Israele sta disarmando la Siria
Con centinaia di bombardamenti ha distrutto armi e mezzi dell'esercito siriano, per evitare che se ne impossessino i nuovi gruppi al governo
In pochi giorni di intensi bombardamenti Israele ha praticamente distrutto il grosso delle capacità militari dell’esercito siriano di Bashar al Assad, per evitare che i gruppi armati che l’hanno sostituito al potere potessero impossessarsene. Martedì sera Israele ha detto di aver fatto più di 350 bombardamenti in tutta la Siria soltanto nelle 48 ore precedenti, e di aver distrutto centinaia di obiettivi militari, tra cui depositi di armi, fabbriche di produzione di armi, radar, magazzini, depositi di missili.
Uno degli attacchi israeliani più intensi è avvenuto nella città portuale di Latakia dove, come si vede nell’immagine qui sotto, Israele ha distrutto una quindicina di navi che costituivano quasi la totalità della già risicata marina militare siriana. Chiunque governerà la Siria in futuro non avrà una marina, almeno nel breve periodo.
Israele ha anche colpito gli hangar dove si trovavano parcheggiati numerosi caccia ed elicotteri da guerra siriani.
Un altro attacco importante è stato quello contro il centro di ricerca scientifica di Barzah, dove si ritiene che il regime di Assad sviluppasse armi chimiche.
Di fatto, in pochi giorni di attacchi mirati Israele ha disarmato la Siria, o comunque ne ha indebolito molto le capacità militari. «Ho approvato il bombardamento delle capacità militari strategiche rimaste all’esercito siriano per evitare che finiscano nelle mani dei jihadisti», ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu martedì sera. «Non abbiamo intenzione di interferire con gli affari interni della Siria, ma vogliamo fare tutto il possibile per garantire la nostra sicurezza».
Molti dei bombardamenti israeliani sono avvenuti vicino a Damasco, la capitale, dove sono stati percepiti piuttosto chiaramente. «La paura (per il regime di Assad) se ne sta andando, ha detto al Washington Post Hani Qusebatuy, un residente di Damasco che ha festeggiato in strada. «Ora l’unica paura rimasta è quella per gli attacchi israeliani».
Yossi Kuperwasser, un ex ufficiale israeliano che oggi lavora per un centro studi di Gerusalemme, ha detto che se Israele avesse fatto attacchi simili mentre Assad era ancora al potere sarebbe stato considerato un atto di guerra. Ma ora, nel caos generale della rivoluzione, Israele ha «un’opportunità» di indebolire un avversario potenziale, anche se ancora non si sa che atteggiamento avrà il nuovo governo siriano.
Ai bombardamenti si sono unite le operazioni di terra: nel fine settimana Israele ha occupato buona parte della “zona cuscinetto” che divide il proprio confine da quello della Siria nelle alture del Golan, un territorio conteso da decenni ma che secondo la comunità internazionale appartiene alla Siria. Il governo israeliano ha sostenuto che l’occupazione sia «temporanea». Nelle ultime ore, però, numerose testimonianze sembrano mostrare che l’esercito sia andato oltre la “zona cuscinetto”, e sia entrato nel territorio siriano propriamente detto.
Nadav Shoshani, uno dei portavoce dell’esercito, ha detto che effettivamente l’esercito è uscito dalla “zona cuscinetto”, ma soltanto per necessità di manovra, e che non si tratta di «un’offensiva». «Non stiamo avanzando verso Damasco», ha detto.
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