Ai rapper non piacciono le biografie “non autorizzate”

I membri del gruppo hip hop dei De La Soul hanno invitato a boicottarne una in cui non sono stati coinvolti, ma non è una storia nuova

I De La Soul nel 2023 (Frazer Harrison/Getty Images/The Recording Academy)
I De La Soul nel 2023 (Frazer Harrison/Getty Images/The Recording Academy)
Caricamento player

A novembre Marcus J. Moore, un giornalista statunitense che si occupa di musica rap, ha pubblicato High and Rising, libro dedicato alla storia dei De La Soul, un gruppo hip hop che ebbe grande popolarità tra gli anni Ottanta e Novanta, e che è considerato tra i più influenti di sempre. High and Rising ha ricevuto ottime recensioni da parte di appassionati e addetti ai lavori, ma nelle ultime settimane ha fatto parlare di sé anche al di fuori della cerchia degli amanti del genere, finendo per sconfinare e ricevere attenzioni più estese.

È accaduto perché Kelvin Mercer e Vincent Mason, i due membri dei De La Soul ancora in vita, hanno criticato pubblicamente Moore, accusandolo di aver scritto un «libro non autorizzato». Mercer e Mason hanno specificato di non essere stati coinvolti in alcun modo nella realizzazione di High and Rising, e hanno implicitamente consigliato ai loro fan di non incentivarne la diffusione («se scegli di comprarlo, è un tuo diritto. Vogliamo solo che sappiate che noi non lo faremo»). Hanno anche detto che stanno valutando eventuali «azioni legali» per proteggere la proprietà intellettuale delle loro opere.

La presa di posizione di Mercer e Mason ha ravvivato un dibattito sull’opportunità di pubblicare biografie non autorizzate, ossia scritte senza il diretto coinvolgimento delle persone interessate.

Da un lato, i musicisti e i loro manager sostengono che pubblicare libri del genere non sia eticamente corretto, essenzialmente per una questione di controllo creativo: dato che queste opere parlano della loro vita, vorrebbero supervisionarne la realizzazione, o comunque dare una sorta di assenso alla loro pubblicazione, spesso appellandosi a presunte violazioni del loro diritto d’autore. Dall’altro, secondo le persone che le scrivono questa pretesa è irricevibile, un po’ perché ritengono che sia legittimo approfondire la vita di personaggi pubblici popolari e celebrati, e un po’ perché capita spesso che i musicisti rifiutino di farsi intervistare.

Nel caso specifico di Moore, poi, il libro contestato non è una biografia non autorizzata in senso stretto: è più un saggio culturale che ripercorre la carriera dei De La Soul per raccontare altre cose, come la considerazione che la musica rap aveva negli anni Novanta, e che si sofferma sul significato politico e sociale delle loro musica.

Prendendo le difese di Moore, il giornalista di Rolling Stone Mosi Reeves ha scritto che, con il loro atteggiamento, Mercer e Mason hanno dimostrato che dal loro punto di vista i libri «sono solo un’altra forma di proprietà intellettuale di cui un musicista dovrebbe beneficiare». Reeves ha aggiunto che la posizione dei De La Soul è aggravata dal fatto che Moore è notoriamente un fan accanito della loro musica, che il libro elogia con toni «affettuosi», e che agli scrittori «dovrebbe essere consentito di osservare, criticare e analizzare il mondo che li circonda, indipendentemente dal merito delle loro conclusioni».

La copertina del libro di Marcus J. Moore (Hodder & Stoughton)

Reeves ha anche evidenziato che, in un eventuale processo, Moore potrà appellarsi al cosiddetto fair use, una disposizione della legge statunitense sul copyright che permette di usare legalmente materiale protetto dal diritto d’autore nei casi in cui lo scopo sia d’informazione, critica o insegnamento, senza chiedere l’autorizzazione a chi ne possiede i diritti.

Il caso di Moore ricorda per certi aspetti quello che, un paio d’anni fa, coinvolse il giornalista musicale Paul Cantor, che dopo aver pubblicato una biografia non autorizzata di Mac Miller, un rapper americano molto popolare la cui morte prematura nel 2018 generò moltissima commozione, fu attaccato pubblicamente da una parte importante della fanbase del cantante.

Le contestazioni nei suoi confronti furono innescate da Karen Meyers, la madre di Mac Miller, che cominciò a boicottare il libro ancora prima che uscisse. Meyers pubblicò a questo scopo diversi post su Instagram, invitando le persone che in vita avevano conosciuto Miller a evitare ogni contatto con Cantor, criticando il libro per la sua mancanza di «fonti primarie». Meyers tentò inoltre di indirizzare i fan di suo figlio all’acquisto di un’altra biografia, The Book of Mac di Donna-Claire Chesman.

– Leggi anche: Una canzone di Mac Miller, scelta da Luca Sofri

Cantor ha raccontato che il comportamento di Meyers gli creò molti problemi: alcuni fan di Miller arrivarono a minacciarlo di morte, e il libro fu oggetto di estese campagne di review bombing (iniziative collettive di recensioni negative) su Goodreads, il più grande social network per tener traccia di ciò che si legge e condividere pareri e valutazioni. «Com’è possibile che scrivere una semplice biografia sia diventato così tossico?», scrisse Cantor commentando quella situazione. Disse anche che, prima di iniziare a scrivere il libro, aveva chiesto a Meyers e agli altri familiari di Miller di farsi intervistare, e che dopo il loro rifiuto si era sforzato di parlare con le fonti più attendibili che aveva a disposizione, come amici e collaboratori del cantante.

Per chi segue le vicende dell’hip hop americano, comunque, i contrasti tra giornalisti e rapper non sono una novità, dato che rappresentano un tratto distintivo dell’ambiente da sempre. Le crew più famose degli anni Novanta mostravano una certa ostilità nei confronti di riviste e blog di settore, e più in generale verso la possibilità che la loro musica e la loro vita potessero diventare oggetto di approfondimento giornalistico. Uno dei casi più commentati fu quello di Masta Killa, uno dei membri del Wu-Tang Clan, che secondo alcuni testimoni nel 1994 diede un pugno al giornalista di The Source Cheo H. Coker per una recensione sgradita.

– Leggi anche: Drake vuole portare in tribunale il suo bisticcio con Kendrick Lamar