali (L’Aquila, Pescara, Chieti e Teramo) e quella che vorrebbe diventarlo, Isernia. Il titolo era “United States of Abruzzi”.

La prima pagina del Centro dell’11 dicembre