Le indagini sull’esplosione nel deposito di Eni vicino a Firenze
La procura vuole capire cosa l'ha provocata e se siano state rispettate le misure di sicurezza necessarie
Nelle ultime ore sono emersi più dettagli sull’indagine avviata dalla procura di Prato sull’esplosione nel deposito di Eni a Calenzano, a pochi chilometri da Firenze, per cui sono morte cinque persone e altre 26 sono rimaste ferite, di cui due in modo grave. Le indagini devono stabilire cosa abbia provocato l’esplosione e se siano state applicate adeguatamente le norme di sicurezza sul lavoro nel deposito, che è stato sequestrato.
L’indagine è stata aperta per omicidio colposo plurimo, disastro e rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Per ora la procura indaga contro ignoti: significa che si sospetta che qualcuno possa aver commesso questi reati, ma che per ora non ci sono persone indagate. I primi due reati riguardano la morte delle cinque persone e i danni provocati nel deposito, dove tra le altre cose è crollata la struttura accanto all’area di rifornimento. Il terzo reato ipotizzato serve invece a verificare se non siano state fatte intenzionalmente scelte non corrette in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Secondo quanto ricostruito finora, l’esplosione è avvenuta alle 10:20 di lunedì mattina nell’area dove alcune autocisterne stavano facendo rifornimento di carburante.
In quel momento, vicino alla pensilina del rifornimento c’erano anche sei operai di una ditta esterna che stavano facendo dei lavori di manutenzione. La ditta è la Sergen srl con sede a Grumento Nova in provincia di Potenza, in Basilicata. Per la Sergen lavoravano due delle cinque persone morte a causa dell’esplosione: Giuseppe Cirelli e Gerardo Pepe, entrambi di 45 anni.
Stando a un atto della procura citato dai giornali e dalle agenzie di stampa, i sei operai della Sergen stavano mettendo in sicurezza una linea di benzina dismessa vicino al punto in cui c’è stata l’esplosione. In particolare, i lavoratori dovevano rimuovere alcune valvole e delle parti della tubazione. La Stampa scrive che questa manutenzione era attesa da anni.
Martedì i carabinieri del nucleo investigativo di Firenze, su mandato della procura, hanno perquisito la sede della Sergen e il deposito di Eni per recuperare tutta la documentazione sulle attività che erano in corso durante l’incidente, e che può quindi aiutare a capire cosa sia successo.
Nel decreto di perquisizione, di cui i giornali riportano alcuni stralci, la procura scrive che ci sarebbe stata una perdita di carburante nella parte davanti della pensilina dove è avvenuta l’esplosione. Molti giornali citano la testimonianza di un autotrasportatore, che avrebbe raccontato di aver visto in effetti una perdita: inizialmente pensava fosse acqua, ma dall’odore si era accorto che non lo era, ed era riuscito ad allontanarsi per tempo. Non è chiaro se sia la stessa perdita di cui si parla nel decreto di perquisizione.
Uno degli obiettivi delle indagini è capire perché la perdita non sia stata segnalata per tempo, e se siano state rispettate tutte le procedure previste. Secondo quanto scrivono i giornali che citano il decreto, un’ipotesi di chi indaga è che durante i lavori qualcosa sia andato storto e abbia innescato la prima esplosione.
In un comunicato pubblicato martedì Eni ha scritto che è troppo presto per ipotizzare le cause delle esplosioni e ha detto che sta collaborando con l’autorità giudiziaria. Nel frattempo il procuratore Luca Tescaroli ha disposto l’autopsia sui corpi delle cinque persone morte e ha nominato i consulenti per le perizie tecniche.