• Italia
  • Lunedì 23 dicembre 2024

La donna morta a Palermo dopo otto giorni di attesa in pronto soccorso

Maria Ruggia aveva 76 anni e stava male da tempo: nel recente passato ci sono stati diversi casi simili

L'ingresso dell'ospedale Ingrassia di Palermo, visto da Google Street View
L'ingresso dell'ospedale Ingrassia di Palermo, visto da Google Street View
Caricamento player

Il 20 dicembre all’ospedale Ingrassia di Palermo una donna di 76 anni è morta dopo essere rimasta otto giorni su una barella del pronto soccorso, in attesa di essere ricoverata. In seguito alla denuncia della figlia della donna la procura ha aperto un’inchiesta, e nel frattempo l’azienda sanitaria locale ha avviato un’indagine interna. La donna si chiamava Maria Ruggia. Era stata portata al pronto soccorso lo scorso 10 dicembre perché non mangiava e non beveva da giorni e aveva nausea. Era immunodepressa, in cura per un tumore al seno, cardiopatica e diabetica.

Le gravi condizioni cliniche della donna sono state confermate anche dall’azienda sanitaria locale, secondo cui Ruggia sarebbe arrivata al pronto soccorso «in gravi condizioni di salute e con un complesso quadro clinico». La figlia di Ruggia, Romina Gelardi, ha detto che sua madre aveva contratto anche un’infezione e che non andava in bagno da giorni.

Ruggia era rimasta su una barella nel corridoio del pronto soccorso fino al 18 dicembre, anche perché, secondo quanto detto dai medici alla figlia, non c’erano posti letto liberi in ospedale. Era stata poi ricoverata al reparto di medicina interna il 19 dicembre, quando le sue condizioni erano ormai molto gravi. Secondo il referto medico sarebbe morta per arresto cardiocircolatorio da shock settico, cioè dovuto a una grave infezione.

Gelardi ha detto che negli otto giorni in cui sua madre è rimasta al pronto soccorso non ha ricevuto cure né terapie antibiotiche, e che la sua barella era posizionata in mezzo ad altre persone malate, come lei in attesa di essere assistite, e quindi in condizioni che avrebbero contribuito ad aggravare la sua situazione. Gelardi ha detto che durante quegli otto giorni lei e la zia portavano a Ruggia i farmaci e l’insulina per il diabete, continuando quindi ad assisterla in maniera autonoma, come facevano a casa.

La procura ha fatto sequestrare le cartelle cliniche e il corpo di Ruggia dovrà ora essere sottoposto a un’autopsia per accertare le cause della morte. L’autopsia servirà in particolare a stabilire se la morte della donna avrebbe potuto essere evitata con un ricovero più immediato.

L’azienda sanitaria locale ha detto che in quei giorni il pronto soccorso era sovraccarico di persone, e ha parlato di uno «straordinario afflusso di pazienti».

Uno dei problemi principali degli ospedali pubblici italiani sono le lunghe liste d’attesa dei pronto soccorso e la grave carenza di personale medico, che si aggiunge a carichi di lavoro sempre più pesanti anche a causa dell’impoverimento della medicina territoriale. Molte persone che potrebbero essere curate dai medici di medicina generale vanno in ospedale, dove i posti letto sono insufficienti.

Ci sono stati altri casi recenti di anziani o pazienti fragili, spesso in condizioni gravi, costretti ad aspettare per giorni nei pronto soccorso prima di ricevere assistenza in Toscana, nel Lazio, in Emilia-Romagna, in Puglia e in Lombardia. Spesso le notizie si limitano alle lunghissime attese, ma ci sono anche casi in cui le persone muoiono, ricoverati dopo ore di attesa oppure proprio al pronto soccorso.

Una stima fatta nel 2022 dalla Società italiana medicina di emergenza urgenza (SIMEU) dice che negli ultimi dieci anni le morti in pronto soccorso a causa dei mancati ricoveri sono raddoppiate. In generale ci sono diversi studi sul fatto che il sovraffollamento degli ospedali e dei pronto soccorso contribuisce in maniera significativa a decessi, incidenti, errori di vario tipo e ritardi nella gestione dei singoli casi, esponendo i pazienti a rischi aggiuntivi.

– Leggi anche: Troppa gente va al pronto soccorso