Internet veloce è arrivato nelle piccole isole italiane
Sono serviti un robot, due navi e molti soldi
All’inizio di dicembre sono finiti i lavori per collegare 21 piccole isole italiane alla rete in fibra ottica e alla rete 5G, indispensabili per avere una connessione internet veloce. Il progetto è stato finanziato dal governo con i fondi del PNRR, il piano di riforme e investimenti da realizzare entro giugno del 2026 creato coi fondi europei del Next Generation EU. Negli ultimi due anni sono stati investiti 45 milioni di euro per ridurre il divario digitale e tentare di fermare lo spopolamento.
Le isole collegate sono Capraia nell’arcipelago toscano; Levanzo e Marettimo alle Egadi; Vulcano, Lipari, Salina, Filicudi, Alicudi, Panarea e Stromboli, cioè le Eolie; Pantelleria, Linosa, Lampedusa e Ustica in Sicilia; Ponza, Ventotene e Santo Stefano, cioè le pontine, nel Lazio; San Pietro e Asinara in Sardegna; San Nicola e San Domino che fanno parte delle isole Tremiti, in Puglia. I lavori sono stati affidati all’azienda Elettra Tlc, specializzata nella posa di cavi sottomarini. Finora le isole sfruttavano per lo più ponti radio, cioè connessioni wireless a radiofrequenza, meno stabili e affidabili rispetto ai collegamenti via cavo.
I cavi sottomarini sono stati posati da un robot e da due navi, la Teliri e la Meucci. Il robot sottomarino serve a ispezionare la rotta per evitare di intralciare infrastrutture già esistenti come altri cavi o metanodotti. Lo stesso robot srotola e posa i cavi, in più rileva e trasmette i dati relativi alla posizione e alla profondità, e registra video per i successivi controlli. Nel caso del progetto legato alle piccole isole il robot è stato manovrato dal personale presente sulla nave Teliri, mentre la Meucci ha svolto le ispezioni conclusive.
I collegamenti in fibra ottica in posti così remoti devono essere finanziati con fondi pubblici perché le piccole isole sono aree definite “a fallimento di mercato”, dove un operatore privato non ha interesse a investire: per portare cavi con la fibra ottica servono molti soldi e i potenziali clienti sono pochi. Se la connessione viene finanziata con soldi pubblici, come in questo caso, gli operatori devono garantire soltanto un collegamento dalle centrali di distribuzione (chiamate anche “armadi”) alle singole case. Nei prossimi mesi si saprà se qualcuno deciderà di fare offerte.
I governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni hanno finanziato diversi piani per portare la connessione veloce nelle cosiddette aree interne, come i paesi di montagna. Queste aree si dividono in “bianche” e “bianchissime”, entrambe a bassa densità abitativa. Nelle aree bianche esistono connessioni a banda larga spesso precarie. Nelle aree “bianchissime” invece non c’è proprio il collegamento a internet: sono completamente offline.
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I progetti furono gestiti tramite bandi vinti tutti da Open Fiber, una società controllata da Cassa Depositi e Prestiti e dal gruppo Macquarie, una banca di investimenti australiana che nel 2021 ne acquistò il 40% da Enel. Open Fiber vinse i bandi grazie a un’offerta da 1,6 miliardi di euro.
Il piano è ancora in corso: interessa 7.413 comuni italiani dove devono essere coperte in totale 8,4 milioni di case (i comuni in totale sono circa 7.900). Di queste, 6,3 milioni con la tecnologia FTTH, Fiber to the Home, una connessione in fibra ottica dalla centrale di trasmissione fino al modem in casa. I restanti 2,1 milioni devono essere collegati con la tecnologia FWA, Fixed Wireless Access, utilizzata soprattutto nelle aree bianchissime: questa tecnologia consiste nella creazione di un ponte radio attraverso cui è possibile inviare il segnale di banda ultralarga da un trasmettitore all’altro.
Secondo un’indagine della Corte dei Conti dello scorso febbraio il piano è in ritardo. Alla fine del 2023 erano state collegate 3,4 milioni di case con tecnologia FTTH, il 54 per cento dell’obiettivo, mentre erano 400mila le case collegate con tecnologia FWA, circa il 20% del previsto. I ritardi sono stati causati in parte dall’aumento dei costi dei materiali che hanno rallentato le forniture. Nella legge di bilancio del 2025 il governo ha inserito 660 milioni di euro per Open Fiber per far fronte all’aumento dei costi.