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  • Lunedì 9 dicembre 2024

Che cosa sappiamo sulla “misteriosa” malattia in Congo

Al momento poco e le decine di morti registrate finora potrebbero essere causate da malattie già note

Un ospedale nell'area di Panzi, nella provincia di Kwango, Repubblica Democratica del Congo (AP Photo/Lucien Lufutu)
Un ospedale nell'area di Panzi, nella provincia di Kwango, Repubblica Democratica del Congo (AP Photo/Lucien Lufutu)
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Nella provincia di Kwango, nella parte occidentale della Repubblica Democratica del Congo al confine con l’Angola, dalla fine di ottobre sono state segnalate decine di morti a causa di una malattia non ancora identificata. L’area dove è avvenuto il contagio è remota e le notizie sono per il momento scarse, come ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Nonostante la mancanza di dettagli, negli ultimi giorni sono stati pubblicati articoli con toni allarmati e si è creata una certa confusione intorno a una malattia definita “misteriosa” o causata dal “virus del Congo”, anche se al momento non si sa né se sia causata da un virus né se questo abbia avuto origine nel paese.

Lo scorso 29 novembre, il ministero della Salute congolese aveva avvisato l’OMS segnalando un aumento anomalo di morti causate da una malattia non diagnosticata nell’area di Panzi, nella provincia di Kwango. Secondo il bollettino più recente, tra il 24 ottobre e il 5 dicembre i casi di contagio sono stati circa 400 e sono state registrate 31 morti. Nei giorni seguenti sono circolate notizie su ulteriori decessi con stime che variano tra 70 e 140 morti, ma non è stato ancora possibile avere conferme ufficiali.

Circa il 70 per cento delle persone morte aveva meno di 17 anni e tutti i casi più gravi avevano seri problemi di malnutrizione. Le condizioni di vita nell’area rurale interessata sono infatti peggiorate negli ultimi mesi, con minore disponibilità di cibo e quasi totale assenza di assistenza sanitaria. Le cause sono riconducibili all’estrema povertà e alla stagione delle piogge, che ha complicato le possibilità di accesso nell’area. Da Kinshasa, la capitale del Congo, sono necessari quasi due giorni di viaggio su strade e piste maltenute per raggiungere la zona.

I sintomi più ricorrenti segnalati finora sono febbre, tosse, spossatezza e naso che cola. In alcune persone la malattia evolve con lo sviluppo di complicazioni respiratorie, anemia e forte inappetenza. I sintomi sono compatibili con una grande quantità di malattie già note e presenti nella zona, dunque i casi più gravi potrebbero essere conseguenza di malattie diverse tra loro. Come spiega l’OMS:

Sulla base dell’attuale contesto nell’area interessata e dell’ampio spettro di sintomi, una certa quantità di malattie sospette deve essere esclusa attraverso ulteriori approfondimenti e analisi di laboratorio. Sono prese in considerazione, tra le altre: morbillo, influenza, polmonite acuta, malattia renale da infezione da Escherichia coli, COVID-19 e malaria.

In particolare la malaria è solitamente diffusa nella zona e le piogge potrebbero avere contribuito a un aumento della popolazione di zanzare che trasmettono i parassiti che causano la malattia. L’unico modo per capirlo è attraverso la raccolta di campioni tra le persone contagiate e la loro analisi in laboratorio, cosa che si sta però rivelando difficoltosa perché nell’area non ci sono strutture per effettuare i test. Le analisi di alcuni campioni trasportati a Kinshasa sono ancora in corso e nel fine settimana non sono state comunicate molte informazioni dalle autorità sanitarie.

Un “gruppo di risposta rapido” (RRT da “rapid response team”) è attivo nella zona da fine novembre e sabato 7 dicembre si è aggiunto un ulteriore gruppo di lavoro, che comprende alcuni esperti dell’OMS, per indagare i casi segnalati nel territorio e offrire maggiori trattamenti sanitari. Le attività prevedono anche l’impiego di test rapidi per COVID-19 e malaria, in modo da escludere i casi di malattie già note e concentrarsi nella raccolta di campioni da persone senza una diagnosi chiara.

L’OMS ritiene che il rischio sanitario per la popolazione locale sia alto, mentre per ora è moderato per il resto del Congo e basso per l’estero. I trasferimenti di persone dalla zona in cui sono stati riscontrati i casi sono rari e le poche strade disponibili possono essere tenute sotto controllo, secondo le autorità locali. La valutazione del rischio potrebbe comunque cambiare nei prossimi giorni, man mano che diventeranno più chiare le cause e l’estensione del problema.

Alla fine della scorsa settimana alcuni paesi, compresa l’Italia, hanno annunciato di avere intensificato i controlli negli aeroporti e negli altri punti di ingresso al nostro paese, per chi proviene dal Congo. Al momento non ci sono comunque elementi per ritenere che il rischio sia aumentato, come del resto chiarito dall’OMS nel suo bollettino.

Tra domenica e lunedì si è parlato molto sui giornali, anche in questo caso con qualche allarmismo, di una persona proveniente dal Congo che era stata ricoverata in ospedale a Lucca con sintomi simili a quelli di un’influenza lo scorso 22 novembre e dimessa una decina di giorni dopo, una volta guarita. Come da prassi e per precauzione, l’ospedale ha informato l’Istituto Superiore di Sanità e saranno effettuate ulteriori verifiche sui campioni prelevati da quel paziente. Non ci sono comunque elementi per ritenere un collegamento con i casi rilevati in Congo, anche perché la persona interessata aveva lavorato nel paese a diverse centinaia di chilometri di distanza dalla zona in cui sono stati finora rilevati i casi.