Come Assad è fuggito dalla Siria
Senza avvertire nessuno, nemmeno collaboratori e parenti: ai generali e alle forze di sicurezza assicurava che sarebbe arrivato l'aiuto militare russo
Le ultime ore e gli ultimi giorni in Siria del dittatore Bashar al Assad sono stati ricostruiti dall’agenzia Reuters, che ha parlato con più di dieci fonti fra i suoi collaboratori più stretti: hanno raccontato di una fuga verso la Russia molto precipitosa e compiuta senza informare nessuno, compresi i vertici militari, quelli del governo, il suo staff e i parenti.
Prima che il regime venisse rovesciato, la scorsa settimana, al termine di una rapidissima e sorprendente offensiva dei gruppi armati di opposizione al regime, Assad ha provato a fingere fino all’ultimo che la situazione potesse essere gestita, assicurando ai vertici dell’esercito che sarebbe presto arrivato il sostegno militare della Russia, che glielo aveva invece negato pochi giorni prima. Poi si è assicurato una via di fuga, in questo caso aiutato proprio dal regime di Putin. Assad è in Russia da domenica mattina: nelle stesse ore le forze antiassadiste guidate da Hayat Tahrir al Sham (HTS) entravano a Damasco.
Le persone con cui ha parlato Reuters, che includono collaboratori stretti, responsabili della sicurezza, diplomatici siriani e iraniani, hanno raccontato che poche ore prima di partire Assad aveva convocato trenta fra generali e comandanti delle forze di sicurezza, alla presenza del ministro della Difesa, chiedendo di resistere fino all’arrivo degli aiuti militari russi. Sapeva già da qualche giorno che non sarebbero mai arrivati.
Sabato sera aveva convocato per l’indomani mattina a casa sua la responsabile della comunicazione per scrivere un discorso, ma era invece andato all’aeroporto. La fuga è stata precipitosa, nella casa poi saccheggiata dalla popolazione sono stati trovati avanzi di cibo cucinato la sera e molti oggetti personali, come album di foto. Dall’aeroporto Assad è arrivato alla base aerea russa di Khmeimim, e quindi ha preso un volo per Mosca. L’aereo che lo trasportava ha spento i transponder, i trasmettitori radio, per non essere intercettato.
Assad avrebbe inizialmente chiesto asilo negli Emirati Arabi Uniti, che glielo avrebbero negato, mentre la Russia, attraverso il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, avrebbe attivato contatti con la Turchia e il Qatar perché intercedessero presso le forze antiassadiste per garantire al dittatore una via di fuga sicura, e con i paesi vicini perché garantissero che l’aereo in volo verso Mosca non fosse abbattuto o intercettato.
La moglie Asma e i tre figli di Assad erano già in Russia, dove lo stesso Assad era stato il 28 novembre per chiedere aiuto militare a Vladimir Putin, senza ottenerlo.
Assad non ha informato nemmeno suo fratello minore, Maher, che è poi fuggito in modo autonomo, con un volo in elicottero in Iraq e poi da lì in Russia. Due cugini della parte materna della famiglia, Ehab e Eyad Makhlouf, non avvertiti della situazione, avrebbero provato a scappare in Libano in auto quando Damasco è stata conquistata dalle forze antiassadiste: sarebbero però stati intercettati dai ribelli, che avrebbero ucciso il primo e ferito il secondo, in base a racconti delle fonti che Reuters non ha potuto verificare.
La responsabile della comunicazione arrivata a casa di Assad domenica mattina non ha trovato nessuno, mentre il primo ministro Mohammed Ghazi al Jalali ha raccontato di aver parlato con Assad l’ultima volta sabato alle 10 e mezza di sera. Di fronte alle sue richieste di indicazioni per fronteggiare la situazione, Assad gli avrebbe risposto «Vedremo domani. Domani, domani». Al Jalali lo ha richiamato la domenica, senza avere risposta.
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