Matteo Renzi è stato prosciolto dalle accuse sulla fondazione Open
Insieme a Luca Lotti, Maria Elena Boschi e altri otto imputati, accusati tra le altre cose di finanziamento illecito ai partiti
L’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, capo di Italia Viva, è stato prosciolto dalla giudice per l’udienza preliminare (GUP) del tribunale di Firenze Sara Farini che decretato il “non luogo a procedere”, giudicando inconsistenti le accuse della procura sulla gestione della fondazione Open, che dal 2012 al 2018 aveva finanziato parte delle attività di Renzi. Con lui sono stati prosciolti anche gli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti oltre ad altri 8 indagati, tra cui l’imprenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi.
Renzi, Boschi e Carrai erano accusati di finanziamento illecito ai partiti. La procura aveva accusato le altre persone indagate di traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti.
L’accusa principale della procura di Firenze era che Renzi avesse utilizzato la fondazione Open per finanziare il suo partito, raccogliendo soldi da privati per eventi legati alla propria attività, senza però che questa rispettasse i requisiti di trasparenza e tracciabilità richiesti alle fondazioni che agiscono come organi di partito. La procura di Firenze aveva chiesto il rinvio a giudizio di Renzi e degli altri indagati nel febbraio del 2022: l’udienza preliminare è durata più di due anni.
La fondazione Open era nata nel 2012 col nome di Big Bang, come strumento finanziario per organizzare le annuali riunioni della cosiddetta “Leopolda”, gli appuntamenti degli alleati e dei sostenitori di Renzi organizzati a Firenze negli spazi della ex Stazione Leopolda. Il presidente della fondazione era l’avvocato Alberto Bianchi, mentre del consiglio di amministrazione facevano parte lo stesso Renzi e i suoi principali collaboratori politici, come Maria Elena Boschi e Luca Lotti.
La fondazione fu chiusa nel 2018 e si stima che in sei anni di attività abbia gestito circa 6 milioni di euro. L’inchiesta però riguardava quasi 3,6 milioni di euro, secondo la procura utilizzati per sostenere l’attività politica di Renzi. Sono soldi che secondo la procura erano compatibili con le attività di una fondazione politica, dato che furono utilizzati per organizzare eventi, partnership e altre iniziative con cui Renzi – sempre secondo la tesi della procura – consolidò la sua leadership all’interno del PD, di cui fu segretario dal 2013 al 2018. Da questa tesi derivava l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, respinta dal tribunale di Firenze.
«Volevano farmi fuori con una indagine farlocca. Non ce l’hanno fatta. Ripartiamo insieme», ha scritto Renzi sui social ringraziando le persone che negli ultimi anni l’hanno sostenuto. Ha anche definito illegittime le perquisizioni subite negli ultimi anni. Le modalità di indagine della procura sono state piuttosto invasive: per due anni sono state intercettate moltissime persone del circolo più stretto di Renzi, cosa che fece finire nelle carte vicende molto periferiche, arrivate alla pubblicazione sui giornali. Renzi ha più volte definito «una barbarie» la pubblicazione di intercettazioni ininfluenti, sostenendo che la procura e alcuni giornali collaborassero per danneggiare la sua immagine pubblica.