Cos’è questa storia dell’aumento di stipendio ad alcuni ministri
Un emendamento alla legge di bilancio prevede che quelli non eletti in parlamento prenderanno circa 7.200 euro netti in più al mese
Venerdì la maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni ha inserito un emendamento nella legge di bilancio che sta alimentando qualche discussione, perché prevede di aumentare lo stipendio che ricevono i ministri e i sottosegretari che non sono eletti in parlamento. Sono quelli che hanno un ruolo di governo, ma non sono né deputati né senatori, perché non si candidarono alle ultime elezioni legislative del 2022 o perché a quelle elezioni non furono eletti.
Questi ministri e sottosegretari ricevono un compenso inferiore ai loro colleghi che sono anche eletti, che in quanto membri del parlamento guadagnano più del doppio: il nuovo emendamento in sostanza ha l’obiettivo di fare in modo che gli stipendi siano uguali per tutti i ministri e sottosegretari, a prescindere dal fatto che abbiano anche un incarico parlamentare. I membri del governo coinvolti in questa sorta di aumento di stipendio sono in tutto 18, di cui 8 ministri: Andrea Abodi (Sport), Marina Calderone (Lavoro), Guido Crosetto (Difesa), Alessandro Giuli (Cultura), Matteo Piantedosi (Interno), Giuseppe Valditara (Istruzione), Alessandra Locatelli (Disabilità) e Orazio Schillaci (Salute).
La legge di bilancio è la principale misura economica con cui ogni anno il governo decide come spendere i soldi per l’anno successivo. L’iter per l’approvazione è molto lungo e di solito richiede molti accordi e discussioni fra i membri della maggioranza, al punto che si conclude puntualmente solo negli ultimi giorni dell’anno: nei mesi di questo lungo processo, intanto, il disegno di legge iniziale viene più volte modificato con numerosissimi emendamenti, come appunto quello sullo stipendio di ministri e sottosegretari.
Perché la proposta entri in vigore, quindi, bisognerà attendere l’approvazione definitiva della legge di bilancio, e nel frattempo l’emendamento potrebbe anche essere ritirato: non sembra però verosimile che possa succedere, e per questo se ne sta già discutendo parecchio. Diversi esponenti dei partiti di opposizione hanno molto criticato la misura, facendo leva sulla tipica indignazione che viene sollevata ogni volta che si parla dei soldi che guadagnano i politici, generalmente percepiti come una classe molto privilegiata. A conti fatti, comunque, l’impatto sulla legge di bilancio sarebbe minimo.
Un ministro (o un sottosegretario) eletto alla Camera o al Senato mantiene di fatto lo stipendio da parlamentare, che si compone di più voci: c’è l’indennità parlamentare da circa 5mila euro netti al mese (sia per deputati che per senatori, con qualche piccola variazione); poi c’è la cosiddetta “diaria”, che è un rimborso delle spese di soggiorno a Roma, pari a circa 3.500 euro netti al mese; e infine c’è un “rimborso delle spese per l’esercizio del mandato”, da usare per alcune attività con gli elettori o per pagare alcuni collaboratori, pari a 3.690 euro netti al mese (per i senatori può arrivare fino a circa 4mila euro).
Poi ci sono anche vari rimborsi, come quelli delle spese telefoniche e di trasporto. In tutto fanno insomma più di 12mila euro netti, da cui vanno tolti dei soldi per ogni giorno di assenza dalle sedute dell’aula o da altri impegni in parlamento.
Finora la legge ha previsto che i ministri e sottosegretari non eletti ricevessero «un’indennità pari a quella spettante ai membri del parlamento»: quindi i circa 5mila euro netti della prima voce che compone lo stipendio di un parlamentare. L’emendamento alla legge di bilancio fa in modo che anche i ministri non eletti ricevano le altre due somme previste per i parlamentari, quindi circa 7.200 euro netti in più di quello che ricevono ora.
Sui 18 membri del governo coinvolti dall’aumento fanno circa 130mila euro netti in più ogni mese, e quindi un esborso per lo Stato di circa 260mila euro. In tutto, per soddisfare le richieste economiche di questo emendamento, serviranno poco più di 3 milioni di euro all’anno, almeno con questa composizione del governo. Per finanziare la manovra del 2025 il governo spenderà complessivamente quasi 10 miliardi di euro.