Le scarse competenze dei lavoratori italiani

Un'indagine dell'OCSE dice che siamo agli ultimi posti tra i paesi avanzati per abilità di calcolo e comprensione del testo, e per l'economia è un guaio

(Scott Barbour/Getty Images)
(Scott Barbour/Getty Images)
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L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha fatto un’indagine sulle competenze di base degli adulti tra i 16 e i 65 anni, come la capacità di comprensione del testo, di fare calcoli anche semplici e di risolvere problemi in varie situazioni: è un’indagine paragonabile a quella che viene condotta sugli studenti delle scuole ogni anno, anche se questa ha avuto finora una frequenza decennale. Il risultato mostra una situazione molto negativa per gli adulti residenti in Italia, che hanno dimostrato abilità mediamente inferiori rispetto agli altri paesi avanzati: tra i 31 presi in considerazione l’Italia è sempre nelle ultime posizioni.

Sono dati che segnalano problemi nell’istruzione e nello scarso livello della formazione in azienda. Rispetto all’ultima edizione, che venne pubblicata nel 2013, le cose sono peggiorate: sebbene in media i risultati siano invariati, le competenze si sono ridotte ancora per chi ne aveva già poche e sono invece aumentate per chi le aveva, allargando le disuguaglianze. Questo ha profonde conseguenze sul mercato del lavoro, dove sempre più persone sono relegate in ruoli pagati poco, in un contesto in cui peraltro le aziende dicono di non riuscire a reperire personale più specializzato e qualificato.

L’indagine ha coinvolto complessivamente 160mila adulti dei 31 paesi appartenenti all’OCSE, tra il 2022 e il 2023: è solo un campione, i cui risultati non servono a dare valutazioni di rilevanza assoluta, ma sono un’approssimazione di tendenze più generali. Non c’è un punteggio minimo o massimo, la valutazione sui risultati si fa in confronto con le medie degli altri paesi. In Italia gli intervistati hanno ottenuto in media 245 punti in comprensione del testo (contro una media OCSE di 260), 244 in abilità di calcolo (media OCSE 263), e 231 nella capacità di risolvere i problemi (contro 250 di media OCSE).

In base ai risultati dei singoli rispondenti poi l’OCSE individua dei livelli da 1 a 4. Nella comprensione del testo il 35 per cento degli adulti ha ottenuto un punteggio pari o inferiore a quello del livello 1, contro una media OCSE del 27 per cento: chi è rientrato in questo livello riesce a comprendere giusto testi brevi ed elenchi organizzati quando le informazioni sono chiaramente indicate. Chi è rimasto sotto il livello 1 sa al massimo comprendere frasi brevi e semplici. All’estremità opposta solo il 5 per cento degli adulti ha superato il livello 4, meno della metà della media OCSE del 12 per cento.

Complessivamente in Italia il 70 per cento dei rispondenti rientra nei livelli fino al 2: nei paesi OCSE la media è del 57 per cento.

Si nota più o meno la stessa ripartizione per le capacità di calcolo. Più di due terzi dei rispondenti si limita a saper fare calcoli semplici su numeri generici e soldi, ma fa fatica con calcoli che richiedono più passaggi.

I risultati peggiorano ulteriormente per le capacità di risolvere problemi in modo «adattivo», cioè a seconda delle situazioni e dei contesti. In Italia il 46 per cento dei rispondenti si colloca tra livello 1 e quello inferiore, contro una media OCSE del 29 per cento: al livello 1 i rispondenti riescono a risolvere solo piccole problematiche con poche variabili. Solo l’1 per cento dei rispondenti si colloca sopra al livello 4, per cui serve la capacità di adattarsi anche a cambiamenti improvvisi. L’86 per cento dei rispondenti italiani si colloca entro il livello 2, contro il 68 per cento della media dei paesi OCSE.

L’OCSE rileva alcune differenze a seconda dei paesi di origine: rispondenti italiani nati da genitori italiani hanno mostrato una comprensione del testo maggiore rispetto a rispondenti stranieri nati da genitori stranieri. Secondo l’OCSE però una parte di queste differenze dipendono perlopiù dalla condizione economica e dal contesto sociale, che dalla nazionalità: una volta normalizzati i risultati in base alle condizioni socio-economiche il differenziale si riduce da 30 a 13 punti. Il contesto fa la differenza anche per chi ha nazionalità italiana: chi è figlio di persone più istruite mostra risultati migliori, soprattutto per comprensione del testo e abilità di calcolo. Il divario è però più contenuto rispetto alla media dei paesi dell’OCSE.

C’è poi una differenza generazionale. I rispondenti più giovani hanno ottenuto risultati migliori per tutte e tre le competenze, il che può dipendere sia dall’invecchiamento che dalle differenze di istruzione e formazione ricevuta. È comunque una tendenza che si nota nella maggior parte dei paesi, ma in Italia il divario è mediamente meno ampio: non è però una buona notizia, perché dipende dagli scarsi risultati delle persone più giovani, e non da un buon livello delle persone più adulte. Questo si vede anche dal fatto che le differenze più marcate tra Italia e il resto dei paesi si rileva nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni: questo potrebbe segnalare una serie di problemi nei percorsi scolastici e universitari.

Chi ha un livello più alto di istruzione ha ottenuto i punteggi più alti: in Italia gli adulti con una laurea tra i 25 e i 65 anni hanno ottenuto in media 19 punti in più nella comprensione del testo di coloro che hanno un diploma di scuola superiore, che a loro volta hanno ottenuto 35 punti in più di chi si è fermato ai gradi più bassi. È un confronto che però non regge sempre nel paragone internazionale: nella comprensione del testo i rispondenti italiani con una laurea hanno ottenuto meno di quelli finlandesi con solo il diploma. Significa che la differenza può farla anche la formazione successiva al percorso di studi, come potrebbe essere l’esperienza fatta sul campo o i percorsi formativi previsti dalle aziende, che in Italia non sono sempre all’avanguardia. Questa scarsa funzionalità è anche alla base dei noti problemi di produttività delle aziende, e degli stipendi bassi.

Capire da dove originano i problemi nell’apprendimento di queste competenze di base è essenziale per impostare politiche economiche in grado di garantire maggiori opportunità alle persone. In Italia, ma avviene ovunque nei paesi OCSE, gli adulti con migliori risultati hanno accesso a migliori opportunità di carriera rispetto a coloro che hanno ottenuto punteggi più bassi. Questo è vero soprattutto per le capacità di calcolo: chi ha un punteggio più alto ha più probabilità di avere un lavoro e di ottenere uno stipendio più alto.

Il valore delle competenze persiste anche quando si paragonano persone con lo stesso titolo di studio. Chi ha più alte capacità di calcolo ha 7 punti percentuali in più di probabilità di avere un lavoro, e un rischio di essere disoccupato inferiore del 3 per cento. Tra i rispondenti occupati chi ha maggiori abilità coi numeri ha in media uno stipendio del 5 per cento più alto, una differenza significativa anche se paragonata al valore del titolo di studio, che garantisce in media uno stipendio più alto del 14 per cento.

Ed è proprio da qui che in parte si originano e si aggravano le disuguaglianze economiche: rispetto alla precedente edizione del rapporto sono migliorate le competenze di chi già era ai livelli più alti, mentre sono peggiorate quelle di chi era meno preparato. Allo stesso modo è aumentata la quota di persone con competenze più basse, molto di più di quanto sia aumentata – poco – quella con le competenze più alte.

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