Dov’è finito questo quadro di Van Gogh?

Il “Ritratto del dottor Gachet” non si vede in pubblico dal 1990, e il New York Times ipotizza sia oggi di una nota famiglia italiana

Dettaglio dell'opera (Wikimedia Commons)
Dettaglio dell'opera (Wikimedia Commons)
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Vincent van Gogh fu un pittore prolifico fino a poche settimane prima della morte, quando tra le altre cose dipinse due ritratti del medico Paul-Ferdinand Gachet. Entrambi risalgono al giugno del 1890, ma del primo si sono perse le tracce: fu esposto in pubblico per l’ultima volta nel 1990 e poi acquistato con una trattativa riservata di cui solo le persone strettamente coinvolte conoscono i dettagli. Il “Ritratto del dottor Gachet” è insomma una di quelle opere che raccontano molto della storia dell’arte, ma anche del mercato dell’arte: per gli esperti oggi potrebbe valere oltre 300 milioni di dollari, e chi ha cercato di ricostruire la sua storia recente, come il New York Times, ipotizza che sia di proprietà di una ricca famiglia italiana.

Van Gogh frequentò Gachet a Auvers-sur-Oise, il paese a nord di Parigi dove si era stabilito dopo le dimissioni dall’ospedale psichiatrico in Provenza dove era stato ricoverato. Lui aveva una clinica omeopatica, era un appassionato d’arte e visitò varie volte il pittore, notoriamente afflitto da disturbi psichici. Nei due ritratti, molto simili tra loro, lo si vede con una guancia schiacciata contro al pugno destro e uno sguardo stanco, quasi assente, in un atteggiamento malinconico che nelle parole dello stesso Van Gogh rifletteva “l’espressione sconsolata dei nostri tempi”. La seconda versione è esposta al Museo d’Orsay a Parigi; la prima invece ha avuto una storia molto più movimentata.

Dopo la morte di Van Gogh passò al fratello Theo e poi alla moglie di quest’ultimo, Johanna Gezina van Gogh-Bonger, che la vendette a un conte tedesco. Nel 1911 fu donata al museo Städel di Francoforte, ma sotto la Germania nazista fu confiscata perché considerata un esempio di “Arte degenerata”, cioè contraria ai valori del regime. Fu portata a Berlino, poi ad Amsterdam e a New York, dove dal 1984 finì in prestito permanente al Metropolitan Museum of Art. Sei anni dopo fu venduta dalla casa d’aste Christie’s per 82,5 milioni di dollari, l’equivalente di 200 milioni di euro odierni, diventando l’opera più cara a essere stata aggiudicata all’asta al tempo. Da allora non si è più vista.

In una mostra del 2019 il museo Städel espose circa 120 opere di Van Gogh, oltre a una cornice vuota che indicava proprio il “Ritratto del dottor Gachet”; al contempo aveva commissionato al giornalista tedesco Johannes Nichelmann un podcast per ricostruire la sua storia e cercare di scoprire che fine avesse fatto. Di recente ci si è messo anche il New York Times, che ha intervistato critici d’arte, curatori di case d’aste e altri esperti ben informati.

Sappiamo che nell’asta del 1990 il dipinto fu comprato dal ricco imprenditore giapponese Ryoei Saito, che alla morte avrebbe voluto farsi bruciare assieme al ritratto, o almeno così aveva detto. Non fu così, e l’opera tornò in Europa, ha raccontato l’esperto di Van Gogh Martin Bailey: dopo essere stata ceduta a una banca, fu acquistata dal finanziere austriaco Wolfgang Flöttl, che a sua volta la dovette vendere per difficoltà economiche. Poi, nel 1998, il dipinto fu venduto con la mediazione della casa d’aste Sotheby’s, ma in pochissimi sanno a chi.

Nel tempo è stato fatto il nome di Guido Barilla, il presidente dell’omonima azienda alimentare, ma questa teoria è stata confutata sia da Nichelmann sia da Alexander Eiling, dirigente del museo di Francoforte, che in un’intervista per il podcast ha aggiunto che il dipinto si trova in Svizzera. Lo sostengono anche altre persone sentite dal New York Times: l’artista David Nash, ex consulente di Flöttl e responsabile della collezione sull’impressionismo di Sotheby’s, ha parlato di un italiano che vive in Svizzera, mentre il giornalista esperto d’arte Stefan Koldehoff ha citato una persona che tra chi se ne interessa è nota come “L’uomo di Lugano”.

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Questi indizi hanno permesso di ipotizzare che il quadro sia di proprietà della famiglia lombarda Invernizzi, nota per i prodotti caseari. Nel 2014 gli Invernizzi acquistarono Villa Favorita, una prestigiosa residenza sul lago di Lugano che era stata del barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza, la cui collezione d’arte è oggi esposta all’omonimo museo di Madrid. Alcune persone della famiglia avvicinate dal New York Times tuttavia non hanno voluto commentare, e nemmeno una portavoce e un avvocato che le rappresenta. In un nuovo documentario Nichelmann non cita espressamente gli Invernizzi, ma dice che secondo le voci oggi il ritratto sarebbe di una famiglia diventata ricca nel settore alimentare.

L’ex direttrice di Sotheby’s Diana D. Brooks, che organizzò la compravendita nel 1998, si è rifiutata di parlarne per mantenere la segretezza e la discrezione richieste dal suo lavoro. Michael Findlay, consulente nell’asta del 1990, ha invece detto di non sapere chi ce l’abbia, ma che in base a quanto ha sentito si troverebbe altrove. In ogni caso, negli ultimi trentaquattro anni non è mai stato esposto in pubblico.

La seconda versione del dipinto (Wikimedia Commons)

Il ritratto non è l’unica opera di Van Gogh a essere andata perduta. “Vaso e fiori”, del 1886-87, fu rubato una prima volta nel 1997 al Cairo e recuperato dieci anni dopo in Kuwait. Sparì una seconda volta sempre al Cairo, nel 2010, e da allora non è più stato trovato. C’è poi “Giardino della canonica a Nuenen in primavera”, che Van Gogh dipinse sempre nel 1886, quando tornò a vivere con i genitori a Neuen, vicino a Eindhoven: era stato rubato nel 2020 mentre era in prestito al museo olandese Singer Laren, e restituito nel 2023. Nel 2016 invece la Guardia di Finanza aveva recuperato “La spiaggia di Scheveningen” (1882) e “Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen” (1884) a casa di un camorrista a Napoli. Entrambi erano stati rubati dal Museo Van Gogh di Amsterdam nel 2002.

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