Cosa c’è sulle liste dei migliori dischi del 2024
Due in particolare sono quasi onnipresenti, poi ci sono dei grandi ritorni e anche un esordio
Le classifiche dei dischi migliori dell’anno sulle riviste di musica e sui giornali tradizionali sono una buona occasione per recuperare album che ci si è persi nei mesi precedenti, per ascoltare meglio quelli a cui si aveva dedicato poco tempo, e anche per scoprire qualcosa di nuovo sulle tendenze della musica contemporanea e sui gusti della critica. Senza la pretesa che quelli selezionati siano davvero i migliori dischi, che è sempre una questione di gusto, abbiamo fatto una ricognizione delle classifiche di fine anno di alcune testate di musica generalista (Pitchfork, Crack, Consequence of Sound, NME), di musica colta e sperimentale (The Wire, The Quietus) e su un giornale tradizionale (il Guardian), raccogliendo i 20 dischi che sono più presenti, e raccontando ciascuno.
Diamond Jubilee – Cindy Lee
Il disco più celebrato dalla critica nel 2024 non è disponibile sulle piattaforme di streaming, ma solo su YouTube e su Bandcamp, e già questa di per sé sarebbe una notizia. Dura anche più di due ore. Se l’è prodotto da solo e l’ha pubblicato in autonomia il chitarrista canadese Patrick Flegel, già membro della band di rock sperimentale dei Women, usando però il suo nome da musicista drag, cioè da performer che si esibisce con abiti e apparenze femminili. Cindy Lee ha suonato praticamente tutti gli strumenti nelle 32 canzoni che compongono il disco, mescolando stili e suoni pop e rock degli anni Sessanta e Settanta, come «un vecchio film in cui un misterioso vagabondo compare con la sua chitarra per portare un vento di novità in una città sonnolenta» ha scritto Pitchfork, che l’ha messo al primo posto della sua classifica.
Diamond Jubilee è stato, a detta un po’ di tutti, una delle cose più sorprendenti successe nella musica indipendente negli ultimi anni. Anche troppo. Prima del disco, Cindy Lee era un nome conosciuto solo in una piccola nicchia: per via delle enormi attenzioni e del successo, ad aprile ha cancellato il resto delle date del suo tour, e Flegel ha fatto capire che forse quel progetto è finito.
Brat – Charli XCX
Il disco pop di maggiore successo dell’anno è stato di quel tipo capace di occupare tutti gli spazi: le classifiche delle piattaforme di streaming, accumulando centinaia di milioni di riproduzioni; i social, grazie all’estetica e ai meme ispirati dalla copertina e dagli atteggiamenti da “ragazzaccia” della cantante inglese Charli XCX; e anche la critica, finendo ai primi posti non solo delle classifiche di fine anno delle testate che si occupano di pop, ma anche di quelle che normalmente non se lo filano, come The Wire (29esimo posto) e The Quietus (15esimo). Merito dell’approccio a suo modo punk di Charli XCX, e della sapiente produzione di due tra i più apprezzati musicisti dell’elettronica contemporanea, A.G. Cook e Finn Keane.
Here in the Pitch – Jessica Pratt
Jessica Pratt è una cantautrice californiana di 37 anni che prima di Here in the Pitch aveva già fatto tre dischi. Alla chitarra con cui si accompagna solitamente si sono aggiunti altri strumenti, ma ha mantenuto l’approccio artigianale che la distingueva, così come la delicatezza delle melodie e la nostalgia dei suoi riferimenti musicali. «La voce esile ed echeggiante di Pratt sembra arrivare da lontano, come se emergesse da un tunnel o da un sogno a occhi aperti» ha scritto Crack.
The Collective – Kim Gordon
La bassista e fondatrice dei Sonic Youth Kim Gordon è considerate una delle madrine del rock alternativo americano, ma negli oltre dieci anni dallo scioglimento del gruppo newyorkese non aveva ancora ottenuto i riconoscimenti da solista che ha avuto con The Collective. «Gli ascoltatori potrebbero rimanere sorpresi dalla svolta hip hop di Gordon, specialmente a questo punto della sua carriera. Ma in realtà non dovremmo esserlo: Gordon, da sempre la definizione di “cool”, ha sempre avuto il gusto per lo sparigliare, combinando generi e idee in un modo che non è mai riduttivo o convenzionale» ha scritto The Quietus.
Lives Outgrown – Beth Gibbons
Venerata come poche altre cantanti della musica inglese degli ultimi trent’anni, Beth Gibbons fu la voce dei Portishead, storica band di Bristol tra le inventrici del genere trip hop. Gibbons aveva già fatto un disco solista molto apprezzato nel 2002, Out of Season. Lives Outgrown, che era molto atteso dai suoi fan, l’ha superato nel successo e negli apprezzamenti, in quanto «non solo la musica più autentica ed essenziale che abbia mai fatto, ma anche la più affascinante», secondo NME.
Songs of a Lost World – The Cure
Uscito 16 anni dopo il precedente, l’ultimo disco in studio dei Cure ha ripreso da dove la band inglese aveva lasciato: le sue otto canzoni sono lente, malinconiche, molto strumentali, e perfettamente nello stile che ha reso il gruppo tra i più amati degli anni Ottanta e Novanta. Un disco con il quale i Cure hanno «soddisfatto le aspettative stellari, senza compromessi» ha scritto NME.
This Could Be Texas – English Teacher
Gli English Teacher sono una band rock di Leeds, Inghilterra, e This Could Be Texas è il loro primo disco. È stato un esordio di grande successo di critica e ha vinto il Mercury Prize, il premio più prestigioso della musica britannica, riscuotendo apprezzamenti tanto per l’aspetto compositivo quanto per la brillantezza dei testi. Secondo Consequence of Sound «si prende dei rischi sonori con tenacia impavida e con talento virtuosistico, senza mai diventare inaccessibile o troppo prog».
Spectral Evolution – Rafael Toral
Rafael Toral è portoghese ed è noto fin dagli anni Novanta tra musicisti di ambient, jazz e rock sperimentale, per aver collaborato tra gli altri con Jim O’Rourke dei Gastr del Sol e con la giapponese Eiko Ishibashi. Spectral Evolution, composto da un unico pezzo di 47 minuti molto influenzato dal jazz classico, è il disco di ambient che ha ottenuto maggiori riconoscimenti quest’anno sulla stampa specializzata e non, arrivando al 14esimo posto della classifica di Pitchfork ma anche al secondo di quella di The Wire.
Charm – Clairo
Clairo si chiama Claire Elizabeth Cottrill, ha 26 anni, è originaria di Atlanta ed è cresciuta nel Massachusetts. Pubblica dischi fin da giovanissima e sono diversi anni che il pubblico e la critica si sono accorti del suo talento: con Charm ha sbancato, ottenendo molte attenzioni anche grazie al successo ottenuto su TikTok. Ha fatto il disco circondandosi di diversi musicisti e produttori quaranta-cinquantenni della scena pop, soul e R&B newyorkese, ispirandosi nei suoni e anche nell’estetica – fin dalla copertina – al soft rock degli anni Settanta.
Funeral for Justice – Mdou Moctar
Mdou Moctar è un chitarrista elettrico che vive ad Agadez, una delle poche grandi città del Niger. Raggiunse la prima popolarità quando le sue canzoni cominciarono a girare di telefono in telefono nella regione del Sahel, alla fine degli anni Duemila. Da allora ha registrato diversi dischi, gli ultimi con l’etichetta americana Matador, ed è diventato uno degli ambasciatori nel mondo del cosiddetto “desert blues”, il nome occidentale di una tradizione musicale berbera e tuareg di ispirazione rock, chiamata localmente tishoumaren o assouf. «Dal suo riff iniziale, Funeral Justice colpisce come un fulmine» scrive Pitchfork, non solo per le chitarre frenetiche ma anche, aggiunge Consequence of Sound, per come i testi «affrontano la violenza e il colonialismo che hanno destabilizzato il suo popolo».
Night Reign – Arooj Aftab
Arooj Aftab è pakistana, cresciuta a Lahore dove formò il suo gusto e la sua tecnica vocale sul jazz classico e sulla musica tradizionale indostana, persiana e sufi. Negli anni Duemila fu tra le musiciste che costruirono una piccola scena indipendente nella musica pakistana, poi andò negli Stati Uniti a studiare alla Berklee, una delle più famose scuole di musica del mondo, e da allora vive a New York. La sua carriera va alla grande da diversi anni, è apprezzata, stimata e molto richiesta come cantante e compositrice, e dopo Love in Exile (pubblicato con Vijay Iyer e Shahzad Ismaily) per il secondo anno di fila ha fatto un disco accolto benissimo dalla critica. Crack ne ha incensato la «pacata intensità, il tipo di suono che attrae l’ascoltatore con la sua intimità sussurrata».
Romance – Fontaines D.C.
Il quarto disco dei Fontaines D.C. non ha avuto lo stesso impatto del terzo, Skinty Fia, che nel 2022 aveva dato un rapido e massiccio successo internazionale alla band irlandese, paragonata ad altre illustri e iconiche degli anni Novanta. Ma siamo già arrivati al punto in cui qualsiasi album pubblichino ha un posto più o meno di diritto nelle conversazioni e nelle liste di fine anno, e secondo il Guardian con questo disco le ambizioni del gruppo sono aumentate. Ora puntano agli stadi. «Mescola atmosfere noir, grunge, shoegaze e barcollanti beat hip hop, mettendo in mostra l’impareggiabile livello di ambizioni e di plateale brillantezza che ormai ci aspettiamo da loro» scrive NME, per cui Romance è il secondo disco migliore dell’anno.
Manning Fireworks – MJ Lenderman
Il cantautore 25enne MJ Lenderman, dalla North Carolina, ha avuto un grande anno: prima ha suonato le chitarre nel disco Tigers Blood della cantante Waxahatchee, di buon successo, e poi ha pubblicato il suo Manning Fireworks, di grande successo. Se non nelle classifiche di ascolti, almeno nella critica e soprattutto nelle conversazioni sui social network, dove in certe bolle è diventato un tormentone. Secondo Pitchfork, ascoltandolo «sei costretto a canticchiare ogni riff di chitarra, a imitare ogni melodia, a citare come mantra versi come “andare in vacanza tira fuori il peggio da ciascuno”».
If I Don’t Make It, I Love You – Still House Plants
Un altro disco capace di stare sia nelle classifiche di testate più generaliste sia in quelle più ricercate, anche se il suo contesto è più il secondo. Gli Still House Plants sono di Londra e suonano insieme da più di un decennio, anche se in pochi si erano accorti di loro prima di If I Don’t Make It, I Love You. La voce cantilenante di Jessica Hickie-Kallenbach potrebbe risultare ugualmente ipnotica o respingente, a seconda dei gusti, così come l’accompagnamento ritmico spiazzante e jazzistico di David Kennedy e la chitarra sbilenca di Finlay Clark. The Quietus ha paragonato gli Still House Plants a nomi illustri della musica sperimentale del Novecento: Scott Walker, This Heat, Glenn Branca e Swans. Ma anche a D’Angelo e Lauryn Hill: «l’armonia che sbatte contro la dissonanza».
Endlessness – Nala Sinephro
Nala Sinephro ha 28 anni, è belga e ha origini caraibiche da parte di madre. È un’arpista che ha studiato alla Berklee di Boston, e quando andava ancora a scuola le trovarono un tumore alla mascella: dopo la riuscita dell’operazione con cui glielo tolsero, per un po’ si diede alla pazza gioia nei club techno di Bruxelles. Ora vive a Londra, dove è tra le principali esponenti della florida scena jazz locale. Endlessness, pubblicato dalla storica etichetta di Sheffield Warp Records, è un disco costruito sugli arpeggi della sua arpa e su quelli di vari sintetizzatori, in una combinazione di riferimenti al jazz degli anni Sessanta e alla musica ambient contemporanea.
Chromakopia – Tyler, the Creator
Chromakopia ha avuto una risonanza indubbiamente inferiore rispetto ai dischi precedenti di Tyler, the Creator, tra i più famosi e rispettati rapper della sua generazione, e non paragonabile a quello di Igor (2019), che è rimasto come uno dei dischi hip hop più importanti dello scorso decennio. Secondo Consequence of Sound è una via di mezzo tra quello e il successivo, Call Me If You Get Lost (2021), ma secondo il Guardian si è ripulito di un po’ di spacconeria per riflettere su temi più adulti come la responsabilità, la genitorialità e le colpe dei padri.
Night Palace – Mount Eerie
Con i suoi 81 minuti e le sue 26 canzoni, Night Palace è un disco impegnativo, in cui Mount Eerie, nome d’arte attuale del musicista americano Phil Elverum, già fondatore dei Microphones, ha messo dentro folk, rock, noise e sperimentazioni varie, come succede spesso nei suoi lavori. «Ogni canzone è ricca di immagini e di idee» scrive Pitchfork, e risultato di «buona parte degli ultimi tre decenni passati a guardare il cielo in cerca di significato».
Giant Beauty – أحمد [Ahmed]
Il titolo di disco dell’anno di The Wire è uno dei riconoscimenti più ambiti nella musica sperimentale e della musica colta contemporanea: quest’anno la scelta della redazione è ricaduta sulla raccolta di cinque registrazioni di altrettanti concerti di un quartetto di free jazz che si fa chiamare أحمد [Ahmed], composto dal sassofonista Seymour Wright, dal contrabbassista Joel Grip, dal batterista Antonin Gerbal e dal pianista Pat Thomas. Li fecero all’edizione del 2022 dell’Edition Festival di Stoccolma, ciascuno basato su una composizione del contrabbassista Ahmed Abdul-Malik, ricordato per come integrò nel jazz occidentale tradizioni e strumenti musicali nordafricani e mediorientali.
Absolute Elsewhere – Blood Incantation
C’è anche un disco death metal tra quelli che compaiono più in alto nelle classifiche di fine anno delle riviste di musica, da Pitchfork a The Wire a Consequence of Sound. I più curiosi possono quindi dare una possibilità a un genere che normalmente rifuggirebbero, a patto di essere preparati a doppi pedali (il suono più basso e potente della batteria, quello della grancassa, è cioè molto più veloce e ossessivo), voci growl (cioè gutturali, sostenute, urlate e cavernose), assoli ipertecnici di chitarra elettrica, costruzioni ritmiche e armoniche complesse, barocchismi vari, immaginari esoterici e spaziali, e scritte complicatissime da decifrare. I Blood Incantation sono di Denver, Colorado, e sono riusciti «senza fare compromessi» a «guadagnare molti fan al di fuori del proprio pubblico di metallari col chiodo in pelle», dice Consequence of Sound, producendo un disco «estremo ma invitante, consapevolmente ridicolo ma anche tremendamente serio» secondo Pitchfork.
My Method Actor – Nilüfer Yanya
Nilüfer Yanya ha origini irlandesi, barbadiane e soprattutto turche, ma è nata e cresciuta a Londra. I suoi precedenti due dischi Miss Universe (2019) e Painless (2022) avevano già ricevuto una buona stampa, per il modo fresco di gestire influenze musicali diverse, dal pop al rock al soul. My Method Actor è arricchito da una certa maturità, dice Consequence of Sound, che l’ha messo al 13esimo posto della sua classifica, ed è il disco «con gli arrangiamenti migliori dell’anno» secondo il Guardian, che l’ha messo al sesto.