“Squid Game” ha fatto scuola
La serie tv di Netflix ha generato enormi guadagni, creato tendenze e ispirato programmi dozzinali: il 26 dicembre uscirà la seconda stagione
A Parigi lo scorso 1° dicembre 456 persone in tuta verde e scarpe da ginnastica si sono riunite per partecipare a quella che con ogni probabilità è stata la più grande partita di “un, due, tre… stella!” di sempre. Si è svolta sugli Champs-Élysées, nel pieno centro della città; è stata trasmessa in diretta su YouTube e vista da oltre 220mila persone.
Era soltanto uno delle decine di eventi, trovate pubblicitarie e concorsi proposti da Netflix nei mesi scorsi per promuovere la seconda stagione della popolare serie tv sudcoreana Squid Game, che sarà disponibile sulla piattaforma a partire da giovedì 26 dicembre. Il 12 dicembre, per la proiezione dell’anteprima statunitense in un cinema a Los Angeles, Netflix ha messo in palio tra i fan un biglietto per il vincitore o la vincitrice di una corsa di circa 5 chilometri. A New York, Madrid e Sydney ha inaugurato dei grandi parchi a tema, con giochi ispirati alla serie tv e stanze che ne riproducono l’ambientazione.
La prima stagione della serie, diffusa a settembre del 2021, diventò rapidamente il contenuto in streaming più visto e discusso al mondo. Così tanto che i dirigenti inizialmente pensarono che ci fosse un bug nel sistema che conteggia gli streaming, ha detto alla rivista Variety Minyoung Kim, responsabile dei contenuti di Netflix per la regione Asia-Pacifico.
Da allora alcuni riferimenti alla serie sono entrati nella cultura popolare in molti modi diversi, dai costumi di Halloween ai giocattoli ai videogiochi. Sono anche stati prodotti reality show che provano a replicare, senza violenza, i giochi, lo stile o l’estetica della serie: con risultati raramente apprezzati quanto l’originale, e anzi il più delle volte criticati perché considerati banali, raffazzonati o problematici.
La prima stagione della serie racconta la storia di un uomo, interpretato dall’attore sudcoreano Lee Jung-jae, che a causa dei suoi debiti accetta di partecipare a una gara a eliminazione con un cospicuo premio in denaro, basata su vari giochi in cui l’eliminazione implica la morte. Scritta e diretta dal regista sudcoreano Hwang Dong-hyuk, fu molto apprezzata per la qualità estetica, ma soprattutto per la satira sociale e la critica che esprimeva verso il sistema capitalistico e consumistico.
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Kim ha detto di essersi reso conto del successo «surreale» della serie quando alla fine del 2021 notò in un chiosco fuori da un centro commerciale a Glendale, in California, una serie di tute da ginnastica ispirate a Squid Game. Non erano prodotti ufficiali perché la serie era uscita da qualche mese, e non c’era ancora stato nemmeno il tempo di crearli.
La tendenza a cercare di replicare in ogni forma possibile il successo commerciale di Squid Game si è estesa anche ad altri settori dell’intrattenimento, soprattutto i game show in streaming. Una citazione di Squid Game non esplicita ma piuttosto evidente, per esempio, è la serie Beast Games prodotta di recente per Prime Video dal canale YouTube di MrBeast, che il critico Stuart Heritage ha definito sul Guardian «il programma più indecoroso» che avesse mai visto.
È un reality in cui mille concorrenti numerati vivono in spazi ristretti e competono in vari giochi per vincere un premio finale di 5 milioni di dollari. A settembre cinque di loro avevano avviato una class action contro MrBeast e Amazon, accusando la produzione di maltrattamenti diffusi e compensi inadeguati, e di aver provocato ai concorrenti «grave disagio emotivo». È un programma che non sarebbe mai potuto esistere senza Squid Game, ha scritto Heritage, ma come molti altri programmi dello stesso tipo ha fallito rovinosamente nel tenere insieme l’aspetto ludico della serie e quello della satira distopica.
Secondo dati aggiornati allo scorso novembre la prima stagione di Squid Game è stata vista da 330 milioni di persone, per un totale di oltre 2,8 miliardi di ore di visione.
Insieme alla seconda stagione Hwang ha già girato anche la terza, che Netflix dovrebbe diffondere nel 2025. A novembre, intervistato da BBC, aveva spiegato di avere infine ceduto alle richieste di girare altre stagioni soprattutto per i soldi. «Sebbene la prima stagione abbia avuto un enorme successo, onestamente non ho guadagnato molto. Quindi fare la seconda mi aiuterà a compensare anche il successo della prima».
Parlando con Variety Hwang ha descritto lo stress e l’enorme pressione che ha sentito intorno a sé negli ultimi tre anni, dato il successo clamoroso della prima stagione della serie, per cui era stato pagato in anticipo. Non voleva rimettersi al lavoro, ha detto, «perché il processo complessivo di scrittura, produzione e regia è stato molto impegnativo». Ha aggiunto di essere «stufo di vivere una vita fatta solo di cose da fare e da promuovere», e di non avere quindi alcun altro progetto in mente, per adesso. «Sto solo pensando di andarmene su un’isola lontana e avere il mio tempo libero senza telefonate da Netflix».
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