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  • Martedì 24 dicembre 2024

La crisi del Torino, Urbano Cairo e i suoi giornali

I tifosi contestano ormai da mesi il proprietario della squadra, ma a leggere Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport sembra non ci siano problemi

Una protesta dei tifosi del Torino contro il proprietario Urbano Cairo, lo scorso 25 agosto (ANSA/JESSICA PASQUALON)
Una protesta dei tifosi del Torino contro il proprietario Urbano Cairo, lo scorso 25 agosto (ANSA/JESSICA PASQUALON)
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Nelle ultime dodici giornate di Serie A, la squadra di calcio del Torino ha perso otto partite e ne ha vinte solamente due, e dopo un ottimo inizio di stagione ora è dodicesima in campionato con soli 5 punti in più della terzultima (cioè la posizione a partire dalla quale si retrocede in Serie B). I tifosi contestano il proprietario e presidente Urbano Cairo da tempo, anche quando sembrava che la squadra stesse andando bene: lo ritengono in generale responsabile di una gestione ben poco ambiziosa, più preoccupata a salvaguardare i conti che a investire sulla squadra, e in modo più puntuale degli ultimi risultati scadenti. Ormai da mesi intonano spesso un coro in cui gli intimano di vendere il club e di andarsene.

Il momento di crisi del Torino, per quanto evidente a chiunque segua il calcio, è raccontato in modi molto diversi sui media italiani, soprattutto sui quotidiani a maggiore diffusione, e non è un caso: Cairo è infatti l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, che sono rispettivamente il più diffuso giornale generalista e sportivo in Italia. Su questi due giornali l’argomento “crisi del Torino” è quasi sempre evitato, e anzi la squadra viene raccontata spesso con toni entusiastici che risultano stranianti rispetto alla situazione reale.

Le critiche a Cairo hanno invece molta più visibilità, e talvolta raccontate anche con toni molto duri, sul secondo e sul terzo (a seconda dei criteri considerati) quotidiano nazionale per diffusione, cioè Repubblica La Stampa: anche a loro però può essere contestato un conflitto di interesse, perché il loro editore, il Gruppo GEDI, è posseduto dagli stessi proprietari della Juventus, cioè la squadra rivale cittadina del Torino (i proprietari sono la famiglia Agnelli-Elkann). Dopo l’ultima sconfitta, per esempio, domenica La Stampa parlava in prima pagina di “disastro Cairo”. È un giornale di Torino e si occupa quindi abitualmente delle due squadre di calcio della città: un po’ più inusuale invece è stato il titolo che aveva in prima pagina Repubblica sulla questione, “Sprofondo Toro. I tifosi contro Cairo”.

C’è da dire comunque che il periodo negativo del Torino è raccontato in modo simile anche da Tuttosport, il principale giornale sportivo della città, che non c’entra niente con GEDI e la Juventus eppure domenica titolava contro il proprietario della squadra: “Cairo, così ha ancora senso?”.

Cairo comprò il Torino nell’estate del 2005, quando la squadra aveva appena dichiarato fallimento per grossi problemi economici. La squadra all’epoca era in Serie B e l’anno successivo tornò subito in Serie A, per poi essere nuovamente retrocessa; dal 2012 gioca stabilmente in Serie A. Negli ultimi dodici anni il Torino si è piazzato quasi sempre a metà classifica, se si escludono due settimi posti e alcuni campionati più negativi (due sedicesimi e un diciassettesimo posto). Per il resto, è arrivato tre volte nono, tre volte decimo e una volta dodicesimo, cioè in quella fascia di classifica in cui si è distanti sia dalle squadre che competono per qualificarsi alle coppe europee, sia da quelle che rischiano di retrocedere.

Tifosi del Torino che cantano «Urbano Cairo devi vendere, vattene»,
sulle note di Sway di Michael Bublé

I tifosi rimproverano a Cairo soprattutto di non essere riuscito a migliorare la dimensione e lo status della squadra, che ha finito per giocare spesso campionati anonimi e dimenticabili, nei quali da metà stagione in poi non ha avuto obiettivi concreti e si è adagiata su una mediocrità poco entusiasmante per chi la segue, come sta accadendo in questa stagione. Dopo due decimi e un nono posto con l’allenatore Ivan Juric, quest’anno Cairo ha puntato su Paolo Vanoli, che aveva appena ottenuto la promozione in Serie A con il Venezia e che viene descritto da molti come un allenatore preparato e in grado di far giocare alle proprie squadre un calcio coraggioso e divertente.

Il Torino di Vanoli era in effetti partito bene ma dopo le prime giornate è molto peggiorato, anche a causa dell’infortunio del suo attaccante principale e capitano, il colombiano Duván Zapata, e in generale di una mancanza di giocatori di alto livello, salvo casi come il centrocampista Samuele Ricci. In estate il club ha ceduto due dei suoi migliori calciatori, il difensore Alessandro Buongiorno al Napoli e l’esterno Raoul Bellanova all’Atalanta, incassando in tutto quasi 60 milioni di euro: solamente una piccola parte di questi è stata reinvestita per acquistare dei sostituti, che infatti non si sono dimostrati all’altezza. Nonostante le spese tutto sommato oculate, negli ultimi sei anni consecutivi il club ha chiuso il bilancio in perdita.

I tifosi insomma ritengono il proprietario non sufficientemente ambizioso per le loro aspettative, molto alte per ragioni più che altro di storia e geografia. Il Torino ha vinto infatti 7 Scudetti (l’ultimo nel 1976) e negli anni Quaranta fu la squadra più forte d’Italia, il cosiddetto Grande Torino; rappresenta inoltre (assieme alla Juventus) una delle principali città italiane e ha tutt’oggi molti tifosi.

Urbano Cairo, 67 anni, è il proprietario del Torino dal 2005 (Gabriele Maltinti/Getty Images)

In tutto questo, come detto, si inserisce la narrazione piuttosto polarizzata dei media di Cairo e degli altri. Cairo è un imprenditore piemontese che si è formato lavorativamente nella Fininvest, la società di Berlusconi, poi nel 1995 ha fondato la Cairo Communication, una società editoriale che negli anni ha acquisito riviste, giornali ed emittenti televisive. Oggi Cairo Communication controlla, tra le altre cose, i quotidiani e i periodici della società editrice RCS MediaGroup, quindi anche la Gazzetta e il Corriere, e i canali televisivi LA7 e LA7D. Cairo è presidente di Cairo Communication, e presidente e amministratore delegato di RCS MediaGroup.

Su questi media le vicende del Torino vengono raccontate in modo diverso dagli altri e quasi sempre indulgente nei confronti di Cairo, che è molto presente anche in prima persona nel discorso, con commenti, interventi, interviste. Dopo la sconfitta per 2-0 subita sabato scorso in casa contro il Bologna, una partita quasi dominata dagli avversari, sulla Gazzetta dello Sport di domenica un articolo riportava le parole di Cairo che parlava di «buona gara», omettendo invece tutta la parte legata alla contestazione avvenuta dopo la partita.

Su Repubblica la situazione del Torino era descritta in termini a tratti drammatici e molto critici nei confronti di Cairo: «Qui invece tutto implode per finire in miseria. Eppure, la metà granata della città, il lieto fine lo agogna da tempo, da tanto tempo: i tifosi – un po’ tutti, trasversalmente – sognano un Babbo Natale che porti sotto l’albero il cambio di guida societaria; et voilà, tutto tornerebbe a filar liscio. Nella filosofia del popolo del Toro, la colpa della crisi è tutta soltanto di Urbano Cairo». Oltre agli articoli di domenica sulla partita, lunedì La Stampa ha pubblicato un editoriale sul «fallimento del progetto di Urbano Cairo». Da qualche settimana sui giornali del gruppo GEDI si parla della possibilità che Cairo ceda il Torino, un’ipotesi smentita da Cairo stesso sul Corriere della Sera.

A volte il modo in cui la presidenza di Cairo al Torino viene raccontata sul Corriere e sulla Gazzetta assume toni quasi grotteschi per il modo in cui vengono sottolineati gli aspetti positivi e omessi quelli problematici. Il 2 dicembre, il giorno dopo la sconfitta del Torino contro il Napoli (che seguiva altre tre sconfitte e un pareggio nelle precedenti quattro partite), sulla Gazzetta dello Sport è uscito l’articolo «Toro, Cairo da record. Nessun granata come lui» perché quel giorno era diventato il presidente più longevo della storia del Torino. C’era a margine anche un’intervista all’ex allenatore del Torino Gian Piero Ventura in cui lodava Cairo perché «ha salvato il club e l’ha reso solido».

Il 16 settembre, dopo che nelle prime tre giornate aveva ottenuto 7 punti, il Torino ha pareggiato per 0-0 contro il Lecce, un risultato giudicabile come deludente perché arrivato in casa contro una squadra meno ambiziosa e attrezzata. Sulla Gazzetta però veniva raccontato con questo titolo in prima pagina: «Il Torino solido rimane in alto». Il 25 agosto circa cinquemila tifosi hanno protestato prima della partita contro l’Atalanta in un lungo corteo che esponeva gli striscioni «Il Toro siamo noi!» e «Cairo vattene». Il giorno dopo sulla Gazzetta c’erano due pagine per raccontare la vittoria della squadra contro l’Atalanta e solamente un piccolo riquadro in cui si parlava di una protesta di mille persone per la cessione di Bellanova, senza menzionare Cairo.

Sui giornali di Cairo, insomma, la contestazione dei tifosi quasi non esiste, mentre sui giornali antagonisti sembra sia lui l’unico responsabile dei risultati non soddisfacenti del Torino.

La cessione di Bellanova negli ultimi giorni di mercato era stata quella che aveva definitivamente messo molti tifosi contro la società, nonostante ci fossero già contestazioni da tempo, perché era stata molto inaspettata e perché nelle settimane precedenti Cairo e altri dirigenti del club avevano garantito che il giocatore sarebbe rimasto. Dopo la notizia della cessione Cairo si era difeso dicendo che era Bellanova a volersene andare, e aveva rivendicato: «ho messo di tasca mia 72 milioni nel Toro! Non sono un pozzo senza fondo». Non è ben chiaro a quali uscite si riferisse Cairo e quale periodo stesse prendendo in considerazione: nel calciomercato estivo del 2024 risulta abbia speso circa 25 milioni di euro incassandone quasi 58, il secondo saldo migliore di tutte le squadre di Serie A. Se invece si considerano solo le uscite, il Torino è stata la tredicesima squadra su 20 per spese fatte nel calciomercato.

Non è semplice per le squadre di medio livello avvicinarsi alle migliori del campionato: negli ultimi anni ci è riuscita l’Atalanta, con un progetto coerente e brillante dal punto di vista sia economico che tecnico, e in parte il Bologna. Per il resto, le prime sei, sette squadre di Serie A sono le stesse da anni. Il Torino, nonostante una tifoseria appassionata e ambiziosa e un proprietario che dice di esserlo altrettanto, non è mai riuscito a confermarsi ad alti livelli o a migliorare dopo le stagioni migliori degli ultimi decenni, e questo ha molto influito sul progressivo distacco del pubblico: è la quintultima squadra di Serie A per abbonamenti venduti, e da settimane la curva non canta e non espone striscioni.