Javier Milei non si è normalizzato
A un anno dall'inizio del suo mandato, il presidente argentino ha ottenuto risultati economici fuori dall'ordinario, come era stata tutta la sua campagna elettorale
Martedì il presidente dell’Argentina, l’ultraliberista Javier Milei, ha celebrato un anno di mandato facendo un discorso televisivo dei suoi, aggressivo ed eccessivo, mostrando quanto non si sia “normalizzato” nonostante dodici mesi di governo alle spalle. Milei sta continuando a mettere in atto misure radicali, a litigare con tutti e a insultare tutti, e a usare la metafora della “motosega” per esaltare i tagli del suo governo alla spesa pubblica (Milei con in mano la motosega era diventata una delle immagini più note della sua campagna elettorale, che ne esaltava anche l’aggressività e gli eccessi).
Milei aveva costruito la sua candidatura sulla necessità di adottare misure per rispondere a una profonda e lunga crisi economica: i risultati ottenuti in questi dodici mesi sono fuori dall’ordinario, sia in senso positivo che negativo.
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Milei ha ridotto inflazione e debito pubblico anche oltre le aspettative, ha reso la moneta argentina, il peso, più stabile e più forte nei confronti del dollaro, e ha ottenuto la fiducia degli investitori stranieri. Allo stesso tempo i suoi tagli indiscriminati hanno reso la maggior parte degli argentini più poveri, e il 53 per cento di loro povero in senso assoluto. Il potere d’acquisto e quindi i consumi sono precipitati, la disoccupazione è salita molto.
Per Milei questi ultimi dati sono un passaggio necessario di una «terapia shock», come la definisce lui, pensata per invertire definitivamente la rotta dell’economia argentina, che da anni affrontava cicli di grande inflazione, crolli monetari, aumenti significativi del debito pubblico e rischi di default. I critici sottolineano invece che il miglioramento degli indici macroeconomici, peraltro da confermare sul lungo periodo, sia stato ottenuto con «crudeltà e insensibilità», come ha detto l’ex ministro dell’Interno Eduardo de Pedro, esponente dell’opposizione, di centrosinistra.
L’inflazione su base mensile è passata dal 26 per cento del dicembre 2023 al 2,7 di ottobre del 2024: di fatto ora i prezzi da un mese all’altro sono più o meno gli stessi. Non è una cosa scontata in Argentina, dove molte persone erano abituate a spendere subito il proprio stipendio per evitare che perdessero valore nel giro di una settimana. Negli ultimi mesi i conti pubblici hanno fatto segnare un avanzo: le entrate sono state cioè più delle uscite. Anche in questo caso è un cambio enorme rispetto agli ultimi dieci-venti anni, in cui il debito pubblico era cresciuto progressivamente, costringendo spesso vari governi a stampare denaro per ripagarne una parte (con svalutazione della valuta).
Questo risultato, definito da Milei «la più grande e brusca correzione dei conti della storia umana», è stato ottenuto con tagli enormi e indiscriminati della spesa pubblica, ridotta del 74 per cento per quello che riguarda pensioni, scuola, sanità, ricerca scientifica, cultura e sviluppo sociale. La “motosega” ha colpito stipendi pubblici, sussidi per l’energia e i trasporti, nonché programmi di assistenza sociale: 35mila dipendenti dello stato sono stati licenziati, i prezzi di una corsa in autobus sono decuplicati e quelli del gas sono aumentati del 715 per cento. In alcuni quartieri, i più poveri, si è tornati a cucinare su falò di legno.
Anche il mercato degli affitti è stato deregolamentato: i padroni di casa hanno potuto adeguare i prezzi all’inflazione e modificare gli affitti ogni tre mesi. I prezzi sono molto cresciuti, diventando talvolta insostenibili per gli inquilini.
Gli aumenti dei prezzi si sono arrestati negli ultimi mesi, anche perché il peso ha smesso di svalutarsi, ma in un anno i poveri sono aumentati di 5 milioni, su una popolazione complessiva di meno di 47, e l’economia ha continuato a essere in recessione, con una riduzione del PIL del 3,4 per cento.
Ma sia il Fondo Monetario Internazionale che la Banca Mondiale prevedono per il 2025 una crescita del 5 per cento e la tenuta del peso, che in campagna elettorale Milei chiamava «escremento», dovrebbe permettere nel 2025 di unificare il cambio ufficiale col dollaro a quello sul mercato nero. Proprio la svalutazione del peso, una delle prime misure del presidente, aveva ridotto il potere d’acquisto degli argentini, tanto che i consumi sono diminuiti del 15 per cento in dieci mesi. In molti casi è diventato più conveniente anche fare acquisti in Cile o Brasile.
Nonostante tagli, sacrifici e povertà gli indici di gradimento di Milei restano stabili: era stato eletto con il 56 per cento dei voti, i sondaggi dicono che oggi il 53-56 per cento della popolazione ha un’opinione positiva sulla sua presidenza. Lui continua a costruire il suo sostegno con esternazioni continue e post sui social in cui si definisce spinto dalle «forze del cielo» e in cui liquida tutti i critici accusandoli di essere «zurdos de mierda», (“sinistroidi di merda”).
Molte riforme, tagli iniziative economiche sono state rese possibili dall’approvazione della cosiddetta legge bases, a giugno, che è composta da 238 articoli e contiene tutta una serie di riforme. Approvarla è stato un risultato notevole per Milei. In parlamento il partito da lui fondato, La Libertad Avanza, ha un numero ristrettissimo di parlamentari: meno del 10 per cento al Senato e meno del 15 alla Camera. In quel caso ha però ottenuto il sostegno di tutta la destra tradizionale e negli altri ha utilizzato gli strumenti dei Decreti di Necessità e Urgenza e dei veti presidenziali, che gli permettono di aggirare il parlamento.
I suoi rapporti con il resto della classe politica sono rimasti pessimi: in un anno ha licenziato il capo di gabinetto del governo, la ministra degli Esteri e quello delle Infrastrutture, oltre a decine di funzionari. Da alcuni mesi ha troncato quasi ogni relazione con la vicepresidente Victoria Villarruel, che ha posizioni ancora più di estrema destra del presidente: Milei ora la definisce «una persona che non ha nessun tipo di influenza quando si prendono decisioni». Le persone più influenti del suo governo restano la sorella Karina, segretaria alla presidenza, e Santiago Caputo, che fu consigliere della campagna e ora lo è del “potere esecutivo”.
La retorica è rimasta aggressiva e “scorretta”, con frequenti insulti agli avversari politici, ma anche ad alcuni alleati e a capi di stato esteri (le principali tensioni sono state con il presidente brasiliano Lula e con il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez). Gli attacchi alla stampa sono quasi quotidiani, diretti all’intera categoria ma anche a singoli giornalisti. Sono stati chiamati «corrotti, sporchi, prostituiti, bugiardi ed estorsori». Nei suoi discorsi o post sono frequenti espressioni omofobiche, metafore sessuali e l’uso di alcune parole particolari, per esempio «handicappato», per insultare.
Insieme alle riforme economiche Milei sta portando avanti una “guerra culturale” contro i valori che identifica di sinistra: ha criticato e ridicolizzato tutte le iniziative legate alla giustizia sociale, all’eguaglianza di genere, alla memoria storica della dittatura e al contrasto del cambiamento climatico. Ha tagliato i fondi al cinema e ha spesso attaccato gli «artisti che vivono alle spalle dello stato».
Nel discorso che celebrava l’anno alla presidenza, ha detto che l’Argentina ha superato la fase più difficile, ha promesso ancora più tagli nelle strutture pubbliche («Più lo stato è piccolo, più c’è libertà») e ha chiesto sostegno per i candidati del suo partito in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo ottobre. Per ottenere una rappresentanza parlamentare più solida ha però bisogno che i dati positivi a livello economico si trasformino in miglioramento delle condizioni della popolazione, per non rischiare di perderne il sostegno e la fiducia.