Due critiche del Consiglio d’Europa all’Italia in pochi giorni

Ha chiesto al Senato di non approvare il “ddl Sicurezza”, e ha diffuso un rapporto molto critico sui CPR

(ANSA/FABIO FRUSTACI)
(ANSA/FABIO FRUSTACI)

Il 16 dicembre Michael O’Flaherty, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha inviato una lettera al presidente del Senato Ignazio La Russa in cui chiede a lui e agli altri senatori di non approvare il “ddl Sicurezza”, un disegno di legge promosso dal governo (e soprattutto dalla Lega) che interviene sui fenomeni legati alla sicurezza urbana e sull’ordinamento carcerario.

Il Consiglio d’Europa è un organo indipendente dall’Unione Europea, che si occupa di democrazia e diritti umani. È la seconda volta in meno di due settimane che critica esplicitamente l’Italia: poche settimane fa aveva diffuso un altro rapporto critico sulle condizioni dei migranti nei CPR, i centri di permanenza per il rimpatrio, cioè le strutture in cui vengono detenute le persone che non hanno un permesso di soggiorno valido per rimanere in Italia, in attesa di essere espulse.

Il “ddl Sicurezza” fu approvato dal Consiglio dei ministri nel novembre del 2023, e poi dalla Camera lo scorso settembre. Ora sta venendo esaminato dal Senato. Molti dei suoi articoli servono per aumentare pene, aggiungere nuovi illeciti e delitti. Il testo prevede, tra le altre cose, la possibilità di arrestare le donne incinte o con figli di meno di un anno e impedisce alle persone che provengono da paesi fuori dall’Unione Europea di acquistare una scheda telefonica senza esibire il proprio permesso di soggiorno.

Introduce anche il reato di «rivolta all’interno di un istituto penitenziario», con pene che vanno da 1 a 8 anni ma che con le aggravanti possono arrivare fino a vent’anni. Il reato si applicherebbe anche ai detenuti che esercitano «resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti», anche se passiva: si tratta di una formulazione così vaga ed estensiva che potrebbe comprendere anche il semplice comportamento di chi fa lo sciopero della fame o di chi disobbedisce pacificamente agli agenti penitenziari, cosa per cui sono già previste sanzioni disciplinari.

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Il disegno di legge introduce inoltre aggravanti ai reati di violenza o resistenza a un pubblico ufficiale, se questi sono commessi per impedire la realizzazione di una cosiddetta «infrastruttura strategica». A metà dicembre queste quattro misure sono state criticate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva sollevato informalmente delle obiezioni su cui il governo sta discutendo.

Anche la lettera di O’Flaherty critica vari punti del disegno di legge. Il commissario sostiene per esempio che il reato di rivolta in carcere sia eccessivamente vago e «dia spazio a interpretazioni sproporzionate e arbitrarie». Sottolinea anche come diverse misure previste dal disegno di legge «riducano i diritti delle persone detenute o in centri di detenzione, che potrebbero avere risorse limitate» per difendersi. Aggiunge che il testo potrebbe «allargare eccessivamente le possibilità per lo stato di intervenire nelle assemblee pubbliche», per esempio le proteste o le manifestazioni.

Alla fine della sua lettera O’Flaherty chiede al Senato di non approvare il testo, a meno che non venga modificato in modo «sostanziale». La Russa ha definito questa richiesta «irrituale», «inaccettabile» e «contraria a ogni principio democratico», e ha accusato il commissario di voler «condizionare la volontà» dei parlamentari. La lettera è invece stata accolta positivamente da alcuni politici di opposizione e da Antigone, associazione che si occupa da anni dei diritti delle persone detenute.

La lettera di O’Flaherty è del 16 dicembre. Pochi giorni prima, il 13 dicembre, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT, un altro organo del Consiglio d’Europa) aveva pubblicato un rapporto critico sul trattamento e sulle condizioni di detenzione dei cittadini stranieri nei CPR di Milano, Roma, Potenza e Gradisca, in provincia di Gorizia.

I CPR sono strutture molto problematiche, dove i migranti vengono sistematicamente sottoposti ad abusi e maltrattamenti e in cui, in generale, le condizioni detentive sono considerate inumane e degradanti, con frequenti atti di autolesionismo e frequenti suicidi al loro interno. Gli abusi e i maltrattamenti all’interno dei CPR, ampiamente documentati da rapporti di organizzazioni che si occupano di diritti umani e da inchieste giornalistiche, sono stati confermati anche dal rapporto del CPT, che cita casi di «accuse di maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte del personale di polizia» nei confronti dei cittadini stranieri, di solito dopo «disordini o atti di vandalismo».

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In sintesi, il Comitato ha ritenuto che nei CPR visitati ci fossero «condizioni materiali molto carenti, assenza di un regime di attività, sproporzionato approccio alla sicurezza, qualità variabile delle prestazioni sanitarie e mancanza di trasparenza». Il governo italiano aveva risposto a quel rapporto con una lunga lettera, in cui sosteneva che il rapporto fosse basato su «considerazioni formulate sulla base di informazioni parziali e incomplete».