Nella Striscia di Gaza in inverno non c’è niente per coprirsi
Coperte e vestiti pesanti sono introvabili, mentre la pioggia entra nelle tende e impregna i materassi: intanto la consegna degli aiuti umanitari è sempre più complicata
L’inverno è iniziato anche nella Striscia di Gaza, e le persone palestinesi sfollate non hanno nulla con cui coprirsi. Durante la notte le temperature possono scendere sotto i 10°C, e la situazione è resa ancora più precaria dalla pioggia, che entra nelle tende e impregna vestiti e materassi. Secondo le Nazioni Unite almeno 945mila persone nella Striscia hanno bisogno di strumenti per scaldarsi e proteggersi dalla pioggia, e c’è il rischio che con l’inverno aumenti anche la diffusione di malattie infettive.
L’UNRWA, l’Agenzia dell’ONU per i profughi palestinesi, ha distribuito circa 6mila tende nelle ultime settimane, soprattutto nel nord della Striscia. La consegna degli aiuti umanitari è però estremamente complessa, a causa delle restrizioni imposte da Israele e dei frequenti saccheggi condotti da bande di uomini armati palestinesi, che assaltano i convogli per poi vendere sul mercato nero cibo, generi di prima necessità e beni contrabbandati. Spesso i saccheggi avvengono vicino alle postazioni dei soldati israeliani, che assistono senza fare niente.
Louise Wateridge, una portavoce dell’UNRWA, ha detto ad Associated Press che circa 22mila tende sono ferme in Giordania dalla scorsa estate, e in Egitto (che confina con la Striscia) ci sono 600mila coperte e 33 camion di materassi pronti per essere distribuiti alla popolazione palestinese. L’agenzia però non riesce a trasportarli a Gaza, per vari motivi: non ha trovato un accordo con Israele, non trova una via sicura oppure ha dovuto dare priorità alla consegna di altri beni come il cibo, che sono ancora più urgenti.
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Oggi quasi tutti i civili palestinesi che si trovano nella Striscia sono sfollati e vivono in tende o sistemazioni di fortuna. Spesso queste sono costruite con materiali non impermeabili: «Quando piove, diventiamo fradici. L’acqua entra nella tenda, indossiamo vestiti bagnati», ha detto a BBC Salwa Abu Nimer, che ora si trova a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.
Reda Abu Zarada, un’altra donna palestinese che si trova a Khan Yunis, ha detto ad Associated Press: «I topi ci camminano addosso durante la notte perché non abbiamo porte e le tende sono bucate. Le coperte non ci tengono più caldo, sentiamo il gelo salire dal terreno. Ci svegliamo congelati alla mattina».
Ahamd al Razz ha detto al sito Al Monitor che al momento vive sulla spiaggia di Deir al Balah, nella parte centrale della Striscia, in una tenda «costruita cucendo insieme degli stracci e dei sacchi di farina». Negli ultimi mesi molti civili si sono rifugiati a Deir al Balah: Razz ha detto di aver provato a cercare un posto migliore dove dormire, ma di non averlo trovato perché ormai non ci sono più spazi liberi. «Congeliamo ogni notte perché siamo proprio di fianco al mare, e non abbiamo coperte per scaldarci», ha aggiunto.
In alcuni casi è ancora possibile comprare indumenti invernali e coperte al mercato nero, ma i prezzi sono proibitivi per la maggior parte delle persone. Oltre ai vestiti, a Gaza manca praticamente tutto: il cibo, l’acqua potabile, le medicine e le strumentazioni mediche che servirebbero agli ospedali per funzionare.