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  • Giovedì 19 dicembre 2024

Le condanne per gli stupri subiti da Gisèle Pelicot

20 anni di carcere per l’ex marito che l’aveva fatta violentare da decine di uomini: 49 di loro hanno avuto pene tra i 3 e i 15 anni

Gisèle Pelicot arriva in tribunale per la sentenza, il 19 dicembre 2024 (AP Photo/Lewis Joly)
Gisèle Pelicot arriva in tribunale per la sentenza, il 19 dicembre 2024 (AP Photo/Lewis Joly)
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Giovedì 19 dicembre il tribunale di Avignone ha condannato a 20 anni di carcere Dominique Pelicot per stupro aggravato, per le violenze commesse nei confronti dell’ex moglie Gisèle Pelicot nell’arco di dieci anni: era accusato di averla violentata, di averle somministrato regolarmente a sua insaputa un farmaco per renderla incosciente e di aver permesso a decine di sconosciuti di violentarla a loro volta.

In tutto erano imputati nel processo 51 uomini: 49 di loro sono stati condannati per stupro aggravato insieme a Pelicot, e uno per aggressione sessuale. Oltre a Dominique Pelicot, 49 erano accusati di aver stuprato Gisèle Pelicot. Un altro uomo era accusato di aver violentato più volte e fatto violentare sua moglie da Dominique Pelicot, dopo averla addormentata con lo stesso metodo e per questo è stato inserito nello stesso processo: è stato condannato a 12 anni di prigione. I pubblici ministeri avevano chiesto per lui 17 anni.

Per gli altri 49 imputati, i giudici hanno assegnato pene dai 3 ai 15 anni, di cui due con pena sospesa e quattro con una pena parzialmente sospesa. Molti di loro sono stati anche condannati a seguire un percorso di rieducazione mentre sono in carcere. A 5 è stato vietato di lavorare in futuro con i bambini. Anche per loro la procura aveva chiesto pene superiori.

Solo una quindicina di imputati si era dichiarata colpevole, mentre gli altri avevano ammesso di aver avuto rapporti sessuali con Gisèle Pelicot ma avevano contestato l’accusa di stupro, sostenendo che non fossero consapevoli che lei non avesse dato il suo consenso (la legge francese richiede che venga provata l’intenzione di commettere uno stupro). Per questo molti avvocati della difesa avevano chiesto per loro l’assoluzione. Ora hanno dieci giorni per fare appello.

Dopo la sentenza Gisèle Pelicot ha parlato brevemente davanti ai più di cento giornalisti presenti in tribunale. Accanto a lei c’era uno dei suoi nipoti e i suoi due avvocati. Ha detto: «quando il 2 settembre ho aperto le porte di questo processo, volevo che la società potesse cogliere i dibattiti che si sono svolti in quest’aula. Non ho mai rimpianto quella decisione. Ora ho fiducia nella nostra capacità collettiva di costruire un futuro in cui tutti, donne e uomini, possano vivere in armonia, con rispetto e comprensione reciproci». Ha detto di «rispettare» la decisione del tribunale e si è rivolta alle altre vittime di violenza dicendo: «Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta».

Con la fine del processo Gisèle ricomincerà a usare il suo cognome da nubile, che non è noto e che legalmente aveva già ripreso da qualche mese dopo aver divorziato dal marito. Aveva continuato a usare Pelicot durante il processo affinché i suoi figli e nipoti potessero essere fieri del loro cognome; che Pelicot non fosse solo ricordato come il cognome di uno stupratore. Lei ha da tempo lasciato Mazan, il paesino dove viveva col marito e dove sono avvenuti gli stupri, e si è trasferita in un’altra località non nota.

Gisèle Pelicot parla con i giornalisti dopo la sentenza, il 19 dicembre 2024 (Julien Goldstein/Getty Images)

Le udienze erano cominciate il 2 settembre e negli scorsi mesi sono state molto seguite dalla stampa nazionale e internazionale, così come dall’opinione pubblica francese. Per via della decisione di Gisèle Pelicot di avere un processo pubblico, della lucidità e della determinazione con cui ha testimoniato al processo, il caso ha anche aperto una più ampia discussione sulla “cultura dello stupro”, un’espressione usata per descrivere una società nella quale la violenza e gli abusi di genere sono diffusi, minimizzati e normalizzati.

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