La contestata visita di Emmanuel Macron a Mayotte
Nell'arcipelago dell'oceano Indiano devastato dal ciclone ha discusso con gli abitanti, dicendo che la situazione sarebbe molto peggiore se non facesse parte della Francia
Tra giovedì e venerdì il presidente francese Emmanuel Macron è stato nell’arcipelago di Mayotte, nell’oceano Indiano, un territorio d’oltremare della Francia che sabato scorso è stato colpito da un ciclone molto forte, che ha provocato almeno 35 morti e causato ampia devastazione. La sua visita è stata contestata già giovedì sera da varie persone che partecipavano a un suo incontro con la popolazione locale: alcuni hanno intonato un coro per chiederne le dimissioni, criticando sostanzialmente l’entità degli aiuti arrivati dalla Francia continentale, considerati insufficienti.
La risposta di Macron, che è circolata molto online venerdì, è stata molto schietta:
Non mettiamoci gli uni contro gli altri! Perché se mettiamo le persone le une contro le altre siamo fottuti. Voi dovreste considerarvi felici di essere in Francia, perché se questa non fosse Francia, sareste diecimila volte più nella merda di così! Non c’è nessun altro posto nell’oceano Indiano in cui la gente sta ricevendo così tanti aiuti.
Non è la prima volta che Macron usa toni e termini simili: in passato ha anche fatto delle gaffe notevoli, anche in contesti di rappresentanza internazionale.
Mayotte, che si trova nell’oceano Indiano tra Mozambico e Madagascar ed è governato dalla Francia dalla metà dell’Ottocento, è il dipartimento più povero della Francia (e dell’Unione Europea). È un luogo dove le persone vivono soprattutto in baracche, e molte infrastrutture erano fragili e precarie già prima dell’arrivo del ciclone: nel 2023 un’inchiesta di Le Monde aveva mostrato che il governo francese non prestava abbastanza attenzione e risorse per rispondere ai suoi problemi, a partire dalla siccità che ha colpito l’arcipelago a più riprese dal 2016 in poi.
Ricavare una stima attendibile dei morti e dei dispersi a causa del ciclone è difficile ancora una settimana dopo per vari motivi: alla distruzione delle infrastrutture si aggiunge il fatto che a Mayotte vivono decine di migliaia di persone senza documenti, soprattutto migranti. Non essendo registrate come cittadine o residenti in quel luogo è come se formalmente non esistessero, e la loro morte può essere inserita nei conteggi ufficiali solo dopo il ritrovamento dei corpi. A questo però si aggiunge una complicazione di natura religiosa. La religione islamica, la più seguita nell’arcipelago, prevede la sepoltura a 24 ore dalla morte: molti corpi sono quindi stati sepolti prima ancora che i soccorritori potessero conteggiarli e identificarli.
Ora, dopo il ciclone, in molte parti dell’arcipelago manca ancora l’elettricità, i servizi di telecomunicazione sono interrotti e le organizzazioni umanitarie temono che la carenza di acqua potabile possa provocare un’epidemia di colera e di altre malattie. I pontili del porto di Mamoudzou, la capitale dell’arcipelago, sono stati distrutti, e le barche affondate.
Per rispondere alla situazione il governo francese ha attivato per la prima volta dalla sua istituzione lo «stato di calamità naturale eccezionale», un regime speciale che comporta misure d’urgenza per garantire interventi più rapidi. Nell’arcipelago sono stati inviati circa 800 membri dell’esercito francese che aiuteranno a trasportare decine di tonnellate di cibo e acqua potabile, e la Commissione Europea ha inviato 10mila tende e rifugi di emergenza per ospitare le famiglie colpite.
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