L’attacco al più grande ospedale di Haiti
Una banda criminale ha ucciso due giornalisti e un poliziotto presenti alla cerimonia di riapertura della struttura, che era chiusa da marzo
Martedì alcuni uomini armati appartenenti a una banda criminale hanno attaccato le persone presenti alla cerimonia di riapertura del più grande ospedale di Haiti, nella capitale Port-au-Prince, che era chiuso da marzo: nell’attacco sono stati uccisi due giornalisti e un poliziotto, e molte altre persone sono state ferite.
Haiti ha quasi 12 milioni di abitanti e occupa la parte ovest dell’isola di Hispaniola, nei Caraibi (l’altra parte è occupata dalla Repubblica Dominicana). Più dell’80 per cento della capitale Port-au-Prince è controllato da bande criminali. L’ospedale attaccato martedì, che appartiene all’università statale di Haiti, era stato chiuso dopo che le bande criminali ne avevano preso il controllo a marzo, ed era stato ripreso dalle autorità del paese solo in estate.
La cerimonia di martedì era stata organizzata per inaugurare la riapertura al pubblico dell’ospedale: le persone presenti stavano aspettando l’arrivo del ministro della Salute del paese, Duckenson Lorthe Blema, oltre a un autobus che doveva portare sul posto diversi altri giornalisti. Intorno alle 11 del mattino, però, alcuni uomini armati hanno sparato sulle persone in attesa davanti all’ospedale. I due giornalisti uccisi si chiamavano Markenzy Nathoux e Jimmy Jean. L’attacco è stato rivendicato da una coalizione di varie bande criminali chiamata Viv Ansanm, che significa “vivere insieme”, tra le più potenti del paese.
In un video Leslie Voltaire, presidente del consiglio presidenziale di transizione, ha detto che l’attacco è stato «inaccettabile» e che «non rimarrà senza conseguenze». Voltaire è da ottobre a capo del consiglio, che dovrebbe esercitare alcuni poteri che spetterebbero al presidente di Haiti, la cui carica è formalmente vacante dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse nel 2021. Negli ultimi anni il ruolo era stato ricoperto ad interim dal primo ministro Ariel Henry, che si era dimesso a marzo, dopo settimane di intensi scontri e violenze compiute dalle bande contro stazioni di polizia, prigioni e sedi delle istituzioni.
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