A Mayotte la situazione dopo il ciclone è disastrosa
Il prefetto dell'arcipelago ha detto che potrebbero esserci migliaia di morti: intanto la Francia ha cominciato a mandare i soccorsi
Da sabato i soccorritori stanno cercando le persone che risultano disperse a Mayotte, territorio d’oltremare francese che si trova nell’oceano Indiano, fra il Madagascar e il Mozambico, dove il passaggio del ciclone tropicale Chido ha causato diverse centinaia di morti, se non migliaia (le autorità locali non hanno comunicato ancora numeri precisi).
Tra la popolazione di Mayotte la situazione è drammatica: in molte parti dell’arcipelago – composto da due isole principali, Grande Terre e Petite Terre, e altre disabitate o quasi – manca l’elettricità, i servizi di telecomunicazione sono interrotti, e le autorità locali temono che potrà anche esserci una carenza di acqua potabile. Anche l’aeroporto, l’unico dell’arcipelago, è stato gravemente danneggiato. Molte case sono state distrutte e ci sono centinaia di persone sfollate che stanno dormendo per strada.
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L’arcipelago copre una superficie di 374 chilometri quadrati, più o meno il doppio del comune di Milano, e ha una popolazione di circa 300mila persone. Il numero preciso dei morti è difficile da sapere anche perché a Mayotte decine di migliaia di persone vivono irregolarmente. Sono soprattutto migranti: secondo il ministero dell’Interno francese sono circa 100mila.
Francois-Xavier Bieuville, prefetto di Mayotte, ha detto che è probabile che i morti siano almeno mille, «forse diverse migliaia». Lunedì il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto una riunione di emergenza del governo per coordinare la risposta al disastro, e ha detto che presto visiterà l’arcipelago. Nel frattempo il governo francese ha mandato a Mayotte oltre 1.200 tra vigili del fuoco e soccorritori, e ha iniziato a portare tende, letti, cibo e acqua dalla vicina isola della Réunion, che si trova a est del Madagascar.
Il ministro dell’Interno francese Bruno Retailleau è già in visita nell’arcipelago, e ha raccontato di una situazione disastrosa: le preoccupazioni maggiori riguardano le baraccopoli in cui vive gran parte della popolazione. Già prima del ciclone erano in condizioni precarie, e la situazione si è aggravata.
Prima dell’arrivo del ciclone le autorità avevano emesso un’allerta e invitato la popolazione a mettersi al riparo ma, secondo quanto raccontato da un abitante del luogo all’agenzia di stampa Associated Press, molti avrebbero ignorato gli avvertimenti. Fahar Abdoulhamidi ha detto che nessuno credeva che il ciclone sarebbe stato così forte e che molte persone che vivono nelle baracche (chiamate banga) non hanno voluto lasciarle per il timore che venissero saccheggiate in loro assenza. Secondo Abdoulhamidi, inoltre, molti migranti irregolari si sarebbero rifiutati di andare nei rifugi allestiti nell’arcipelago per paura di essere espulsi.