Vent’anni per costruire un ospedale
Quello di Palmi, in provincia di Reggio Calabria: una storia che fa capire perché la sanità calabrese è messa com'è messa
La settimana scorsa a Palmi, piccolo comune a nord di Reggio Calabria, gli attivisti e le attiviste del comitato cittadino per il diritto alla salute Pro Salus hanno stappato una bottiglia di spumante invecchiato diciassette anni. Diciassette sono gli anni che avrebbe compiuto l’ospedale della città, se mai fosse stato costruito, e il brindisi era in realtà una protesta: «Festeggiavamo la quasi maggiore età di un ospedale che ancora non esiste», dice Stefania Marino, presidente di Pro Salus.
Per venerdì 20 dicembre Pro Salus ha organizzato un altro presidio davanti alla sede del consiglio regionale della Calabria, sempre per protestare contro la mancata costruzione dell’ospedale.
Il protocollo per la costruzione dell’ospedale, tra il ministero della Salute e la regione Calabria, risale al 2007, e il terreno su cui costruire l’ospedale di Palmi venne identificato nel 2008, in un’area che appartiene alla provincia di Reggio Calabria. Ma ci vollero altri tre anni prima di avere un progetto e il bando per affidarlo, fatti nel 2011, e altri quattro anni, arrivando quindi al 2015, prima che il progetto venisse affidato alla ditta che avrebbe dovuto costruire l’ospedale, la società catanese Tecnis: «Da allora è stata tutta una rappresentazione kafkiana, e l’ospedale ancora non esiste», dice Marino.
Si sono accumulati e stratificati ritardi, inadempienze, problemi burocratici, ritrovamenti archeologici e problemi tecnici, il tutto mentre i costi per costruire l’ospedale aumentavano e si avvicendavano giunte regionali che ogni volta modificavano l’andamento dei lavori, con ulteriori ritardi. L’ultimo progetto definitivo per l’ospedale è stato approvato lo scorso marzo, ma non si prevede comunque che sia pronto prima del 2029, 22 anni dopo l’accordo iniziale per costruirlo. Nel frattempo l’area in cui dovrebbe essere edificato l’ospedale è vuota: «Ogni tanto la puliscono, ogni tanto tosano l’erba, ogni tanto ci passa una ruspa, ma nient’altro», dice Marino.
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Palmi è un comune di 18mila abitanti sulla costa occidentale della Calabria, circa cinquanta chilometri a nord di Reggio Calabria, ed è uno dei centri principali della piana di Gioia Tauro, un’estesa area in cui vivono circa 170mila persone. Al momento, in quel punto, l’ospedale principale e più utilizzato è quello di Polistena, comune di 10mila abitanti nell’entroterra, una trentina di chilometri a est di Palmi.
L’ospedale di Polistena è piccolo, affaticato e lavora da tempo a ritmi che il personale ritiene massacranti. Un po’ di aiuto è arrivato grazie ai medici cubani presenti ormai da due anni in Calabria, con una soluzione che però è temporanea.
L’ospedale di Palmi era stato pensato come un grosso centro in grado di servire tutta la Piana (il nome dell’ospedale sarebbe proprio “Ospedale della Piana di Gioia Tauro”), con circa 300 posti letto e reparti che coprissero varie specialità: l’ospedale di Polistena, che ora è il principale della Piana, ha 90 posti letto. L’altro ospedale della Piana è a Gioia Tauro, con 40 posti. Complessivamente sono 0,8 posti letto ogni mille abitanti, meno di un terzo della media nazionale, che secondo i dati aggiornati al 2024 è di 3 posti letto ogni mille abitanti (un dato a sua volta inferiore alla media europea, che è di 5,2 posti letto ogni mille abitanti, negli ospedali pubblici).
L’ospedale di Palmi dovrebbe aggiungersi alla casa di comunità inaugurata pochi mesi fa. È un tipo di struttura ambulatoriale pubblica pensata per rafforzare la medicina territoriale, che in Calabria come altrove in Italia si è progressivamente impoverita, affaticando ulteriormente pronto soccorso e ospedali, che nel frattempo non hanno personale.
La mancanza di personale medico resta comunque un problema che la costruzione del nuovo ospedale non risolverebbe: dalla Calabria molti giovani medici vanno a lavorare al Nord o nel resto d’Europa, e capita spesso che i bandi restino vuoti. «Ma è un cane che si morde la coda: meno investi in sanità pubblica e in infrastrutture e più la gente se ne va, più la gente se ne va e meno investi, finché questa regione si svuota del tutto», dice il presidente onorario di Pro Salus Ernesto Mancini.
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Il 2007, l’anno in cui fu firmato il protocollo per la costruzione dell’ospedale di Palmi, non era un anno qualsiasi: è quando in Calabria fu dichiarato lo stato di emergenza economico-sanitaria, a seguito del quale la sanità pubblica fu commissariata. Sempre in quell’anno le morti in ospedale di tre minorenni, Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio, riportarono la necessità di avere strutture sanitarie adeguate al centro del dibattito pubblico. Un mese dopo la firma dell’accordo, un’ordinanza della presidenza del Consiglio definì la costruzione di nuovi ospedali in Calabria un provvedimento «di somma urgenza».
L’accordo prevedeva la costruzione di quattro ospedali in tutto: oltre a Palmi anche Vibo Valentia, Sibari e Catanzaro. Nessuno dei quattro ospedali è ancora costruito. Di quello di Catanzaro non è mai stato fatto il progetto per via di alcuni problemi sulla fattibilità dell’opera nella zona in cui doveva essere costruita, e gli ospedali di Sibari e Vibo Valentia sono ancora in costruzione.
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«Uno degli elementi di questa storia è stata l’insensata dilatazione dei tempi tra un passaggio e l’altro, per un progetto che complessivamente non aveva niente di complicato: non ci sono stati grossi problemi, contenziosi sulla proprietà del terreno o altro: solo banali questioni burocratiche superabili, che in questo caso stanno insensatamente richiedendo vent’anni», dice Mancini di Pro Salus. Quando i lavori per la costruzione dell’ospedale di Palmi furono affidati all’azienda Tecnis furono stimati poco più di due anni e mezzo per avere l’ospedale.
L’anno successivo, però, la procura di Catania avviò un’indagine per presunte infiltrazioni mafiose contro la Tecnis, ritardando ulteriormente i lavori: la ditta fu sequestrata, i lavori che stava costruendo bloccati e i suoi dipendenti messi in cassa integrazione. L’indagine fu archiviata, ma non si mosse nulla fino al 2019, quando la Tecnis chiuse e tutti i suoi progetti in corso, compresi gli ospedali calabresi, vennero affidati alla ditta campana D’Agostino Costruzioni.
A quel punto sono iniziati altri problemi, legati a residui di infrastrutture e reperti archeologici trovati nel terreno su cui doveva essere costruito l’ospedale. Nel 2017 furono trovati due tralicci elettrici appartenenti a Terna, ma ci si mise d’accordo sulla rimozione con l’azienda solo nel 2020, con un tempo stimato di un anno: sono stati rimossi solo quest’anno, sette anni dopo il loro ritrovamento. Nel gennaio del 2019, sempre nel cantiere, furono trovati dei tuboli di terracotta che la Soprintendenza dichiarò di interesse archeologico, ordinandone la rimozione: il lavoro avrebbe dovuto richiedere circa tre mesi, ma i tuboli furono rimossi solo nel 2020.
Nel frattempo, col trascorrere degli anni e i vari cambi di governo della Regione, le varie amministrazioni nominavano nuovi tecnici e dirigenti per la gestione dei lavori, e Pro Salus continuava a chiedere conto alle istituzioni locali e regionali delle ragioni dei ritardi nella costruzione dell’ospedale, senza mai ricevere risposta: «Abbiamo inviato PEC, fatto richieste di accesso agli atti: una volta siamo fisicamente andati in Regione a consegnare a mano la copia cartacea di una delle nostre PEC al dirigente del dipartimento regionale alla Salute, chiedendogli se l’avesse letta», dice Marino.
Col trascorrere degli anni, l’arrivo della pandemia, la crescita dell’inflazione e dei prezzi delle materie prime dovuta alla guerra in Ucraina, i costi sono aumentati. Il protocollo originale prevedeva 66 milioni di euro per la costruzione dell’ospedale di Palmi: nel 2015 erano diventati 152 milioni; l’ultimo progetto definitivo, di quest’anno, ha stimato altri 141 milioni di euro per costruire l’ospedale, in aggiunta ai 152 stimati nel 2015. Significa che oggi costruire l’ospedale costa più di quattro volte quanto previsto all’inizio.
La mancanza dell’ospedale ha avuto conseguenze sulla vita degli abitanti. Pro Salus ha provato a stimarle tenendo conto del numero di persone che risiedono nella Piana di Gioia Tauro e che sono state ricoverate in altri ospedali tra il 2015, anno in cui furono affidati i lavori per la costruzione, e il 2021: si parla di decine di migliaia di ricoveri e prestazioni sanitarie che avrebbero potuto essere fatte nell’ospedale di Palmi. Molte persone sono andate in ospedali più lontani, chi ha potuto permetterselo in strutture private, oppure, come spesso accade, in altre regioni.
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