Perché Elon Musk si impiccia così tanto nella politica britannica
Oltre alla sintonia politica con Nigel Farage, che vuole finanziare, c’entrano X e i suoi interessi imprenditoriali
«Come mai Elon Musk è ossessionato dalla politica britannica?», si chiedeva a fine novembre la rivista New Statesman. Negli ultimi mesi il miliardario statunitense, che avrà un ruolo e grande influenza nell’amministrazione di Donald Trump, ha commentato spesso l’attualità del Regno Unito sul suo social X (ex Twitter). Lo ha fatto criticando il governo dei Laburisti e diffondendo contenuti di account di estrema destra. Musk è un sostenitore di Nigel Farage, che ha incontrato negli scorsi giorni, promettendogli di aiutarlo e di finanziare il suo partito sovranista Reform UK.
Per impedirlo, il governo britannico sta valutando di modificare le regole sulle donazioni ai partiti. Musk è un fan di altri politici o partiti di estrema destra, per esempio Matteo Salvini in Italia e Alternative für Deutschland (AfD) in Germania, ma il suo attivismo dipende anche da interessi imprenditoriali: dalla volontà di impedire che una proposta di legge introduca obblighi più stringenti per X in un mercato molto importante per il social, come quello britannico.
Musk ha iniziato a intervenire con costanza più o meno dalle rivolte antimigranti della scorsa estate in diverse città inglesi. In quei giorni aveva scritto su X che «la guerra civile è inevitabile» e aveva cominciato a rispondere sotto i post del primo ministro Keir Starmer, attaccandolo. Nei mesi successivi Musk ha continuato: per esempio ha mostrato entusiasmo per le proteste degli agricoltori, o ha commentato il calo della popolarità di Starmer.
Ciò è avvenuto nonostante, per certi versi comprensibilmente, Musk non conosca a fondo le dinamiche della politica né l’attualità del Regno Unito. Con il suo comportamento però ha dato enorme visibilità alla narrazione dell’estrema destra britannica, che sembra essere la sua fonte prevalente di informazioni sul paese dal momento che ne ripubblica i contenuti fuorvianti.
Per esempio a fine novembre ha condiviso un post di Tommy Robinson, uno dei principali attivisti neofascisti britannici, chiedendo come mai fosse in carcere. Robinson, a cui peraltro è stato riattivato il profilo X dopo l’acquisto di Musk della piattaforma, era stato condannato a 18 mesi di reclusione per aver calunniato un rifugiato siriano. Su X, invece, i commenti sostenevano falsamente che Robinson avesse «detto la verità», al che Musk aveva risposto che la sua condanna era una «follia».
Le intromissioni di Musk, vista la sua fama, diventano sempre più una notizia per i media britannici, che spesso le riprendono, amplificandole ulteriormente fuori dal social.
È accaduto quando a novembre una petizione che chiedeva nuove elezioni ha superato 2 milioni di firme (oggi ne ha quasi 3). La petizione non è vincolante, è propugnata soprattutto da Farage, ma il fatto che Musk se ne sia occupato l’ha ingigantita: non solo su canali tv di destra come GB News, ma anche su quelli generalisti, che si sono trovati a titolare cose come “Starmer esclude nuove elezioni”. Senza l’insistenza di Musk, probabilmente, la petizione non avrebbe ottenuto la stessa attenzione.
Negli scorsi giorni Musk ha incontrato Farage a Mar-a-Lago, la residenza di Trump in Florida che è il centro politico della destra statunitense in cui Farage – amico personale del presidente eletto – ha ottime entrature. Farage ha ostentato in un articolo sul Telegraph il sostegno di Musk e l’esistenza di «negoziati» per un corposo finanziamento. I media britannici hanno ipotizzato una cifra sui 100 milioni di euro, che costituirebbe la più grossa donazione politica di sempre nel Regno Unito e farebbe probabilmente la differenza per Reform UK mentre sta provando a strutturarsi.
È qui che le autorità britanniche si sono preoccupate. In quanto cittadino statunitense, Musk non può fare donazioni a un partito britannico. Può farlo, invece, attraverso il ramo di X nel paese. La commissione elettorale ha chiesto al governo di modificare le regole sulle donazioni politiche, per prevenire interferenze straniere (non solo quelle eventuali di Musk). In particolare l’organo che sovrintende alle elezioni ha suggerito di inserire come requisito che le donazioni siano compatibili con le entrate locali delle aziende straniere.
Nel 2022 X ha dichiarato 8,5 milioni di sterline di profitti nel Regno Unito, circa 10 milioni di euro: con le nuove regole, non sarebbe possibile un contributo così sostanzioso. Il governo ha detto che non interverrà in questa sessione parlamentare, quindi non se ne occuperà prima dell’anno prossimo. Farage ha reagito dando dei «fantocci dell’establishment» alla Commissione e dicendo che Laburisti e Conservatori sono «terrorizzati da Reform ed Elon Musk».
Recentemente Musk ha descritto il Regno Unito con toni da paese fallito, ma ne è stato a lungo un ammiratore, come ha raccontato il Times di Londra. Nel 2013 pubblicò su Twitter un elogio dell’ex prima ministra dei Conservatori Margaret Thatcher, alla sua morte. La fascinazione era stata influenzata da Cora Amelia Robinson, tata di Musk durante la sua infanzia in Sudafrica, che era originaria di Liverpool ed era solita alzarsi in piedi quando in televisione c’erano immagini della regina Elisabetta.
Un altro dei motivi di attrito tra Musk e il governo britannico ha però di nuovo a che fare con X. L’Ofcom (l’ente regolatore delle telecomunicazioni) la prossima primavera implementerà l’Online Safety Act, una legge che vincola le piattaforme social a un maggiore controllo, per impedire la proliferazione di contenuti pornografici o che possano promuovere l’autolesionismo, il suicidio o disturbi alimentari. Se non si adeguano, le piattaforme rischiano una multa pari al 10 per cento del loro fatturato globale.
Musk si era già mostrato recalcitrante verso il regolamento dell’Unione Europea sulla sicurezza e e sulla trasparenza dei servizi digitali, e in generale ha pressoché smantellato la moderazione dei contenuti su X. Per questo l’Online Safety Act può essere un problema per lui, tanto più nel Regno Unito, che con 25 milioni di utenti è il quarto mercato per il social dopo Stati Uniti, Giappone e India.
C’è un ultimo possibile motivo di astio, da parte di Musk. Il capo di gabinetto di Starmer, Morgan McSweeney, aiutò il fondatore del Center for Countering Digital Hate (CCDH) Imran Ahmed ad aprire la non profit con sede negli Stati Uniti. Il CCDH ha documentato la pervicacia dell’hate speech e della disinformazione su X, denunciando come quei contenuti comparissero a fianco della pubblicità e contribuendo, quindi, al ritiro di numerosi inserzionisti. Musk ha dato del «ratto» ad Ahmed e ha definito «veramente malvagia» la sua organizzazione a cui ha fatto causa, perdendola lo scorso marzo.
Nel frattempo è una fase particolarmente positiva per Reform UK, che ha superato i 100mila tesserati e cerca di reclutarne altri under 25 con uno sconto sulla quota. Nei sondaggi il partito ha scavalcato i Laburisti ed è secondo dietro i Conservatori. In un recente discorso ai Pinewood Studios di Iver Heath, in Inghilterra, Starmer ha riconosciuto «l’impazienza verso la politica tradizionale» degli elettori di molti paesi.
Gli alti livelli di consenso di Reform UK hanno influito sulla cautela con cui il governo si sta interfacciando con l’Unione Europea, e in generale sui toni del primo ministro. Un editorialista del Guardian ha fatto un gioco: indovinare quali tra cinque frasi piuttosto populiste erano di Farage. Erano queste: l’ultimo primo ministro dei Conservatori, Rishi Sunak, era troppo leggero sull’immigrazione; il governo è «rotto»; l’immigrazione avviene «di proposito, non per un incidente»; il Regno Unito è «un esperimento su scala nazionale di confini aperti»; lo stato si trova «nelle acque tiepide di un declino controllato». Erano tutte di Starmer.
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