L’Unione Europea ha detto che farà causa al Regno Unito per aver violato i termini di Brexit sulla libertà di movimento delle persone
Lunedì la Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione Europea, ha annunciato che denuncerà il Regno Unito alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, tribunale internazionale dell’Unione: l’accusa è di aver violato i termini dell’accordo sulla libertà di movimento previsti da Brexit, cioè l’uscita del Regno Unito dalla stessa Unione. Nello specifico, la Commissione accusa il Regno Unito di aver limitato il diritto di circolare e soggiornare liberamente all’interno del paese per i cittadini dell’Unione Europea verso la fine del 2020, l’anno in cui Brexit è formalmente avvenuta (seppur con aggiustamenti e trattative che sono proseguite negli anni successivi).
L’accordo su Brexit prevedeva che, nonostante l’uscita del Regno Unito dall’Unione, i cittadini europei e i loro familiari che vivevano nel Regno Unito potessero continuare a viverci, a lavorarci e a circolarci liberamente secondo le leggi che tutelano la libertà di circolazione in base all’ordinamento europeo (e viceversa, per i cittadini britannici che vivevano nei paesi membri dell’Unione). Secondo la Commissione, il Regno Unito ha violato questa parte dell’accordo in varie occasioni.
In particolare, il Regno Unito avrebbe violato tre articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (il TFUE, uno dei trattati fondativi dell’Unione): il 21, quello sul diritto dei cittadini europei a circolare e soggiornare nel territorio europeo; il 45, quello sulla libertà di movimento dei lavoratori; il 49, quello sulla libertà di stabilirsi e lavorare all’interno del territorio europeo. Il Regno Unito avrebbe inoltre violato una direttiva europea sulla libera circolazione, la numero 38 del 2004.
Al momento non sono stati dati dettagli su come si siano concretizzate queste violazioni e quali categorie di cittadini riguardino. La Commissione ha detto di aver deciso di fare causa al Regno Unito dopo aver inviato due lettere formali nel maggio del 2020 e nel luglio del 2024, e ritenendo insufficienti i chiarimenti ottenuti.
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