Honda, Nissan e Mitsubishi si vogliono fondere
Sono fra le principali aziende di auto in Giappone, e vogliono creare un gruppo ancora più grande per affrontare meglio la concorrenza cinese
Le aziende automobilistiche giapponesi Honda e Nissan hanno annunciato un memorandum di intesa per avviare i colloqui di fusione fra le due aziende. Il processo dovrebbe concludersi a giugno e coinvolgerà anche Mitsubishi, che è controllata per più di un terzo da Nissan: sono le principali aziende automobilistiche del Giappone, dopo Toyota.
Il piano per fondersi era stato annunciato la settimana scorsa, e ora è stato avviato formalmente. Se andasse a buon fine, il gruppo risultante sarebbe più piccolo di Toyota, ma secondo i dirigenti delle tre aziende potrebbe comunque resistere meglio alla concorrenza globale grazie a migliori economie di scala, che dovrebbero rendere più efficienti i loro investimenti. Il gruppo sarebbe il terzo produttore di auto al mondo, dopo Toyota e la tedesca Volkswagen; e sarebbe più grande di Hyundai (sudcoreana) e di Stellantis (che possiede anche Fiat).
Già ad agosto le tre aziende giapponesi avevano detto che avrebbero condiviso i componenti per le auto elettriche, come le batterie, e avrebbero sviluppato assieme un software per la guida autonoma dei veicoli. Fino a quel momento gli investimenti dei produttori giapponesi sui veicoli elettrici erano considerati piuttosto bassi, cosa che li esponeva maggiormente alla concorrenza dei modelli prodotti in Cina.
Nissan in particolare è considerata quella con i problemi economici maggiori, legati soprattutto a uno scandalo finanziario che portò all’arresto nel 2018 del suo ex amministratore delegato Carlos Ghosn, poi fuggito in Libano in maniera molto rocambolesca. Honda è considerata l’unica azienda, oltre a Toyota, che potrebbe risollevare Nissan dalla crisi. In cambio Honda potrebbe beneficiare dalla maggiore esperienza di Nissan nella produzione di veicoli elettrici e ibridi.
La concorrenza cinese e la transizione dalla produzione di auto a combustione interna a quelle elettriche in effetti ha messo in crisi molti dei principali gruppi automobilistici mondiali. È successo anche a Volkswagen, che ha deciso di non chiudere alcuni stabilimenti in Germania solo dopo una dura trattativa con i sindacati, e a Stellantis, il cui amministratore delegato si è dimesso improvvisamente l’1 dicembre, probabilmente a causa del calo dei profitti e delle vendite.
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