In Romania i partiti europeisti vogliono fare un governo di coalizione
E potrebbero presentare un candidato unitario alle prossime elezioni presidenziali: le ultime sono state annullate per possibili interferenze russe
Martedì pomeriggio i quattro principali partiti europeisti della Romania (il Partito Socialdemocratico, il Partito Nazionale Liberale, l’Unione Salva Romania e l’Unione Democratica degli Ungheresi in Romania) hanno raggiunto un accordo e si sono impegnati a formare un governo di coalizione in tempi rapidi. L’annuncio è stato fatto dieci giorni dopo le elezioni parlamentari, vinte dal Partito Socialdemocratico.
Uno dei primi compiti del futuro governo sarà quello di indicare una data per le elezioni presidenziali. Il primo turno si era in realtà già tenuto lo scorso 24 novembre ed era stato vinto dal candidato populista e filorusso Călin Georgescu. L’8 dicembre avrebbe dovuto esserci il ballottaggio tra Georgescu e la candidata liberale ed europeista Elena Lasconi, arrivata seconda, ma il 6 dicembre la Corte costituzionale aveva annullato tutto a causa di possibili interferenze russe nella campagna elettorale, che avrebbero favorito Georgescu.
Le elezioni dovranno essere ripetute nella loro interezza (compresa la raccolta delle firme a sostegno dei candidati e la campagna elettorale). Ci si aspetta che il governo entri in carica nelle prossime settimane e le elezioni presidenziali dovrebbero tenersi in primavera.
È un momento di grande incertezza per la politica romena. Il mandato dell’attuale presidente, Klaus Iohannis, scade il 21 dicembre: Iohannis ha dichiarato che intende rimanere in carica fino a quando non verrà nominato il suo successore, anche se la Costituzione romena ha delle disposizioni un po’ ambigue al riguardo. Ha inoltre insistito perché sia il nuovo governo a fissare la data delle elezioni presidenziali, anche se in teoria potrebbe farlo il governo uscente. Secondo Marian Chiriac, giornalista del Balkan Investigative Reporting Network, quello che sta accadendo in Romania sta «mettendo in discussione lo stato della democrazia nel paese».
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L’annullamento delle elezioni è stato criticato da entrambi i candidati più votati. Lasconi ha detto che le istituzioni romene «non sono riuscite a difendere la democrazia», mentre Georgescu e George Simion, il leader del principale partito di estrema destra romeno (l’Alleanza per l’unità dei romeni, noto anche con l’acronimo AUR) hanno organizzato delle piccole manifestazioni separate di protesta nella capitale Bucarest. Simion, tra l’altro, ha già detto che sosterrà Georgescu alle nuove elezioni e ha presentato un ricorso contro la decisione della Corte costituzionale, che però è stato respinto.
Non si sa ancora chi saranno i candidati alle prossime elezioni presidenziali. I partiti europeisti che stanno formando la coalizione di governo hanno detto che potrebbero presentare un candidato comune, per avere maggiori possibilità di vittoria.
Non è chiaro invece se Georgescu potrà ricandidarsi, dal momento che le autorità romene stanno indagando sul finanziamento della sua campagna elettorale e sulle possibili influenze russe. Nel fine settimana 20 persone sono state arrestate con l’accusa di stare preparando proteste violente a Bucarest contro l’annullamento delle elezioni. Secondo le ricostruzioni di diversi giornali romeni, Georgescu avrebbe partecipato a un incontro con alcune di loro sabato 7 dicembre, in un maneggio poco distante da Bucarest. Gli eventuali legami tra Georgescu e le persone arrestate non sono ancora stati chiariti.
In un video pubblicato sul proprio canale YouTube Georgescu ha accusato le istituzioni romene di essere «una dittatura» e di avere messo in scena un «sordido spettacolo» allo scopo di arrestarlo e di impedirgli di candidarsi. Georgescu ha anche rivolto un appello alle «istituzioni internazionali» chiedendo di verificare la regolarità del processo elettorale che è stato annullato e le possibili interferenze da parte di stati stranieri.
Sia le elezioni parlamentari che quelle presidenziali (seppure annullate) hanno dimostrato che in Romania i partiti di estrema destra sono cresciuti molto. Secondo il giornalista Chiriac, al momento la società romena è «molto divisa: da una parte ci sono persone, principalmente nelle città, che sono tendenzialmente riformatrici ed europeiste, e che non hanno accolto sfavorevolmente la decisione della Corte costituzionale […] dall’altra parte c’è una metà del paese che è più conservatrice e nazionalista, che ha idee più vicine a quelle dei partiti sovranisti».
Veronica Anghel, una politologa romena e assistente all’Istituto Robert Schuman dell’European University Institute di Firenze, dice che i romeni che hanno votato per Georgescu «rappresentano un’importante forza politica e nessuno, tra i partiti dell’estrema destra, vuole correre il rischio di allontanarli».
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Secondo Anghel ci sono diverse ragioni che spiegano come mai l’estrema destra stia andando così bene in Romania: negli ultimi anni l’economia è cresciuta, ma con essa anche le disuguaglianze. «Molti elettori hanno votato per Georgescu per manifestare la propria insoddisfazione nei confronti dei partiti che adesso stanno per formare la nuova coalizione di governo, e che erano già al potere fin dalla pandemia. L’estrema destra è anche riuscita a sfruttare il fatto che molti cittadini romeni siano piuttosto scettici all’idea di sostenere l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia», dice.
Inoltre tanti cittadini della diaspora che hanno votato per Georgescu vivono in paesi dell’Unione Europea dove l’estrema destra è al potere, e dove la retorica usata da Georgescu è diventata parte del discorso politico quotidiano. «Adesso il rischio è che questi elettori possano interpretare la decisione della Corte costituzionale come una conferma del fatto che i partiti tradizionali controllano le istituzioni romene, e che il sistema è contro di loro», conclude Anghel.