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  • Mercoledì 25 dicembre 2024

L’India ci prova anche con la produzione di cioccolato

Fino a vent'anni fa pochi adulti lo mangiavano, ora i consumi e i prezzi sono in crescita e in vari stati sono aumentate le piantagioni

Lavoratrici indiane in una fiera del cioccolato a Bangalore, nel luglio del 2024 (EPA/JAGADEESH NV)
Lavoratrici indiane in una fiera del cioccolato a Bangalore, nel luglio del 2024 (EPA/JAGADEESH NV)

La pianta del cacao cresce in una ridotta fascia equatoriale del pianeta: quattro paesi dell’Africa occidentale (Costa d’Avorio, Camerun, Ghana e Nigeria) ne producono quasi il 70 per cento del totale, e un altro 20-25 per cento è prodotto in Sudamerica. Anche alcuni stati dell’India hanno condizioni climatiche favorevoli per le piante del cacao, ma lì ne viene prodotto meno dell’1 per cento del totale.

Le piante del cacao sono state a lungo considerate poco remunerative in India, perché coltivarle è complesso: danno frutti dopo sette o otto anni, le fave sono difficili da raccogliere con metodi industriali e hanno bisogno di lunghe lavorazioni prima di diventare un prodotto finito e commercializzabile. Inoltre a lungo la domanda interna è stata ridotta. Le cose però stanno cambiando: sempre più aziende agricole indiane stanno investendo in piante di cacao e la produzione è cresciuta del 40 per cento in nove anni, un dato molto alto specialmente se si considerano i tempi lunghi richiesti dalla raccolta delle fave.

La crescita è dovuta a motivi economici e culturali. Fino a una ventina di anni fa in India pochissimi adulti mangiavano cioccolato e dolci al cioccolato, mentre oggi il mercato indiano è quello in più rapida ascesa (insieme a quello cinese): la domanda di cacao cresce di circa il 15 per cento l’anno.

La domanda sta aumentando anche a livello globale, mentre la produzione è stabile o in calo. Questa dinamica favorisce l’aumento dei prezzi, che a metà dicembre hanno raggiunto un record di 12mila dollari a tonnellata sui mercati finanziari.

Da tempo molti operatori in India ritengono che ci siano motivi sufficienti per riconvertire al cacao parte delle attività agricole nelle zone del paese con un clima sufficientemente caldo e umido (la pianta ha bisogno di molta acqua, ma anche di ombra). Già prima dell’ultimo aumento dei prezzi vari stati indiani, fra cui Andhra Pradesh, Telangana e Kerala, avevano incentivato questo tipo di coltivazione. Nonostante in India il consumo pro capite di cioccolato sia di 100-200 grammi l’anno, contro i 5-10 chili dei paesi europei, la produzione è sufficiente a rispondere ad appena un quarto della domanda interna.

Negli ultimi anni India Cocoa, una compagnia privata che raccoglie molti produttori di cacao del paese, sta investendo per migliorare le tecniche di fermentazione delle fave, un processo necessario dopo il raccolto, e per impiantare varietà di piante ibride più resistenti e produttive. In questo modo la società sostiene di aver ottenuto piante resistenti ai virus (che invece negli ultimi anni stanno mettendo in crisi la produzione africana) e alle alte temperature (anche superiori ai 40°C). Le piante ibride sono anche più produttive: «In Kerala otteniamo 2,5 chili di prodotto per pianta, contro 0,25 chili di media mondiale», ha detto al sito Mongabay Minimol J.S., docente dell’Università Agricola del Kerala che con i suoi studi ha contribuito a modificare le varietà coltivate.

Un albero di cacao, con i frutti che contengono le fave (Mario Tama/Getty Images)

Il 90 per cento del cacao locale viene comprato da una sola azienda, la Mondelez, oggi proprietaria dello storico marchio britannico Cadbury, che fu per decenni l’unica marca di cioccolato presente nei negozi indiani. Fu proprio Cadbury a introdurre la coltivazione del cacao in India, nelle regioni meridionali, e solo a partire dagli anni Sessanta. In passato, nel subcontinente indiano il cioccolato era un alimento consumato quasi esclusivamente da chi arrivava dall’Europa.

L’India ha però una tradizione millenaria in fatto di dolci: la raffinazione dello zucchero cominciò nel 500 a.C., quando il prodotto era ancora sconosciuto in Europa, ed esistono parole in sanscrito per indicare i dolci e lo zucchero. Mangiare e offrire dolci è consueto in vari contesti: quando si festeggia qualcosa, quando si riceve qualcuno, quando ci si trova fra amici, ma anche prima di iniziare un lavoro (un detto popolare sostiene che sia di buon auspicio).

La maggior parte dei dolci, chiamati mithai, è a base di zucchero, latte e latte condensato, mentre altri ingredienti comuni sono il pistacchio, il cardamomo, la noce moscata, i chiodi di garofano, il pepe nero e le noci. Anche oggi, dopo molte contaminazioni, tra i circa cento dolci più noti della cucina indiana quelli fatti con il cacao sono due o tre.

La sede della Cadbury a Birmingham, Inghilterra (AP Photo/Matt Dunham, File)

In questo contesto la Cadbury iniziò a vendere sul mercato indiano delle barrette di cioccolato, di varie dimensioni e con un paio di varianti, note con il nome Dairy Milk. Trovarono un loro pubblico soprattutto fra i bambini e restarono per decenni pressoché monopoliste nel settore. Era un cioccolato industriale di qualità media: in India a partire dagli anni Ottanta si sviluppò così una passione di nicchia per il cioccolato belga, più pregiato. Anche oggi, nonostante un’offerta più ampia, è rimasto un sinonimo per parlare di cioccolato “di lusso”.

Il Dairy Milk di Cadbury in India fu considerato un alimento per bambini e quindi mantenne un mercato limitato fino alla metà degli anni Novanta, quando l’azienda lanciò una campagna pubblicitaria destinata a cambiare la percezione del prodotto fra gli adulti. Lo slogan “Asli Swaad Zindagi Ka” (Il vero gusto della vita) e lo spot in cui una donna fa irruzione ballando e sgranocchiando una tavoletta di cioccolata in una partita di cricket furono un successo memorabile, ricordati da almeno un paio di generazioni di indiani, e capaci di cambiare il mercato.

Da allora i consumi sono cresciuti, soprattutto negli ultimi vent’anni. Fino al 2019 Cadbury, acquisita dalla statunitense Mondelez, rappresentava ancora più della metà del mercato del cioccolato indiano, in cui però hanno fatto il loro ingresso anche altre grosse multinazionali come Nestlé o Ferrero. Oggi l’offerta di cioccolato e dolci a base di cacao è più varia e prevede anche una produzione artigianale e di qualità, nonostante rappresenti sempre una porzione ridotta nel mercato dei dolci rispetto agli standard occidentali.

– Ascolta anche: Globo, I paesi del cioccolato, con Sissi Bellomo