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  • Lunedì 16 dicembre 2024

Perché Israele vuole chiudere la sua ambasciata in Irlanda

Il governo irlandese è uno dei più filopalestinesi in Europa, a quello di Netanyahu questa cosa piace molto poco

Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar (AP Photo/Petr David Josek)
Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar (AP Photo/Petr David Josek)
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Domenica il governo israeliano di destra guidato da Benjamin Netanyahu ha annunciato che intende chiudere l’ambasciata israeliana in Irlanda, a Dublino, per via di alcune posizioni che giudica “anti-israeliane” del governo irlandese, guidato da una coalizione che va dal centrodestra ai Verdi.

È una decisione che non ha precedenti nella storia contemporanea: finora Israele non aveva mai chiuso una propria ambasciata in un paese europeo. In un certo senso però era nell’aria. L’Irlanda è uno dei paesi più filo-palestinesi nell’Unione Europea, e i suoi governi – a prescindere dalla composizione – criticano da tempo le azioni del governo di Netanyahu, come l’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania e più di recente l’invasione della Striscia di Gaza. La decisione di Israele peraltro è arrivata cinque giorni dopo che l’Irlanda aveva annunciato di volersi unire alla causa per genocidio avanzata dal Sudafrica contro Israele alla Corte internazionale di giustizia.

Per contro, il governo israeliano sta adottando una politica estera sempre più aggressiva nei confronti dei paesi che percepisce come alleati poco affidabili. Netanyahu critica sempre più duramente i leader stranieri che avanzano dubbi sulla condotta israeliana nell’invasione della Striscia di Gaza e del Libano. Finora però alle sue dichiarazioni non erano seguite implicazioni particolarmente concrete.

I rapporti fra Irlanda e Israele sono sempre stati piuttosto difficili. In Irlanda esiste una simpatia trasversale per la causa palestinese, considerata una campagna anti-coloniale simile a quella che gli irlandesi condussero per secoli contro l’Impero britannico. Nel 1980 l’Irlanda diventò il primo stato dell’allora Comunità Economica Europea (l’antenato dell’Unione Europea) a chiedere la nascita di uno stato indipendente palestinese. Negli anni più recenti la comunità di residenti di religione musulmana si è molto allargata, quasi raddoppiando dal 2011 a oggi.

In un sondaggio realizzato a febbraio è emerso che il 79 per cento degli irlandesi ritiene che Israele stia compiendo un genocidio nella Striscia di Gaza (in Italia, che pure ha percentuali superiori a vari paesi dell’Europa occidentale, lo crede il 49 per cento, secondo secondo un sondaggio di aprile).

Dall’inizio dell’invasione della Striscia di Gaza peraltro il governo irlandese aveva intensificato le sue critiche, ma aveva anche preso alcuni provvedimenti ufficiali.

A maggio aveva formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina insieme a Norvegia e Spagna: in quel caso il governo di Netanyahu aveva richiamato brevemente l’ambasciatore israeliano in Irlanda. A ottobre aveva annunciato una norma per impedire l’importazione in Irlanda di merce prodotta nelle colonie israeliane in Cisgiordania. Pochi giorni fa, come detto, è arrivata la notizia che l’Irlanda si sarebbe unita alla causa per genocidio alla Corte internazionale di giustizia.

Più nello specifico l’Irlanda chiederà alla Corte di ampliare la sua interpretazione di ciò che rientra nella definizione di genocidio, su cui ormai da anni sono in corso dibattiti e discussioni accademiche che hanno ripreso forza dopo l’invasione della Striscia di Gaza.

– Leggi anche: La causa del Sudafrica contro Israele per genocidio, spiegata

Un funzionario israeliano ha detto all’Irish Times che al momento il governo non prevede di chiudere ulteriori ambasciate in altri paesi europei. Non è chiaro se le cose cambieranno in futuro, anche perché il ministro degli Esteri israeliano è cambiato da poco. A inizio novembre, nell’ambito di un rimpasto interno al governo, il politico conservatore Gideon Sa’ar aveva lasciato il proprio incarico di ministro dell’Interno ed era diventato ministro degli Esteri sostituendo Israel Katz, uno degli storici leader del partito di Netanyahu.

Sa’ar negli anni si è più volte allontanato e riavvicinato a Netanyahu ma ha sempre avuto idee molto di destra per quanto riguarda la politica estera, ed è visto come una scelta in continuità con quella di Katz. Nell’annunciare la chiusura dell’ambasciata israeliana ha descritto le politiche irlandesi come «antisemite», senza elaborare ulteriormente questa accusa, e «basate su una delegittimazione e demonizzazione dello stato ebraico».

Il primo ministro irlandese Simon Harris, che a breve si dimetterà per via del cattivo risultato del suo partito alle recenti elezioni parlamentari, ha definito la decisione del governo israeliano «deplorevole» e aggiunto che la posizione del suo governo nei confronti di Israele è «a favore della pace, dei diritti umani e del diritto internazionale». Harris ha detto che l’Irlanda non chiuderà la sua ambasciata in Israele, che si trova a Ramat Gan, una cittadina alla periferia di Tel Aviv.