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  • Domenica 15 dicembre 2024

Una condanna per un femminicidio del 1995

Quasi trent'anni dopo un 75enne è stato condannato all'ergastolo a Imperia per aver ucciso e fatto sparire l'ex fidanzata, Sargonia Dankha

Una foto di Sargonia Dankha in un servizio televisivo di SVT1 via YouTube
Una foto di Sargonia Dankha in un servizio televisivo di SVT1 via YouTube
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Salvatore Aldobrandi, un 75enne originario della provincia di Cosenza, è stato condannato in primo grado all’ergastolo per il femminicidio di Sargonia Dankha, una 21enne svedese di origine irachena con cui aveva avuto una relazione. Dankha scomparve nel 1995 e Aldobrandi fu da subito l’unico sospettato, ma le indagini in Svezia non portarono ad alcun processo: anche se dopo quasi trent’anni il reato di omicidio sarebbe caduto in prescrizione, è stato condannato perché la Corte d’Assise di Imperia ha riconosciuto l’aggravante dei futili motivi.

All’epoca dei fatti Dankha era una studentessa, mentre Aldobrandi gestiva un ristorante. La ragazza sparì il 13 novembre di quell’anno da Linköping, la città circa 200 chilometri a sud-ovest di Stoccolma in cui i due vivevano: il suo corpo non fu mai trovato e dopo alcuni giorni fu fermato Aldobrandi. Durante le indagini sia a casa sua che sull’auto che aveva preso in prestito quello stesso giorno furono trovate tracce di sangue di Sargonia. Tuttavia in assenza di un cadavere la legge svedese non permetteva di incriminare formalmente una persona per omicidio. Così nel 1996 l’uomo venne rilasciato e tornò in Italia, stabilendosi a Sanremo, dove viveva da allora.

Il caso sulla scomparsa di Dankha era rimasto senza una verità giudiziaria per quasi trent’anni: poi Aldobrandi fu arrestato e rinviato a giudizio nel giugno del 2023, alla conclusione delle indagini avviate in seguito a una denuncia presentata dalla famiglia della donna in Italia. Adesso la Corte lo ha condannato per omicidio volontario aggravato da futili motivi e soppressione di cadavere, come richiesto dalla procura. Ha inoltre disposto il pagamento di 300mila euro per la madre di Sardonia, Shabo Ghriba, e di 100mila per il fratello, Ninos Dankha, come anticipo della somma totale che spetterà loro come risarcimento (provvisionale).

Il processo era cominciato a ottobre e si era basato tra le altre cose sulla testimonianza di un ex collega di Aldobrandi, che al tempo dei fatti gli avrebbe chiesto di aiutarlo a eliminare il corpo di Dankha. Secondo quanto riferito da Repubblica, l’uomo avrebbe poi confessato a un detenuto in Italia di averlo smembrato e fatto sparire «sacchetto per sacchetto».

L’avvocato Francesco Rubino, uno dei legali della famiglia della donna, ha osservato che a trent’anni di distanza «era un esito per nulla scontato», ma che «la solidità delle prove raccolte e l’assenza di una pista alternativa hanno convinto la Corte» della colpevolezza di Aldobrandi, riconoscendo che Dankha era stata uccisa «nell’ambito di una relazione di controllo e di possesso». Gli avvocati dell’uomo faranno appello, ha detto sempre Rubino.

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